Come fare l’espatrio intelligente. Vita di Claudia Landini. E un corso per prepararsi ad andar via.
Claudia Landini la conosciamo da molti anni e ne abbiamo parlato già su queste pagine. Ma ora Chiara è tornata in Italia in transito per non si sa dove. Abbiamo voluto reincontrarla per parlarle di persona, nè per e-mail, nè telefonicamente, nè su skype.
Fondatrice di expatclic dopo dieci splendidi anni in America Latina (Honduras e Perù,) e vari anni in Africa (Sudan, Angola, Guinea Bissau e Congo Brazzaville) torna in Italia. Ha seguito il compagno, funzionario della Crocerossa inventandosi un’attività e mettendo al mondo due figli ormai grandicelli
Momenti salienti in espatrio?
Due gravidanze all’ultimo respiro, un’evacuazione in canoa sul fiume Congo, un terremoto di grandi proporzioni….
Come vive un italiano all’estero? Nei paesi in via di sviluppo?
Dipende da tantissimi fattori. Dall’impiego, innanzitutto. Ci sono impieghi all’estero che garantiscono casa, scuola dei figli pagata, cure sanitarie, pensione, un ottimo stipendio. Quando tutte queste condizioni sono assicurate, naturalmente dal punto di vista pratico si vive benissimo. Ci sono però anche situazioni estreme, di italiani volontari che lavorano per uno stipendio risicato e devono pagarsi alloggio e quant’altro. Tra questi due estremi c’è una gamma di situazioni troppo vasta da analizzare. In generale l’italiano all’estero è sempre ben accetto, accolto con calore e coccolato, e questo, a differenza di altre nazionalità che devono invece ritagliarsi a fatica il proprio spazio in nuove realtà, è un bel vantaggio. L’italiano poi fa quasi sempre comunella, e non è raro, nei vari paesi, trovare grandi comunità di italiani che si riuniscono intorno a dei valori magari non più tanto sentiti, ma che all’estero fanno sicuramente ancora da collante – la patria, gli spaghetti, la musica…. Nei paesi in via di sviluppo finora mi è capitato di trovare due tipi d’italiano: quello/a dal cuore grande, che si sforza di vivere nel rispetto della cultura ospitante, e quello/a che approfitta della situazione economica di svantaggio delle popolazioni ospitanti, a scopi poco nobili. E’ davvero una tristezza a volte constatare l’immagine che i nostri connazionali danno del nostro paese….
Perchè ci sei andata? E dove hai vissuto?
Ci sono andata perché il mio compagno lavorava per un’organizzazione umanitaria che lo mandava spesso all’estero. Ad un certo punto mi sono unita a lui e non mi sono mai pentita. Ho vissuto in Sudan, Angola, Guinea Bissau, Congo, Honduras e Perù.
A cosa hai rinunciato e cosa hai guadagnato da queste esperienze?
Ho rinunciato a sviluppare una carriera tutta mia. Cambiando paese in maniera regolare, e soprattutto quando i ritmi dei cambiamenti sono dettati dalle scadenze contrattuali del compagno, diventa davvero arduo costruirsi un percorso professionale solido e continuo. Molte donne che seguono i compagni o mariti si organizzano in modo da arrivare in un nuovo paese e attivarsi subito per cercare lavoro, ma anche questo cammino è faticoso, spezzettato dalle gravidanze e nascite (se si hanno figli), e dai vari inconvenienti che la vita presenta sempre, a tutti. Devo però dire che la rinuncia per me è stata notevolmente inferiore rispetto a quanto ho guadagnato vivendo in così tanti paesi. Non saprei neanche da dove iniziare: ho imparato un sacco di lingue, conosciuto posti meravigliosi, incontrato persone interessantissime, imparato a mettermi continuamente in gioco, conosciuto dal di dentro le realtà politiche e sociali di paesi di cui non conoscevo nemmeno l ‘esistenza, mangiato centinaia di piatti diversi… Vivere in realtà culturali diverse è un continuo laboratorio pratico, un apprendimento costante, un’esperienza estremamente stimolante.
E’ possibile avere famiglia e scorazzare per il mondo? Quali accorgimenti adottare?
Sì, è possibile, ma è bene essere coscienti del fatto che ci sono momenti molto dolorosi per i figli, e che per affrontarli ci vuole molta coesione famigliare. Per un bambino, preadolescente o adolescente lasciare il paese nel quale ha vissuto per un periodo per lui/lei importante, e dove si è costruito/a un giro di amicizie e di attività, è una cosa dura e dolorosa, che a seconda dell’età può prendere tanto tempo prima di venire metabolizzata. Gli elementi fondamentali per le famiglie che vivono cambiando costantemente paese sono la convinzione, l’entusiasmo e l’unione. E’ importantissimo che i genitori siano sempre profondamente convinti delle loro scelte e in grado di trasmettere ai propri figli il loro entusiasmo per questo tipo di vita. Bisogna poi anche prestare particolare attenzione a tutti i segnali che i figli/e ci mandano nelle varie fasi di passaggio, armarsi di tanta pazienza e parlare a lungo con loro, stimolare il dialogo, capire il loro sgomento di fronte agli addii, e cercare di non forzare i tempi.
Claudia, ci racconti la tua esperienza di Expatclic? Come è nata? Come vi finanziate? Le vostre iniziative?
Expatclic è nato perché volevo offrire alle donne italiane l’opportunità di prepararsi in maniera completa e intelligente ai proprio cambiamenti di paese. Ho incontrato nel web una donna francese che aveva le mie stesse idee, e insieme abbiamo lanciato un sito con una sezione francese e una italiana, che poi ha aggiunto quella ispanica e quella anglofona. Il nostro scopo era di poter offrire un luogo multilinguistico per favorire e potenziare lo scambio di informazioni e di esperienze. L’abbiamo lanciato nel 2004 senza sapere bene come sarebbe andata, e da allora gli abbiamo sempre dedicato tantissimo tempo e passione, perché ci rendiamo conto che per le donne che lo frequentano è diventato un luogo estremamente importante. Abbiamo articoli di carattere pratico, testimonianze interessantissime, articoli sulla vita in espatrio coi figli, e poi cultura, cucina…. Abbiamo dei forum dove donne di tutto il mondo si scambiano indicazioni ed emozioni. Cerchiamo anche di uscire dal virtuale creando dei momenti di incontro concreto. Ad esempio abbiamo lanciato lo scorso anno un concorso fotografico per le italiane all’estero, al quale ha fatto seguito una mostra che stiamo portando in giro per il mondo (a maggio eravamo a Bucarest:) e adesso ne abbiamo lanciato un altro per raccogliere fotografie per un calendario 2010 che venderemo per raccogliere fondi per il progetto. Expatclic.com infatti è gestito da Expatclic Italia, un’associazione non profit che vive degli apporti volontari delle visitatrici e di sporadici eventi. Attualmente stiamo ad esempio organizzando un seminario di comunicazione interculturale/preparazione all’espatrio, che si terrà a Milano il 17 ottobre: i partecipanti potranno in questo modo sostenere il progetto e allo stesso tempo riflettere, discutere e interagire su temi molto importanti e sulle dinamiche che si scatenano quando si entra in contatto con altre culture.
Esistono molte espatriate a seguito dei mariti? Com’è la loro vita?
Anche se le cose stanno per fortuna cambiando, e si vedono sempre più donne che lavorano in posti anche importanti all’estero con i mariti a seguito, la maggior parte delle volte è ancora la donna che segue il coniuge. Se devo essere onesta io ho sempre incontrato donne molto in gamba, che si organizzano sempre per trarre il massimo da questa esperienza. Oggi la donna è parte attiva dell’esperienza dell’espatrio, e in genere con la sua intraprendenza e la sua volontà di vivere le proprie realtà estere in prima persona, riesce a rendere più ricca e interessante l’esperienza per i propri figli, facilitando anche la carriera del marito. La classica immagine della donna che approfitta degli stipendi da capogiro del marito e vive circondata da abbondante personale di servizio, passando dal salone di bellezza alla sala da tè, sta sbiadendo. Le donne che si trovano coinvolte in questa esperienza fanno sempre qualcosa di concreto….volontariato, vita associativa, studio a distanza, lavori occasionali (quando possono, non in tutti i paesi è permesso a una “moglie accompagnante di lavorare), formazione… Sempre, naturalmente, seguendo i figli da vicino, se ne hanno.
Sei tornata da 5 anni in Perù. Dove vorresti andare? Non ti piacerebbe rimanere in Italia? E perchè no?
Sono tornata dal Perù perché il mio primo figlio è andato a proseguire i suoi studi in Francia, e non volevamo essere geograficamente troppo distanti da lui. Mi piacerebbe trovare una posizione non troppo lontana dalla Francia, ma i tempi sono duri per tutti. Per il momento ci siamo installati in Italia, ma mentirei se dicessi che ne sono felice. A parte il fatto che amo vivere in mezzo a lingue e nazionalità delle più svariate, trovo che l’Italia abbia davvero toccato il fondo in tanti sensi. Tutto è faticoso qui, e quando la gente mi chiede come funzionano le cose in Perù, mi viene da sorridere: sono sei mesi che lotto per avere una connessione Internet a Milano, mentre a Lima me l’hanno data in un giorno. Ma questo naturalmente non è che un esempio. Mi sembra che l’Italia stia andando eticamente alla deriva un po’ in tutti i settori, e questo mi fa star male, oltre, naturalmente, a rendere faticoso il fatto di vivere qui. E poi vorrei che i miei figli continuassero a vivere immersi in culture svariate, diverse, contrastanti. Li aiuta a crescere più liberi e consapevoli.