di Rita Cugola
”La donna perfetta” Metafora in chiave maschilista del processo di nascita e morte del femminismo originario, troppo impulsivo e aggressivo, forse, da spaventare le sue stesse sostenitrici, antiche ribelli pentite.
Stepford, Usa. Siamo nel lontano 1972. Joanna Eberhart decide di abbandonare il caos di New York e di trasferirsi con merito e figli in una tranquilla cittadina provinciale. Un luogo apparentemente ideale per cominciare una nuova tappa dell’esistenza all’insegna del benessere fisico e della serenità interiore.
Femminista convinta, Joanna si attiva subito per cercare di stringere amicizia con donne votate come lei alla causa delle’emancipazione, ma le abitanti del luogo si rivelano interessate esclusivamente alle faccende domestiche, delegando ai rispettivi consorti (assidui frequentatori del locale Club degli Uomini) tutte le possibili decisoni inerenti il mènage familiare.
Simili nell’aspetto e nel comportamento, quelle bambole perfette suggeriscono l’idea di irrealtà insita nella loro stessa essenza.
Opinione, questa, condivisa anche da Bobbie e Charmaine, neocittadine di Stepford che, al pari di Joanna, non riescono ad accettare una situazione di per sè inspiegabile. Le tre solidarizzano subito, elaborano strategie di lotta, non si rassegnano, insomma, alla passività.
Dopo un week-end romantico trascorso in solitudine con i mariti però, anche Charmaine prima e Bobbie in seguito vengono assorbite dal clima locale. Nell’arco di due giorni il loro atteggiamente è radicalmente mutato. Entrambe paiono aver smarrito persino qualsiasi percezione del reale: chiuse nel loro microcosmo domestico si sono improvvisamente trasformate in casalinghe perfette. Cloni robotizzati dell’antico sé.
Per Joanna è un colpo durissimo: non avrebbe mai potuto immaginare un risultato del genere. Cos’era accaduto? Quale oscuro elemento stava contaminando l’atmosfera di Stepford al punto da rendere le donne schiave compiacenti degli uomini locali?
Vorrebbe fuggire da lì, traslocare all’istante, andare altrove, ovunque, pur di allontanare il pericolo di ritrovarsi ridotta a una zombie-tutta-casa-e-aspirapolvere come le altre.
Invece rimane e, inesorabilmente, la sua identità svanisce. La Joanna di sempre cessa di esistere:
di lei permane l’aspetto fisico, involucro esteriore di un insondabile vuoto interno.
Metafora in chiave maschilista del processo di nascita e morte del femminismo originario, troppo impulsivo e aggressivo, forse, da spaventare le sue stesse sostenitrici, antiche ribelli pentite.
Un messaggio pesante da digerire, quello che Ira Levin lancia dalle pagine del suo libro La Donna Perfetta. Pesante sì, ma non meno inquietante.
Ovviamente il femminismo non è mai morto. E’ però innegabile che i suoi obiettivi siano stati spesso distorti o fraintesi e ciò ha evidentemente indotto alcune donne (le meno convinte, forse) a riabbracciare i vecchi pseudo-valori ereditati dalla tradizione patriarcale – primo fra tutte la sottomissione al dominio maschile. La storia abbonda di esempi simili.
Tuttavia non è assolutamnte possibile (nè tantomeno auspicabile, ma questo è un altro discorso) ipotizzare il tramonto di un’ideologia forte e determinata come il femminismo – diventato parte integrante dell’essere donna – e nemmeno sminuirne la portata ironizzando sul destino inesorabile che attenderebbe tutte le donne al varco della loro esistenza, indirizzandole verso la loro destinazione naturale, ossia il nucleo familiare in cui l’uomo incarna il fulcro del potere assoluto.
Dal libro di Levin è stato tratto il film Le Mogli di Stepford, con Nicole Kidman nei panni dell’intraprendente Joanna: chissà quanti avrebbero desiderato sfoggiare al proprio fianco una mogliettina come lei: bella, servizievole, arrendevole e soprattutto obbediente, invece della solita casalinga disperata…
Se questa è la realtà effettiva risulta sempre più evidente che le donne hanno ancora una strada molto lunga e impervia da percorrere, prima di arrivare alla vera emacipazione. I pregiudizi sono difficili da sradicare, nell’immaginario collettivo. Ma urge proseguire con noncuranza.