di Caterina Della Torre
”Non lo faccio più”, l’ultimo libro di Cristina Obber ritorna su temi noti alle cronache, la violenza alle donne, facendo parlare chi l’ha subita e all’interno delle carceri chi l’ha esercitata. Per capire.
Perché questo nuovo libro, sottile e colorato, per parlare invece di un tema così cupo?
Volevo un libricino di facile approccio anche per chi non si sente coinvolto nel tema; difficilmente un ragazzo leggerebbe un saggio sulla violenza, Questo non è un saggio, appunto, ma un contenitore di voci. Non da’ risposte, racconta cose che non capita di ascoltare.
Volevo essere breve ma esplicita, non girare intorno alla violenza ma raccontarne anche i dettagli, per dire quanto male fa.
Ho voluto colore perché sono certa che i ragazzi tireranno fuori l’energia per colorare il loro presente e il loro futuro ingrigito da una misoginia ereditata, che gli sta stretta. La copertina è di Anna Rossi, che ha 24 anni, appunto, perché dei giovani non bisogna soltanto parlare, bisogna fidarsi. Ha fatto un bel lavoro.
Questo libro esce in un momento in qui si parla molto di violenza, dopo anni di silenzio.
In realtà ho iniziato a lavorarci due anni fa, quando appunto di violenza non si parlava, e mano a mano che proseguivo, si faceva sempre più urgente, dolorosamente.
Cosa ti ha colpito di più, mentre raccoglievi il materiale?
Mi ha colpito l’inconsapevolezza, sia delle ragazze, che si sentono in colpa quando la violenza arriva dagli amici del sabato sera, sia dell’universo maschile, che non si rende nemmeno conto di quello che fa. Il titolo riguarda tutti, perché ognuno di noi deve cambiare il suo sguardo sulla violenza.
Com’è stato entrare in carcere?
Diciamo formativo. Per certi aspetti sconvolgente, umanamente ha rappresentato un momento di crescita personale.
E’ un libro che porterai nelle scuole?
Certamente. La prossima settimana i primi due incontri in un liceo e in un istituto professionale maschile. E’ nato un progetto scuole che vuole appunto sollecitare la riflessione e la discussione tra ragazzi e ragazze, insieme, non contrapposti ma complici e solidali gli uni con gli altri. Un progetto che vuole informare ma soprattutto ascoltare. I giovani sono migliori di come i media li rappresentano, secondo me sapranno stupirci, anche su un tema così delicato.
E’ nato anche un blog, proprio per dare loro un luogo dove potersi esprimere senza mediazioni, raccontandosi ed inventandosi un linguaggio alternativo. Verbale e non.
http://d.repubblica.it/argomenti/2012/10/09/news/violenza_di_genere_libri-1297215/
3 commenti
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Ho incontrato Cristina ed ho capito il valore di questo libro, ma ancor di più del suo intento. Qui non si parla di violenza in genere, ma *di* genere. Ovvero la violenza giovanile che si scatena soprattutto quando il giovane fa “branco” e passa dagli epiteti violenti alle percosse ed agli stupri. Quanto davvero si rendono conto i ragazzi del male che fanno? Le radici sono subdole, partono dalla famiglia e dalla peggiore cultura maschilista. Per prevenire è necessaria consapevolezza, da parte dei ragazzi e delle loro famiglie. Ma per raggiungere la consapevolezza è obbligatorio il dialogo. Su questo si basa il gran lavoro di Cristina nel “Progetto Scuole”. Tutto volontario per il momento. Tanto di cappello a quelle come lei!
grazie Alessandra. Sì, per ora tutto volontariato ma faccio un appello a tutte e tutti coloro che si occupano di ISTRUZIONE, EDUCAZIONE e PARI OPPORTUNITA’, a tutti i livelli, dalle assessore agli insegnanti, agli educatori negli oratori.
Se ognuno fa un piccolo passo, tutti insieme si costruisce un nuovo orizzonte!