da globalist.it
Tutte le donne di Venezia
Alla mostra del Cinema sono presenti, per la prima volta, 21 registe con altrettanti film, un terzo della produzione complessiva. Da Comencini a Bier a Cavani, eccole una per una. Di [Adriana Terzo]
Donne in pole position, un po’ ovunque. E non poteva mancare la strizzatina d’occhio che arriva anche dalla mostra del Cinema di Venezia che, guarda un po’, sfodera ben 21 registe con altrettanti film a fronte di 60 pellicole, un terzo netto della produzione complessiva dei film presenti. Quattro autrici in concorso (Francesca Comencini, Valeria Sarmiento, Jessica Woodworth e Rama Burshtein), più altre otto Fuori Concorso e nove nella sezione Orizzonti. Che la necessità di una Pari Opportunità sia arrivata fin qui? Non ci sarebbe stato nulla di strano. Ma Alberto Barbera, direttore di questa 69a edizione, ha escluso questa ipotesi. Presentando i film alla conferenza stampa di Roma a fine luglio, ci tenne a sottolineare che la presenza in concorso delle quattro film directors e di tutte le altre, non aveva niente a che fare con le quote rosa. Par di capire: le abbiamo scelte perché sono brave. Ovviamente, siamo d’accordo. E aggiungiamo che anche noi non avremmo mai voluto scrivere questo articolo che vorrebbe squarciare il velo sul tema “come mai quest’anno ci sono così tante registe ad un concorso internazionale di cinema”? Perché riteniamo che semplicemente ci sono i film, le sceneggiature e chi fa bene il proprio mestiere, a prescindere dal genere di appartenenza. Ma siccome le cose, come purtroppo rileviamo tutti i giorni, non stanno proprio così, plaudiamo per la scelta il direttore Barbera ricordando, per esempio, che all’ultimo Cannes risultò piuttosto imbarazzante l’assenza femminile sul fronte regia. E rammentando che le 21 registe-portabandiera, baluardo di una presenza che stenta ancora a farsi riconoscere, forse andrebbero salvaguardate come i Panda. Oppure raccontate.
Cominciamo da Mira Nair, cineasta simbolo del cinema indiano degli ultimi venticinque anni, cui è stata affidata l’apertura della mostra mercoledì 29 agosto e che torna al Lido per la quinta volta con The Reluctant Fundamentalist (Fuori Concorso). 57 anni, da anni trapiantata a New York, la regista e sceneggiatrice una volta si è portata a casa il Leone d’oro tra mille polemiche con Monsoon Wedding premiato da Nanni Moretti che quell’anno (era il 2001) presiedeva la giuria. Un verdetto controverso – ancora oggi è argomento di discussione – che però le diede la fama internazionale. Passata, nel tempo, da film di impegno sociale che l’hanno fatta conoscere fuori patria (come Salam Bombay e Mississipi Masala) a opere più commerciali. Del Fondamentalista Riluttante, arrivato dopo il deludente Amelia e tratto dall’omonimo romanzo best seller di Mohsin Hamid, si dice che mostri le tante contraddizioni del mondo (soprattutto americano) dopo l’11 settembre e l’incapacità per l’Occidente e l’Islam di parlarsi. Figuriamoci di capirsi. Al centro della storia il pakistano Changez impiegato a Wall Street, la cui vita viene stravolta dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Coproduzione internazionale (India, Pakistan, Usa e Qatar) e un cast misto di attori anglo-pakistani, indiani e americani tra cui Riz Ahmed, Kate Hudson e Liev Schreiber, il film sfodera anche una nuova canzone di Peter Gabriel.
Regista con alle spalle un’attività ultradecennale, tra le fondatrici e promotrici del movimento Snoq (Se non ora quando) insieme alla sorella Cristina e autrice, fra gli altri di Carlo Giuliani sui fatti di Genova e il documentario In fabbrica, Francesca Comencini quest’anno sarà in Laguna per la seconda volta (la prima nel 2009 con Lo spazio bianco) con Un giorno speciale. Tratto liberamente dal romanzo di Claudio Bigagli Il cielo con un dito, è il terzo film italiano scelto a sorpresa dopo gli altri due in Concorso È stato il figlio di Daniele Ciprì e Bella addormentata di Marco Bellocchio. Commedia a basso costo girata tra marzo e aprile nella capitale, racconta della stramba giornata di due giovani, Gina e Marco dove lei (Giulia Valentini) aspira ad entrare nel mondo dello spettacolo attraverso la scorciatoia di una spinta dal politico di turno, e lui (Filippo Scicchitano, rivelazione di Scialla!) è l’autista che deve accompagnarla all’appuntamento. Storia d’amore e di precariato, fra ambizioni deviate e dura realtà.
Rama Burshtein, prima volta a Venezia e prima volta in un lungometraggio di finzione, Fill the Void (titolo originale Lemale Et a’Chalal). Newyorkese di nascita, per la 43enne regista e sceneggiatrice il cinema è uno strumento di espressione per la comunità ortodossa ebraica per la quale ha scritto e diretto numerosi lavori. Qui racconta la storia di Shira che la famiglia vuole in sposa al cognato, rimasto vedovo di sua sorella. Seguirà le ragioni del suo cuore innamorato di un altro o accetterà il sacrificio che la comunità le chiede?
Valeria Sarmiento, cilena di nascita ma francese di adozione, ha voluto un cast stellare per il suo Les Lignes de Wellington ambientato al tempo di Napeoleone, durante l’invasione francese del Portogallo. Vi figurano infatti Catherine Deneuve, Chiara Mastroianni, Michel Piccoli, John Malkovich, Marisa Paredes, Christian Vadim, Vincent Lindon e circa 5.000 figuranti. Storico, collettivo e in costume, il film racconta in particolare la resistenza a Torre Vedras del generale Wellington e la triste evacuazione dei paesini intorno dove i civili vengono sballottati di qua e di là, a causa della guerra, per aver salva la vita. Valeria, vedova del grande regista cileno Raúl Ruiz, di cui è stata per anni collaboratrice, montatrice e autrice, ha finito di dirigere il film dopo la morte del marito avvenuta la scorsa estate. Già a Venezia nel 2002 con Rosa la China, con storie di politici, pregiudicati, amanti, clienti di una famosa casa da gioco clandestina a Cuba.
Infine, quarto nome in Concorso la quarantenne regista e produttrice belga Jessica Woodworth che presenta La cinquième saison in collaborazione con il regista conterraneo Peter Brosens, con cui condivide la passione per l’etnografia. Il film è il terzo di una trilogia iniziata con Khadak ambientato tra le steppe della Mongolia dove un gregge viene colpito dalla peste, e Altiplano girato nelle Ande peruviane in preda all’avvelenamento da mercurio. I due registi concludono la loro spettacolare ricerca con La quinta stagione nelle Ardenne e incentrano la loro storia a Condroz dove un evento climatico stravolge il quieto vivere. Octave, Alice e Thomas, tre bambini del villaggio cercano di dare un senso a questo cambiamento climatico…Solo l’arrivo di un fioraio porterà speranza a un paese ormai preda di violenze e ciechi egoismi.
<<continua>>