di Livia Capasso e Daniela Domenici
Il gruppo Facebook di Toponomastica Femminile, che in pochi mesi ha superato le 3.600 adesioni, è nato dagli inizi del 2012 con l’intento di porre riparo al sessismo che domina l’attuale sistema di intitolazioni stradali, attraverso rilevazioni statistiche capillari e proposte scaturite da ricerche storiche, biografiche e territoriali.
Davanti alle disparità odonomastiche, gli amministratori cittadini restano increduli: nessuno vi aveva mai fatto caso prima! Ma i censimenti mettono di fronte alla dura reltà sindaci, assessori e urbanisti.
Prendiamo ad esempio i capoluoghi di provincia della regione Lazio: nella capitale su 16.057 strade, 600 sono dedicate a donne, 7563 a uomini, con un indice di femminilizzazione pari al 3,7 %! In altre parole, ogni 100 targhe maschili, meno di 4 ricordano una donna. Quasi il 3% a Rieti con 13 vie en rose su 443; a Latina le strade al femminile sono solo 19 su 1359 e la percentuale scende all’1,39. A Viterbo ritorniamo nella media: 3,5% con 19 strade su 542. La percentuale sale al 6% a Frosinone, che dedica alle donne 29 strade su 458: ma cos’è che fa crescere il dato? Nove figure mitologiche e dieci religiose (madonne, sante, beate, martiri…); a Latina si registra il calo, perché ci sono quattro strade dedicate a sante e una alla madonna.
Il dato medio si aggira dunque sul 3%. Tra le letterate fanno la parte del leone Ada Negri, Grazia Deledda e Matilde Serao; tra le artiste, Artemisia Gentileschi.
Non si tratta di introdurre quote rosa nella toponomastica, ma di valorizzare la presenza culturale delle donne per fornire utili modelli di identificazione alle nuove generazioni e allontanare dall’immaginario collettivo delle città una visibilità femminile fatta di soli corpi.
La battaglia è ben più ampia e riconduce allo scontro con la mentalità conservatrice e maschilista che tiene lontano le donne dai luoghi di potere.
La giustificazione più frequente è che le donne abbiano altri ruoli e altri palcoscenici: la famiglia, la TV, la pubblicità… Ma in tante hanno speso energie intellettuali al di là dell’ambito affettivo e delle forme corporee, eppure raramente ne hanno ricevuto gratificazione.
Nessuna memoria, nessuna targa.
Nella grande Roma, solo 125 sono le figure storiche (antiche matrone romane ed eroine del Risorgimento) e 72 le donne dello spettacolo impresse nella memoria stradale. La connotazione in senso androcentrico caratterizza anche i due colli, Gianicolo e Pincio, per la presenza di 311 busti (229 al Pincio e 82 al Gianicolo) quasi tutti maschili. Le donne ritenute meritevoli di un busto sono soltanto quattro: Vittoria Colonna, Santa Caterina da Siena, Grazia Deledda (al Pincio), e Colomba Antonietti (al Gianicolo)!
Secondo un rapporto dell’ONU le donne elette nei Parlamenti nazionali nel 2011 sono state il 19%. Ai primi posti della classifica troviamo i Paesi nordici: Svezia, Danimarca, Finlandia con il 42-45% delle donne elette. All’Italia tocca il 57° posto con il 21,6% di donne elette alla Camera e il 18,6% al Senato.
L’indice di femminilizzazione nelle strade di Oslo si aggira intorno al 20%: superiore di oltre cinque volte al dato romano.
Tra i due fenomeni sembra di cogliere una certa attinenza.
Negli 8.094 Comuni italiani le cose non vanno meglio: le Sindache, dopo le ultime elezioni, sono 903, l’11,1% del totale.
La maglia rosa, per usare una terminologia presa in prestito dal ciclismo, va all’Emilia Romagna che, con un distacco di quasi 5 punti percentuali, ha lasciato sul secondo gradino del podio la Lombardia e sul terzo l’Umbria. Fanalino di coda la Campania, che è preceduta, al penultimo posto, dalla Calabria e al terzultimo dalla Sicilia.
Il Lazio non dà il buon esempio in quanto a sindache, perché su 378 comuni solo 25 sono governati da Prime Cittadine, il 6,6%, una percentuale alquanto bassa che pone questa regione al quart’ultimo posto della classifica nazionale.
Inoltre la metà di queste giunte, 13 su 25, non ha alcuna donna tra gli assessori.
Delle 25 sindache, 7 si trovano nella provincia di Roma, 5 nel viterbese e nel reatino e 4 nelle province di Frosinone e Latina 4: Capena, Castel Gandolfo, Ciciliano, Gorga, Nerola, Riano, Roviano (prov di Roma); Bassano Romano, Marta, Oriolo Romano, San Lorenzo Nuovo, Tessennano (prov. Di Viterbo); Belmonte in Sabina, Borbona, Concerviano, Greccio, Rivodutri (prov. Di Rieti); Ceccano, Morolo, Patrica, Torre Cajetani (prov. di Frosinone), Castelforte, Roccagorga, Roccasecca dei Volsci, e Sermoneta (prov. Di Latina).
I sindaci laziali neo eletti sono 46, ma in una metà delle loro giunte, c’è un solo assessore donna, e nell’altra metà non ce n’è alcuna. Fa eccezione Torrita Tiberina in cui la vice sindaca è donna e le assessore sono 2 su 3.
Il 6 e 7 ottobre 2012, in occasione del Convegno nazionale di Toponomastica femminile, che ha ricevuto il patrocinio dell’ANCI (Associazione Nazionale dei comuni italiani), verrà presentata la realtà toponomastica di partenza di ogni Comune interessato ad una nuova giunta, per valutarne le variazioni nell’arco dell’intero mandato e ricavarne un quadro complessivo di comportamenti paritari o discriminatori.
I censimenti già disponibili e completi sono pubblicati sul sito: www.toponomasticafemminile.it
I censimenti ancora in elaborazione sono comunque visibili sulla pagina face book:
http://www.facebook.com/groups/292710960778847/doc/296229593760317/