di Pina Arena e Claudia Fucarino
La toponomastica femminile in Sicilia sta male e non conforta il fatto che la malattia sia diffusa in tutto il Paese: sulla base dei dati fin qui raccolti, le donne sono presenti mediamente al 3%, poche laiche, in massima parte sante e madonne, regine. Insomma le donne ci sono solo se il potere laico o religioso, di tradizione assolutamente maschile, le ha riconosciute, accolte ed ha scelto di dare loro memoria.
Partiamo dalla Sicilia occidentale e dal capoluogo regionale: a Palermo su 4.925 strade censite, 2.406 (circa il 49%) sono intitolate a uomini, mentre 2.280 (circa il 46,5%) sono toponimi legati a nomi di casati, nomi geografici, mestieri, colori, fiori. Soltanto 239 (circa il 4,5%) sono le strade intitolate a donne. Di questi toponimi femminili, però, 132 si riferiscono a figure non esistenti, perché ben 73 fanno capo a personaggi mitologici e 59, invece, prendono spunto da monumenti, chiese o semplicemente edicole votive dedicate a sante.
Ai personaggi femminili realmente esistiti sono intitolate solo 107 strade, così suddivise: 16 toponimi si rifanno a Madonne e a sante, 14 a personaggi di nobili origini, 22 a scrittrici e poete, 9 ad attrici, 7 a figure di spicco nella ricerca e nell’insegnamento, 6 a pittrici, 5 a protagoniste della storia, 5 a suore palermitane, 3 a cantanti, 3 a vittime della mafia, 2 a vincitrici di premio Nobel, e poi abbiamo una pilota, una benefattrice laica e una musicista. Infine, 12 toponimi sono intitolati a generiche donne palermitane, di cui si conosce solo il nome o addirittura il soprannome. Si tratta di popolane e locandiere, donne anziane, rispettosamente chiamate con l’epiteto “zia” e donne dai caratteristici soprannomi o inciurie, per dirla alla “siciliana”.
I tangibili e sbilanciati dati raccolti hanno sollecitato diverse iniziative con lo scopo di ridurre le visibili disparità odonomastiche, riflesso di minorità sociale, politica culturale.
Tre donne, tre strade, è stata la prima iniziativa rivolta ai comuni ai quali si è proposto, in occasione della festa della donna, di intitolare tre vie ad altrettante figure femminili.
Ad essa hanno inizialmente risposto due grandi cittadine della Sicilia Occidentale: Alcamo e Bagheria.
La prima con l’intitolazione a tre donne contemporanee: Giuliana Saladino, giornalista palermitana, Nilde Iotti, membro dell’Assemblea Costituente e Maria Montessori, pedagogista ed educatrice.
La seconda ha invece organizzato, in occasione dell’intitolazione di una nuova strada a Graziella Vistrè, consigliera comunale sindacalista e femminista, un convegno nel quale è stato coinvolta Claudia Fucarino, referente della Sicilia Occidentale di Toponomastica femminile. In questa occasione Toponomastica femminile ha svelato le sua capacità di aprire la riflessione sul legame tra il passato e il presente, sulla persistenza, spesso invisibile, di modelli culturali arcaici e maschilisti nella società moderna, apparentemente libera ed evoluta.
Anche Palermo ha risposto all’iniziativa e, grazie al contributo dell’ufficio toponomastica, nuove strade urbane sono state intitolate a ben undici donne storiche, contemporanee, palermitane e italiane.
Nella Sicilia centro-orientale, i censimenti – da Catania a Messina, da Ragusa a Siracusa, a Caltanissetta ed Enna – confermano la discriminazione di genere e la diffusa sottocultura della in-differenza anche nella toponomastica. In questo territorio l’indagine ha avuto una peculiarità: i censimenti sono stati condotti in massima parte da docenti delle scuole locali, con l’IIS”Vaccarini” in prima fila, che l’hanno tradotta in un’azione didattica di educazione alla cittadinanza coinvolgendo alunne ed alunni; insieme a loro, naturalmente, insegnanti toponomaste che hanno ritagliato tempi di ricerca dai loro impegni familiari e professionali.
Tutto parte, va da sé, dal reperimento di stradari attendibili ed aggiornati: ebbene nella Sicilia orientale l’impresa è ardua. A nulla sono valse le lettere inviate ai sindaci e alle sindache, a poco il reiterato tentativo di coinvolgere le consigliere di parità: solo Mariella Consoli ha sostenuto la causa. Non è isolato il caso di chi, per la concessione di uno stradario, ha intessuto articolate relazioni telefoniche con funzionari comunali senza per altro ottenere il risultato desiderato, come è avvenuto ad Adrano (CT). È andata meglio nelle città, come Vittoria (RG), in cui le toponomaste sono battagliere donne dell’amministrazione o a chi si è personalmente recata presso l’Ufficio tecnico recuperando stradari aggiornati e ufficiali, come nel caso di Mazzarino (CL). Non è andata bene a Caltagirone, nonostante sia stata raggiunta la vicesindaca, perché il funzionario a cui eravamo state indirizzate non ha mai risposto alla richiesta scritta di uno stradario.
In molti casi, ci è venuto incontro Tuttocittà, ma purtroppo non compre l’intero territorio e lascia il dubbio dell’approssimazione, che le toponomaste siciliane hanno risolto con l’ausilio delle mappe di Google.
Insomma, ancora una volta le donne si ingegnano per arrivare all’obiettivo, facendo tesoro di mezzi limitati e di fortuna, confermano la sordità diffusa delle amministrazioni e rompono ottuse resistenze perseverando. Diversa l’esperienza di Catania: la disponibilità dell’amministrazione a condividere il Concorso di Toponomastica femminile per le scuole è stata immediata, forse perché sono state coinvolte persone il cui vissuto personale e professionale le ha portare ad aderire immediatamente alla causa: Carmencita Santagati, referente battagliera del CPO, Sabina Murabito, funzionaria sensibile dell’assessorato alle politiche sociali… Da lì è partita una iniziativa di condivisione intergenerazionale, interistituzionale, interdisciplinare, che ha prodotto cento proposte di nomi di donne a cui intitolare nuove strade cittadine, ricerche su internet ma anche in archivio, e, quel che più conta, un’antologia di voci di ragazzi e ragazze che motivano le loro proposte di intitolazione parlando del mondo e della città che vorrebbero. In questa direzione intendiamo continuare, dando valore alla forza della nostra rete informale: coinvolgere le scuole e, attraverso le scuole, le istituzioni e le famiglie, promuovere la cultura della cittadinanza e della differenza, far pressioni sulle amministrazioni perché operino per la città e per il suo sviluppo.