di Cinzia Ficco da Tipitosti
Una scorsa ai suoi testi, due chiacchiere sull’attività che la occupa da venti anni e non
hai dubbi. Pensi: “Questa è proprio tosta!”
Sì, Laura Pigozzi, nata a Milano nel ’59, è davvero una tipa tosta. Perché controcorrente, resistente alle mode e sempre tenace nel difendere le sue teorie rivoluzionarie. Come quella che ha racchiuso nel suo ultimo lavoro, risultato di una professione molto originale.
Se non ci credete, leggete questa intervista.
Prima di descrivere la sua attività, ci parli del suo ultimo libro: “Chi é la più cattiva del reame? Figlie, madri e matrigne nelle nuove famiglie” (2012 et al./edizioni), che ha creato parecchio scompiglio tra le sue lettrici.
Ho voluto scrivere un libro per dare voce a una figura molto diffusa nel nostro tempo e che voce non ha: la matrigna. Per la prima volta la matrigna convive con la madre biologica dei bambini e non si occupa di loro alla morte della ex consorte, ma in alternanza con lei.
Questo cosa comporta?
Nelle nuove famiglie i rapporti si ridisegnano, ma siamo in un momento storico, che non ama la riflessione, mentre é importante dare voce e pensieri a questi cambiamenti epocali. Nel libro indago appunto le inedite relazioni tra donne che prendono vita in queste difficili situazioni, senza dimenticare la figura del padre, oggi esiliata da un neomatriarcato che vede aumentato il potere della madre, spesso a scapito delle vere conquiste femminili.
Come sono state le reazioni da parte delle lettrici?
Finora buone, anche se sono andata a toccare un tasto decisamente tabù, cioè il potere della madre, il suo ruolo e il legame, oggi assoluto, con il “proprio” figlio. Credo, comunque, che il peggio debba arrivare, dato che non ho voluto fare un libro prudente.
Cosa ha dato parecchio fastidio?
Parlo dell’odio e dell’amore, che invade le relazioni femminili e del fatto che tra i figli e la matrigna sorgono sentimenti d’amore, che spesso non possono avere cittadinanza e sono sentiti come affetti senza diritto, a grave discapito della crescita serena dei figli. Denuncio la “proprietà” del corpo del bambino, che alcune madri invasive rivendicano e sono critica sui nuovi criteri di allattamento on demand. Rileggo la storia di Medea e parlo dell’isola senza padri, che spesso il corpo materno diventa. Il film di Peter Brook, Il signore delle mosche (1962!), parla della pazzia e della crudeltà che, a un certo punto, prende i bambini naufragati su un’isola peraltro bellissima e generosa, ma senza padri. E denuncio anche la sete d’amore che hanno i genitori, i quali, invece di educare, vogliono essere amati dai figli. Insomma, sono decisamente controcorrente rispetto alle attuali mode familiari. Quando la burrasca arriverà, le farò sapere. Per il momento il politically correct ha la meglio, ma non durerà, vedrà.
I suoi percorsi mentali alternativi sono l’effetto di un lavoro parecchio originale. Ci dice qualcosa?
Sono docente di canto e di psicoanalisi della voce. Conduco percorsi di aiuto per cantanti in crisi, corsi sulla voce in gravidanza e corsi di formazione prosodica per manager, attori e speaker.
In sintesi?
Si tratta di lavorare sulla voce, tenendo presente che essa rivela di noi molte cose, piuttosto intime ed alcune anche parecchio antiche. La nostra voce, il suo suono, il suo timbro, é come la partitura della nostra vita, delle nostre gioie e dei nostri dolori. Insomma, é legata a noi e alla storia delle nostre identificazioni, molto più intimamente di una impronta digitale, che un chirurgo può modificare.
<continua>