Si dice che dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna. E’ vero. O almeno, lo è in parte.
La storia è una fonte inesauribile di esempi tipici: tanto per restare nel passato più recente, ricordiamo Raissa Maximovna e Mikhail Gorbaciov, Jaqueline Bouvier e John F. Kennedy, Hillary Rodham e Bill Clinton, Carla Bruni e Nicolas Sarkozy, ma l’elenco disponibile è terribilmente lungo.
Ora, in vista delle elezioni presidenziali statunitensi – previste a novembre – si riaccende il dibattito sull’importanza che il ruolo femminile tende sempre più ad assumere non solo a supporto della campagna elettorale in se stessa, ma anche e soprattutto per il forte impatto sociale che il verbo muliebre dimostra immancabilmente di suscitare.
L’ultimo discorso di Michelle Robinson, 48enne legale in carriera nonchè fida consorte dell’attuale presidente degli Usa, Barak Obama – statuaria e carismatica icona del Partito Democratico – sembra avere letteralmente conquistato la platea popolare.
Nella sua innata spontaneità, unita a una forte dose di genuina umiltà ha saputo far breccia nei cuori delle masse con parole semplici, immediate. Non ha preteso di convincere i potenziali elettori con promesse vane e spesso costruite ad effeto. No, Michelle si è limitata a ricordare a tutti le sue umili origini di provenienza, analoghe a quelle del marito: “Le nostre famiglie”, ha detto, “non hanno potuto offrici molto a livello economico, ma ci hanno trasmesso valori insostituibili come l’amore incondizionato, il sacrificio costante e la possibilità di conquistare mete apparentemente irraggiungibili”.
Certo questo non basta a fare di lei un’eroina del popolo. Tuttavia la determinazione e la forza interiore che trasudano da ogni suo gesto, da ogni sua frase, da ogni suo sguardo lasciano facilmente intuire l’enorme carica emotiva che attraversa reciprocamente la coppia presidenziale in carica.
Sembrano agire simbioticamente, Michelle e Barak. Come altri prima (e certamente anche dopo) di loro. Ed è in particolare dall’onnipresenza della moglie – avvertibile persino nella sua assenza fisica – che l’attuale presidente della prima potenza mondiale ricava l’energia necessaria per affrontare quotidianamente i molteplici problemi oggettivi a largo spettro.
Possiamo vantare esempi analoghi, in Italia? Risposta negativa, ovviamente. Da noi le donne che affiancano uomini famosi (politici e non) paiono essenzialmente virtuali. In teoria esistono a tutti gli effetti: di loro si conoscono magari i connotati fisici, le generalità, la professione, l’età, insomma ciascun particolare de background personale. Eppure si tratta sempre di figure evanescenti, quasi irreali nella loro persistente invisibilità. Se in pochi casi qualcuna è riuscita ad emergere dall’ombra per affiancare il marito in occasione di manifestazioni ufficiali (si veda Elsa Antonioli Monti o Clio Maria Bittoni Napolitano) non ha sicuramente lasciato tracce idelebili di sè nella memoria collettiva.
In sostanza è impossibile affermare che l’apporto femminile sia determinante o comunque notevole nella politica nostrana (e non solo in quella, purtroppo). Come mai? L’Italia seguita – nostro malgrado – a ricalcare quegli schemi arcaici e decisamente anacronistici dove la chiave del potere deve necessariamente appartenere all’uomo senza alcuna possibilità di apertura all’iniziativa femminile.
Sono lontanissimi i tempi in cui Ana Maria de Jesus Ribeiro era ritenuta la vera “mente”, la musa ispiratice dell’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi. Persino il profeta Muhammad non prendeva decisioni senza aver consultato la moglie prediletta Aisha.
In Italia è calma piatta. E’ ancora in corso la lotta delle donne per ottenere il riconoscimento delle cosiddette quote rosa ai vertici gerarchici e le circostanze generali nel loro complesso rimandano a una situazione pressoché statica, invariabile. Stiamo vivendo la preistoria della nostra evoluzione reale. Guardiamoci attorno, ascoltiamo le voci che giungono da lontano, scrutiamo negli occhi di Michelle Obama mentre si accalora durante il suo recente intervento a Charlotte, nel North Carolina: scopriremo un entusiatico mondo forzatamente nascosto allo sguardo nazionale. Per ataviche paure (virili) o vigliaccheria generazionale, d’accordo. Ma non va dimenticato che il cambiamento è possibile.
3 commenti
UNA DONNA STRAORDINARIA!!!!!!!!!!
Per noi resta una figura utopica… (sic!)
Non credo, forse in Italia….ma veramente dietro un grande uomo c’è spesso una grande donna…