Molto spesso ciò che accade è lo specchio di una società malata che sta perdendo, se non li ha già persi tutti, i molti valori fondamentali dell’esistenza.
D. ”Sono malata da anni di una malattia degenerativa incurabile (finoad ora) e la mia vita l’ho vista cambiare da un anno all’altro. Tuttavia ho ancora una grande forza di volontà e voglia di fare tante cose anche se conosco i miei limiti. I miei famigliari invece sembrano essersi adagiati sull’ineluttabilità degli eventi: mia figlia non mi prende più in considerazione come persona attiva (si rivolge a me solo per le ricariche telefoniche) e mio marito gioca al ribasso: tutto quello che per me è faticoso, non si fa. Ma io preferirei affaticarmi maggiormente ma ”fare” le cose, perché sono sicura che maggiori stimoli mi siamo d’aiuto. Mi sento sempre più depressa ed il mio proverbiale buon umore è mutato. Come posso far capire loro che sbagliano?”
lettera firmata ……………………………………………………………………………………………………………………
R. Gentile lettrice quello che ti accade è lo specchio di una società malata che sta perdendo, se non li ha già persi tutti, i molti valori fondamentali dell’esistenza. La persona nella sua complessa struttura fisica e spirituale resta priva ogni giorno di più dei suoi talenti e delle sue virtù se sul mercato del potere non ha i requisiti necessari alla corsa per vincere sugli altri.
Chi invecchia o si ammala o perde le abilità motorie o non ha più il fascino di una superstar che risponda costantemente a canoni giovanilistici o di salute o ha un corpo diverso dagli standard del mercato o semplicemente viaggia, non certo per colpe sue, su una sedia a rotelle rischia di essere rimosso dai più o di parcheggiare ai lati della strada, quasi non visto, dalla moltitudine dei suoi simili.
L’atteggiamento nei confronti dei problemi altrui, salvo casi rari o eccezionali, è quello della sana ed utile rimozione o per lo meno quello del silenzio che non ammette risposte con prese di posizione o reclami. Star male o essere malati pone chi vive la malattia in una condizione di inferiorità che abbisogna sì di sostegno fisico, ma soprattutto psicologico, è troppo facile blandire e carezzare per poi rinchiudere in casa, fuori dal mondo attivo. Tu cara lettrice prova intanto a iniziare a dire come ti senti proprio ai tuoi familiari senza chiedere pietismi anzi dichiarando quello che provi e la tua volontà di non essere trattata come un pacco fragile che non si sa come prendere quindi meglio depositare tranquillamente tra mura sicure. Non sei più mobile come anni prima? Questo ti fa diversa da com’eri o sei solo vissuta diversamente da chi ti sta accanto per timore di strapazzarti o per la fatica di seguire i tuoi passi incerti? Dichiara che cosa desideri, come vuoi essere considerata, dove vuoi andare, non temere il giudizio e non aver timore dell’esclusione o addirittura di pretendere troppo… Soprattutto non sentirti in dipendenza o inadeguata alle esigenze della tua famiglia, sono certa che puoi dare tanto proprio perché i tuoi pensieri sono soprattutto e sempre per loro. E’ proprio là nel caos degli “abili “che si deve andare con le proprie disabilità, le difficoltà a muoversi, a vedere, a sentire anche solo per mostrare agli iperattivi che certi accadimenti sono fin troppo democratici e non guardano proprio in faccia a nessuno.
La famiglia ricalca spesso, anche se con molto affetto e comprensione, le regole della corsa, ecco allora che una mamma che non si muove velocemente o non è al passo con l’evolvere fatuo del costume viene usata, magari senza accorgersene, soltanto per ricaricare il telefono.
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1 commento
Cara lettrice, scrivi a tuo marito e scrivi a tua figlia. Una lettera scritta a mano, con i tuoi pensieri, i tuoi desideri, il tuo amore per loro, per te stessa e per la vita.
La vita che cambia, ma non per questo ami di meno. Forse hanno solo paura, perchè se il cambiamento destabilizza stiamo zitti, aspettando che accada qualcosa.
Forse l’emotività è troppo alta per riuscire a parlare, ma la forza che affiora tra le righe è contagiosa. un abbraccio.