Un’India fatta di colori, sapori, polvere e pioggia. E naturalmente di persone straordinarie. E’ quella che racconta Elisa Chiodarelli nei suoi documentari.
di Ylenia D’Alessio
Elisa Chiodarelli, nasce Mantova, ma vive a Ferrara. Comincia a viaggiare da bambina con i genitori. Prosegue la strada del viaggio da documentarista. È così che nasce il documentario dedicato al Barefoot College e la collaborazione con suo padre alla realizzazione di documentari, “Vijayanagara, l’Impero Dimenticato” e “Le Dimore degli Dei”. Nel 2011 viene pubblicato “Ho sognato”, testo di illustrazioni per bambini (e non) che descrivono scene della storia e mitologia indiana.
Di cosa è fatta l’India?
Be’, se ci penso mi vengono in mente tante suggestioni che sono poi i ricordi dei viaggi e degli incontri. È fatta di persone straordinarie e di un pensiero che credo essere quanto di più profondo e brillante l’uomo abbia prodotto. È fatta anche del verde dei campi di riso, del terracotta dei paesaggi che sfilano dal finestrino dei treni, del rosso delle sari delle spose, del blu delle piume di pavone. Di polvere e pioggia, dei musi delle vacche per le strade, dei sorrisi dei bambini; di fatica e sudore, di scoperte e riconoscimenti, di rumori assordanti e del tintinnio dei braccialetti delle donne. È fatta di profondi silenzi himalayani e del caos delle città, di tutto questo e di tanto altro ancora.
La tua prima volta in India
La prima volta in India avevo 13 anni. Ero in Kerala ed ero ospite con la mia famiglia presso la casa di un sacerdote conosciuto in Italia anni prima. La “prima – prima” volta ero ancora una bambina e ascoltavo i racconti di viaggio dei miei genitori, attraverso la proiezione di diapositive. Ero già molto affascinata e orgogliosa di sapere cose che gli altri non sapevano. Era come avere in mano una pietra preziosa.
Un richiamo legato agli affetti; tu come hai deciso di rispondere a questa voce?
Durante gli anni dell’università ho potuto approfondire la conoscenza di quella cultura. I viaggi hanno poi rafforzato l’interesse per quel mondo.
Mio padre ha sempre lavorato nel campo della documentaristica quindi ho cominciato con una collaborazione ai primi lavori sull’arte indiana per poi passare alle tematiche a me a cuore. Parallelamente, lavorando per una cooperativa sociale che fa servizi educativi per le scuole, ho pensato di parlarne ai ragazzi. Mi dedico così alla realizzazione di laboratori interculturali organizzati attorno ai miei documentari, con esperienze di laboratorio artistico ispirate alle tecniche artistiche indiane. Mi rivolgo alle scuole di tutti gli ordini e gradi, non è un problema -anzi!- parlare di buddhismo ai ragazzini delle medie o di Gandhi e della sua lotta non violenta alle elementari.
Il Barefoot College, ONG fondata da Bunker Roy nel 1972 che si occupa di attività educativa dedicata a donne analfabete, con una scuola (a Tilonia, Rajasthan), completamente alimentata da energia solare, come sei giunta lì?
Ho conosciuto il Barefoot College leggendo il libro di Maria Pace Ottieri del 2008, “Raggiungere l’ultimo uomo”.
Cosa ne pensi della definizione “società avanzata”? Pare che l’India, con questo progetto sulle energie rinnovabili, abbia dato un grande esempio di “avanzamento”.
Una società è “avanzata”quando garantisce la dignità e la libertà ai suoi membri. In questo caso, il College e tutte le altre micro-associazioni gemelle stanno facendo un lavoro inestimabile in questa direzione.
Come mai si prediligono le “ingegnere” a piedi scalzi ? Pensi che abbiano attitudini maggiori rispetto agli uomini?
Il College preferisce sviluppare nelle donne talenti per dare loro la possibilità di guadagnarsi un ruolo più significativo nella società; inoltre le donne, a differenza degli uomini, una volta che hanno acquisito nuove competenze non vanno in città per cercare fortuna ma restano, garantendo così a sé stesse e alla loro comunità che questo lavoro di training nel campo dell’energia solare o in altri settori non vada perduto.
Possiamo prendere la loro iniziativa come esempio e ritornare all’autoproduzione come insegnava il Mahatma?
Non so se sia possibile ritornare oggi all’autoproduzione come era nel pensiero di Gandhi ma forse sta lentamente diventando una necessità e un giorno diventerà un imperativo.
Quanto è stato difficile introdurre i tuoi documentari in Italia?
Non è semplice introdurre i documentari qui da noi, sia perché si tratta di argomenti ‘esotici’, anche se ci si sta rendendo conto che il mondo è sempre più interconnesso, sia perché non mi appoggio ad alcuna distribuzione. Ciò che realizzo mi serve per partecipare a festival come Internazionale Ferrara o realizzare laboratori interculturali nelle scuole. Anche le associazioni che si occupano di cooperazione internazionale possono essere interessate ai miei lavori. Durante gli ultimi viaggi mi sono avvicinata al mondo dell’arte tessile e dell’artigianato artistico dell’India nord occidentale.
Le illustrazioni, mondi da penetrare con la fantasia, come in un sogno. Cos’è “Ho sognato”?
“Ho sognato” è un libro scritto a quattro mani con Luigi Dal Cin e illustrato da Laura Berni che racconta ai bambini e agli adulti le storie di divinità e di personaggi realmente esistiti.
La scelta delle illustrazioni per questo libro sembra essere un continuum della tradizione indiana -e del passato, in generale- di raccontare attraverso le immagini. Un modo per trasmettere la cultura a tutti, senza barriere?
Le illustrazioni sono state realizzate in modo da non creare una frattura con la tradizione iconografica reinterpretata rispettando i canoni e il linguaggio. I lettori italiani che sono completamente digiuni di iconografia indiana, potranno cominciare a familiarizzare; quelli già esperti riconosceranno immediatamente i personaggi.
Domanda bruciapelo: Una persona che ti ricorda l’India.
Ho incontrato tante persone che sono entrate a far parte del puzzle dei ricordi. Alcune di queste le ho riviste, qualcuna invece è rimasta incisa nella memoria.
Domanda che, oramai, è quasi un’affermazione per chiunque abbia visitato quei luoghi almeno una volta: Pensi all’India come alla Grande Madre?
Sì, credo che l’assimilazione calzi alla perfezione. Solo una madre generosa (e a volte estremamente dura) potrebbe far crescere una cultura così meravigliosamente varia e multiforme.
Ylenia D’Alessio vive in provincia di Napoli, studia presso l’Università “L’Orientale” Lingua e Letteratura Hindi e Sanscrita, si laurea con una tesi su una traduzione inedita di alcuni canti dell’epica hindi “Kamayani”. Studia e vive a Delhi dove può perfezionare la conoscenza della lingua e della cultura presso l’università “JNU”. Al ritorno in Italia raccoglie interviste a donne che hanno fatto della loro passione per il subcontinente indiano una vera professione; fonda un’associazione culturale, Bharat, con un gruppo culturalmente eterogeneo nato su Facebook (AssBharat@groups.facebook.com, https://www.facebook.com/groups/AssBharat/) e si dedica allo studio dello yoga e della danza indiana.
1 commento
Qualche anno fa scrissi anch’io un articolo su Tilonia-Barefoot College:
http://www.noidonne.org/articolo.php?ID=03066
Saluti.