di Rita Cugola
Per la prima volta l’UA (Unione Africana) sarà guidata da una donna. Nel corso del pomeriggio di ieri, 16 luglio 2012, infatti, Nkosazana Clarice Dlamini-Zuma, ministro dell’Interno in carica nel suo paese, è stata eletta presidente dell’organizzazione, con uno scarto minimo di voti rispetto al presidente uscente Jean Ping del Gabon.
Originaria della provincia sudafricana del Natal dove è nata 63 anni fa, Dlamini-Zuma ha da sempre affiancato la sua vocazione medica a un’incessante attività politica.
Negli anni Settanta aderi all’ANC (African National Congress, partito di lotta contro l’apartheid) e al termine degli studi universitari in Gran Bretagna soggiornò a lungo nello Swaziland.
Qui conobbe colui che sarebbe diventato suo marito, Jacob Zuma, attuale leader dell’ANC nonché presidente del Sudafrica dal 2009. I due divorziarono nel 1988, dopo la nascita di quattro figli.
Nel 1994, in seguito alle prime elezioni libere sudafricane, venne nominata Ministro della Salute nel governo di Nelson Mandela. Questo le consentì di operare concretamente per porre fine alla segregazione negli ospedali e di ideare un sistema base per incrementare l’assistenza sanitaria pubblica.
Talvolta fu aspramente criticata per alcune decisioni impopolari ritenute inopportune: per contrastare l’emergenza Aids ripiegò su farmaci meno costosi ma non approvati dalla comunità scientifica, mentre nel 1999 riusci a vietare per legge il fumo in tutti i locali pubblici del suo paese.
Ora, fresca di un’importante quanto significativa vittoria ( a dire il vero invisa da molti in seno all’UA, tradizionalmente propensa a consegnare le redini della leadership ad esponenti di piccoli paesi africani, intesi – proprio in quanto tali – maggiormente rappresentativi delle necessità locali), Dlamini-Zuma si prepara a fronteggiare le grandi problematiche del suo continente, come ad esempio la situazione ormai incandescente del Mali, le continue violenze perpetrate nell’area orientale della Repubblica Democratica del Congo e la tensione sorta tra il Sudan e il neonato Sud Sudan per la gestione delle risorse petrolifere.
Si tratta insomma di una responsabilità non indifferente quella che grava oggi sulle spalle di Dlamini-Zuma. Alla luce dei fragili risultati ottenuti finora dai suoi (pur esimi) predecessori c’è davvero da sperare che almeno con lei, una donna abituata alle sfide estreme, l’Africa riesca in futuro a ritrovare una certa stabilità politica e a conquistare il proprio posto sulla scena economica mondiale.