di Rita Cugola
Tremila euro. Questo il valore stimato da una famiglia macedone per la vita della figlia 13enne, venduta a un connazionale 17enne che a breve avrebbe dovuto diventare suo marito a Venezia.
Appena giunta nella città lagunare scortata dalla suocera, per la ragazzina è cominciata però un’esistenza agghiacciante fatta di sevizie e segregazione a cui si era inutilmente ribellata. Dopo un tentativo di fuga è stata violentata dal fidanzato, che spalleggiato dalla madre l’ha in seguito picchiata con un filo elettrico, causandole ustioni alle gambe.
Fuggita dall’abitazione in cui si trovava, la 13enne è stata affidata alla protezione della squadra mobile veneziana, che già dal 2 agosto era sulle sue tracce. Una telefonata anonima pervenuta alla polizia aveva infatti segnalato la presenza di una ragazzina nei pressi di Marghera: aveva il viso tumefatto e invocava aiuto ai passanti.
Individuati e fermati, il 17enne e sua madre sono finiti in carcere. Su di loro gravano le accuse di violenza sessuale ai danni di minore, maltrattamenti e lesioni aggravate.
Poche settimane fa altri due casi di sevizie sono stati registrati nel modenese e a Ostia. Nel primo caso, una ragazza marocchina è stata selvaggiamente picchiata dal padre per aver rifiutato di assoggettarsi alla tradizione del matrimonio combinato; nel secondo, invece, protagonista della violenza è la madre 40enne di un’adolescente egiziana, colpevole di voler adottare uno stile di vita ritenuto “troppo occidentale” e quindi potenzialmente “pericoloso”.
Sono solo alcuni dei casi che si verificano regolarmente nel nostro paese. Talvolta non fanno più nemmeno notizia, o vengono citati in un breve trafiletto su qualche giornale locale e nulla di più.
Nonostante tutto, a dispetto talvolta dell’omertà colpevole di cui questi tragici eventi sono circondati, non dobbiamo mai dimenticare le vittime impotenti che quotidianamente subiscono ogni tipo di angheria nell’indifferenza generale.
Si tratta sempre, purtroppo di ragazze, donne o bambine che non possono ribellarsi alla violenza, che forse non ne hanno la forza o che non sanno come uscire dalla spirale malefica in cui sono state risucchiate loro malgrado.
Anche se – come spesso avviene – la ripetitività non fa più notizia perchè rischia di arrivare a coincidere con la consuetudine, il livello di attenzione deve restare alto. La sensibilità femminile, così intimamente e profondamente coinvolta in queste storie di degrado fisico e morale non può fermarsi davanti al silenzio, in nome di un ipotetico quanto astratto concetto di “rispetto delle tradizioni altrui”.
5 commenti
apriamo gli occhi per capire cosa succede a queste adoloscenti ma cerchiamo anche di promuovere informazione che le raggiunga per far sapere a chi rivolgersi
Laura Cima ha colto un punto fondamentale: una ragazza che scappa da una segregazione, oppure che si ribella ad uno stile di vita imposto, non aspetta altro che di essere supportata, dobbiamo fare in modo che diventi molto più facile ottenere questo aiuto.
E’ appunto per questo che occorre tenere alta la guardia su questi fatti. Non devono diventare argomenti secondari, in quanto “abituali”, altrimenti non si arriverà mai al cuore del problema
questo, come qualunque altro crimine contro la persona, deve essere punito dalla legge e non ci devono essere tentennamenti ne’ silenzi. è giusto pubblicizzare l’esistenza di reti di sostegno per le donne che vogliono uscire dal tunnel. perchè non fanno delle pubblicità progresso a carico dello stato ?
comunque, tradizioni culturali discriminatorie + disparità forza fisica possono fare tragedie. è illuminante che a contribuire a perseguitare questa ragazza sia stata anche un’altra donna, la suocera… questo fa capire quanto il problema non sia genetico ma sistemico e culturale. fino a che non si insegnerà ai giovani maschi di tutte le culture e religioni il rispetto della femmina, questi casi non cesseranno. non cesseranno per repressione, solo uno stato poliziesco alla “1984” potrebbe forse dominare il fenomeno. una democrazia no. occorre dunque combattete senza tregua sistemi di pensiero nei quali le donne siano subalterne e di “proprietà” maschile.
La suocera è la madre di un ”maschio” e quiindi tifa per lui….