Oriana Fallaci. Nessuno, quasi – tranne qualche rara eccezione, naturalmente – ne ha più pronunciato il nome da quel 15 settembre 2006, allorchè scomparve all’età di 77 anni. Quasi come se non fosse mai esistita.
E’ opinione comune che gli individui continuino a vivere anche oltre la morte, almeno finchè i vivi saranno disposti a ricordarli; è altrettanto vero, però, che i frutti tangibili del suo incessante lavoro di giornalista e scrittrice costituiscono già di per se stessi un’importante eredità pressochè impossibile da dimenticare.
Curiosa, scrupolosa, attenta, polemica: Oriana non si risparmiava nelle proprie esternazioni. Qualcuno (anzi, parecchi) la detestava; altri la amavano incondizionatamente. Perchè sapeva giungere al cuore dei problemi senza cadere in falsi moralismi o nel perbenismo di facciata considerato oggi così politically correct. No, nessuna vana di ipocrisia traspare dalle pagine di questa donna fiorentina di nascita, che da buona discendente di Dante, si dimostrava letteralmente incapace di ogni finzione.
Analizzava e descriveva la realtà che vedeva, bella o brutta che fosse, incurante delle convenzioni sociali e delle tendenze politiche che le governavano; riusciva a comunicare emozioni e sensazioni pur astenendosi da commenti improntati alla commiserazione altrui e al pietismo.
Aveva sempre amato la giustizia sociale e per essa si batteva quotidianamente, al di là delle ideologie volte solo a irretire le masse inconsapevoli.
“Vi sono momenti, nella Vita”, ricordava, “in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”. Parole semplici, ma pesanti come un macigno sulla coscienza collettiva. Inevitabile che questo suo atteggiamento possa aver infastidito i molti amanti della demagogia gratuita, delle cospirazioni occulte e dei silenzi abilmente costruiti a protezione di quelle manovre politiche che tanto influenzavano (e influenzano) qualsiasi contesto sociale nel mondo.
Nella sua lunga carriera, Oriana non ha mai ceduto a compromessi di alcun genere; si è sempre battuta strenuamente per la trasparenza e l’obiettività.
Donna coraggiosa e intraprendente, non si è mai sottratta neppure ai pericoli della guerra: Viet-Nam, Libano, Iraq, sempre in prima linea ( e va sottolineato che allora i conflitti non venivano certo seguiti da lontano, magari dagli schermi di una rete informatica appositamente allestita nella camera di un grande albergo, come invece accade ora). “Io sono qui per provare qualcosa in cui credo: che la guerra è inutile e sciocca, la più bestiale prova di idiozia della razza terrestre”, ripeteva spesso. “Ogni persona libera, ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è, (nell’ordine): un imbecille, un disonesto, un fanatico. Il fanatismo è il primo nemico della libertà di pensiero. E a questo credo io mi piegherò sempre, per questo credo io pagherò sempre: ignorando orgogliosamente chi non capisce o chi per i suoi interessi e le sue ideologie finge di non capire”.
In effetti, Oriana Fallaci non ha mai tradito se stessa. La coerenza è il filo rosso che lega l’intera sua opera alla continuità della Storia.
Ha dialogato con i personaggi più diversi (da uomini politici quali Henry Kissinger, Lech Walesa, Enrico Berlinguer, Deng Xiao Ping o l’ayatollah Khomeini ad attrici del calibro di Ingrid Bergman); ha affrontato problematiche sociali e culturali determinanti e sempre di scottante attualità (come la condizione femminile o l’immigrazione islamica) schierandosi immancabilmente dalla parte degli oppressi e puntando il dito contro gli oppressori.
Dal triplice attentato terroristico subito dagli Stati Uniti ad opera di Al Qaeda in quel famigerato 11 settembre 2001, Oriana non aveva cessato di porsi interrogativi. Sull’Occidente, sulle cause della sua improvvisa debolezza e apparente decadenza, “perché loro [i fondamentalisti islamici] hanno qualche cosa che noi non abbiamo ed è la passione. Hanno la fede e la passione. Nel male, in negativo, ma l’hanno. Noi non l’abbiamo più, l’abbiamo persa, la nostra forma di società ha inaridito l’animo, ha inaridito il cuore della gente. Perfino nei rapporti amorosi c’è meno passione. In quanto alla fede, nel nostro mondo è una parola quasi sconosciuta. Loro sono più stupidi di noi ma sono profondamente appassionati, dunque più vitali. Perfino la guerra, che è un atto di passione – passione in negativo, la ferocia, il sangue –, è diventata sterile, pulita. Questa mancanza di passione si riflette nella nostra vita quotidiana perché, al posto della passione, abbiamo il benessere, la comodità, il raziocinio. Tutto quello che siamo è frutto di raziocinio, non di passione”.
Lucida e inflessibile, sapeva lanciare strali infuocati al centro di ciascun bersaglio individuato nel corso della sua lunga ricerca personale di giornalista ma soprattutto di donna. Una donna alla quale il destino, in cambio di una brillante carriera, aveva chiesto l’alto prezzo della solitudine, nagandole persino le gioie banali di una stabilità affettiva e della maternità.
Nel corso degli ultimi anni Oriana aveva optato per l’isolamento quasi assoluto nella grande casa di New York per cercare di combattere la terribile malattia (la bestia, diceva) da cui era stata aggredita anni prima. Una lotta impari, la sua, condotta tuttavia con la medesima determinazione che ne aveva caratterizzato l’intera esistenza.
Non molto socievole e talvolta scontrosa: così viene descritta da chi l’ha conosciuta. Eppure la profonda sensibilità che la contraddistingueva emerge continuamente da ogni singola frase dei suoi scritti.
Oriana, in fondo, era una persona semplice e sincera che delle difficoltà incontrate sul suo cammino proprio in quanto donna non aveva mai fatto mistero: “Essere donna è così affascinante. È un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non finisce mai”.
Va da sè, dunque, che se fosse nata maschio, si sarebbe trovata confusa in una moltitudine indistinta.
4 commenti
Ho amato molto questa scrittrice da ”lettera ad un bambino mai nato” in poi… me ne sono staccata negli ultimi scritti che non capivo..
Pure io l’ho amata tanto, ho letto tutti i suoi libri da “Intervista con la storia” in poi, che lessi quando avevo solo 13 anni. L’ho fortemente detestata per il suo articolo sull’11 settembre. Ma non tanto da dimenticarla, anzi.
Concordo con questo articolo, di lei non si parla più. Troppo scomoda, chi la elogia o chi la contesta rischia di farsi dei nemici ed i nostri pavidi intellettuali ed autori vari non trovano uno spazio dove metterla senza che gli esploda sotto le chiappe del loro quieto vivere.
Oriana è una degli ultimi grandi intellettuali del nostro tempo. La mia formazione letteraria e culturale deve molto ai suoi scritti. La coerenza e la sincerità hanno sempre contraddistinto il suo pensiero. Nemmeno io ho gradito le sue posizioni dopo l’11 settembre 2001, ma lei diceva sempre e argomentava quel che pensava, sempre…una combattente.
Oriana Fallaci è stata una donna forte. Per lei, la notorietà non è stata lo scopo del suo lavoro, ma una conseguenza del suo modo di essere. Lei aveva qualcosa da dire, e amava dirlo a gran voce. Ha combattuto i pregiudizi del suo tempo, ha combattuto le battaglie da sola, ha avuto le palle (scusate il termine) di urlare contro la civilità Islamica. Se a ragione o torto non spetta a me dirlo, di sicuro non si è fatta condizionare dal perbenismo intellettuale che, in qualche modo, obbliga a mantenersi sempre pacati e tolleranti verso tutti, onde non perdere i propri seguaci.
Non se ne parla più perché una come lei ha dato molti grattacapi e, ora, è comodo dimenticarla. Ma chi ha sale in zucca non dimentica. Chi da lei ha imparato qualcosa, continuerà a farla vivere nella sua mente e nel suo cuore.
Segnalo un articolo che ho appena letto, cercando informazioni su di lei, che riflette anch’esso bene quello che Oriana ha lasciato nelle nuove generazioni: Oriana, i sogni, la crisi, i libri scomodi non ancora pubblicati.