di Irene Fellin e Livia Stefan
TOPONOMASTICA FEMMINILE NELLE
PROVINCE AUTONOME DI BOLZANO E TRENTO:
STATUTI DIVERSI, MA UGUALI RISULTATI
Parlare di toponomastica in Alto Adige – Südtirol non è certo una novità. Ne sono una conferma le vicende di questi ultimi giorni, che hanno visto la Giunta provinciale del capoluogo altoatesino impegnata in un difficile negoziato sul nuovo disegno di legge in materia di toponomastica, infine approvato con un’intesa bipartisan (PD – Südtiroler Volkspartei) che lascia dietro di sé qualche malcontento. Dopo 40 anni di polemiche, la legge verrà a regolamentare la situazione linguistica legata alla toponomastica altoatesina. Una delle grandi novità è la creazione di un Comitato Cartografico composto in via paritetica da sei membri, due per ogni gruppo linguistico (tedesco, italiano e ladino), che supera i rigidi paletti imposti dalla legge proporzionale da sempre difesa dall’SVP . Chissà come avrebbero reagito i membri del consiglio Provinciale, se qualcuno avesse proposto loro di rispettare anche la proporzione di genere. Forse proprio di questo si avrebbe bisogno, per togliere un po’ di pressione dalla questione politica del bilinguismo e iniziare a guardare la questione sotto un’altra prospettiva: il problema delle pari opportunità accomuna infatti tutte le donne, a qualunque gruppo etnico esse appartengano.
I dati parziali emersi dal censimento in corso nei 116 Comuni altoatesini fanno emerge una situazione un po’ atipica rispetto a quella delle altre regioni, in linea con le altre aree montane e di confine, come il Trentino, la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia. In queste realtà molti dei paesi non sono organizzati con strade e vie, bensì per frazioni e località: gli odonimi non sono quasi mai nomi di persone o di città, ma fanno riferimento a vicini toponimi o alle denominazioni da sempre in uso fra la popolazione prima dell’introduzione degli stradari. Ѐ il caso, ad esempio, dei Comuni di Predoi e Stelvio o di Moso in Passiria, dove la strada principale si chiama semplicemente “Paese” e delimita un’intera aera.
A Bolzano e negli altri comuni più grandi come Merano, Laives e Bressanone gli odonimi dedicati alle persone non mancano, ma la ripartizione di genere si presenta in linea con il quadro nazionale. Delle 418 strade di Bolzano il 37,8% è maschile, mentre solo il 7,1% è femminile; a Merano la situazione è addirittura peggiore, perché su un totale di 696 fra strade, piazze e luoghi pubblici il 12,6% è maschile e solamente l’1% femminile. A Laives la situazione non cambia, con il 63% delle 73 strade dedicato agli uomini e il 2,7% alle donne e nemmeno a Bressanone, dove solo il 2,7% delle 144 strade è intitolato a delle donne a fronte del 29,8% a degli uomini.
Va ricordato che fino al 2007 52 comuni su 116 non presentavano alcun odonimo femminile, ed è solo grazie alle politiche di sensibilizzazione delle pari opportunità degli ultimi 15 anni se si è riusciti a modificare parzialmente questa realtà. Un’operazione difficile, in un contesto così sensibile alla tematica della toponomastica come quello altoatesino che si deve scontrare con altre “priorità”, ma che sta comunque ottenendo dei risultati. La città di Bolzano ha infatti deciso di intitolare entro l’anno cinque nuove vie e passaggi ad altrettante donne: all’artista May Hofer sarà dedicato il passaggio a lato del Museion, un altro passaggio alla studiosa d’arte Adelheid von Zallinger-Thurn, una piazza alla partigiana Franca Sosi Turra “Anita” e un’altra alla maestra elementare Maria Egger Prosser, esponente del movimento delle Katakombenschulen che, durante il fascismo si oppose al divieto di insegnamento del tedesco. Un’ultima via verrà invece dedicata alla studentessa istriana Norma Cossetto vittima della violenza dei partigiani slavi nel 1943. Questa scelta conferma la tendenza locale a privilegiare le figure femminili storico – artistiche rispetto a quelle di Madonne e Sante, ampiamente diffuse nella altre realtà italiane. Le donne che si sono viste intitolare una via a Bolzano hanno solitamente ricoperto un ruolo importante nella realtà altoatesina -sudtirolese. Molte di loro erano ebree e partigiane che vissero la terribile esperienza del lager di Via Resia, come Ada Buffulini e Laura Conti, Filomena della Palma (conosciuta come la partigiana Gina) e la piccola Olimpia Carpi uccisa a soli quattro anni; vengono ricordate anche donne del mondo dell’arte come la scrittrice meranese Anita Pichler, la musicista bolzanina Annette von Menz e la scultrice Maria Delago. Sono inoltre presenti la femminista Andreina Emeri e Angela Nikoletti, anche lei insegnante nelle Katambenschulen durante il fascismo. Se da un lato sono innegabili i tentativi di applicare un’ottica di genere anche nell’ambito della toponomastica, dall’altra risulta alquanto discutibile la scelta di destinare a queste personalità solo passaggi pedonali, parcheggi e piazzette periferiche. Sarebbe stato un gesto di grande civiltà se i nuovi quartieri della zona Firmian fossero stati interamente dedicati alle donne, in modo da ridurre il divario di genere esistente. Ritengo però ancora più importante che tali passaggi, vie e piazzette siano presenti ed identificabili su stradari e mappe, da dove invece sembrano essere spariti nel nulla. Sarebbe a questo punto interessante sapere se siamo di fronte ad un problema informatico o ad una nuova dimenticanza nei confronti del genere femminile.
Non molto diversa è la situazione della Provincia Autonoma di Trento, costituita da 217 comuni. Il censimento delle vie è ancora in corso e solo 35 comuni hanno ad oggi risposto alla richiesta di informazioni.
Questi i dati attualmente emersi: il totale delle vie è 2466, delle quali 694 intitolate a uomini (sia religiosi che laici) e 69 a donne. Di queste, 45 sono intitolate alla Madonna, a Sante, a religiose e a benefattrici e 24 a laiche. Questi i nomi presenti: Maria Teresa d’Austria (compare due volte), Maria Busana, Grazia Deledda (compare due volte), Maria Abriani, Francesca Alberti Lutti, Alfonsina Gonzaga, Maria Montessori, Aurora, Regina Elena, Luisa Anzoletti, Nedda Falzolgher, Pia Laviosa Zambotti, Teresa Sontacchi, Antonia Pruner, Valentina Zambra, Anna Frank, Ancilla “Ora”Marighetto, Clorinda “Veglia” Menguzzato, Zita Lorenzi, Giuseppina Bassetti, Maria Pederzolli, Valeria Jülg (associata al marito), Tina Lorenzoni (associata al padre), Orfane.
Il quadro emerso finora in Trentino conferma lo sconfortante dato nazionale: le intitolazioni a donne sono generalmente scarse. A questo ha contribuito sicuramente la tendenza degli ultimi anni, suggerita anche dalla Commissione per la toponomastica provinciale, di intestare le nuove vie a toponimi o elementi architettonici ed edifici (ad esempio Chiesa o Centrale), in quanto maggiormente identificabili, unitamente alla presenza sul territorio di masi e frazioni, talvolta di dimensioni talmente ridotte da non avere vie intitolate. Così viene infatti segnalato proprio dall’ufficio Toponomastica del Comune di Trento: “Data la tipologia del territorio con vaste aree poco urbanizzate, la maggioranza dei casi d’intitolazione viaria si riferisce ai toponimi che, per legge provinciale, hanno particolare tutela. Quindi, nei limitati casi in cui c’è possibilità e interesse per dediche a persone, sono valutate proposte di ogni genere, purché abbiano i requisiti di merito, di coerenza con l’ubicazione e, preferibilmente, di relazione con la storia locale”.
La Commissione toponomastica della Commissione di Trento, sollecitata in occasione dell’iniziativa promossa da Toponomastica Femminile per aderire alla campagna “8 Marzo: Tre donne tre vie”, ad intitolare tre strade o altre aree urbane a donne che avessero rivestito un importante ruolo a livello locale, nazionale e internazionale, rispose in maniera negativa motivando che, “nelle denominazioni, l’attività della stessa non possa lasciarsi condizionare da alcun pregiudizio di genere, anche se «positivo», ma debba attenersi esclusivamente ai criteri stabiliti dalla normativa vigente (nella quale si privilegiano le intitolazioni riferite a toponimi). Nei casi in cui fosse consentito prendere in considerazione nomi di persone, l’unico criterio adottato sarebbe quello del merito riconosciuto a queste ultime dalla comunità, escludendo valutazioni di natura diversa, compreso il genere”. Una decisione fortemente criticata dalla Commissione Pari Opportunità e dalla quale presero le distanze alcuni degli stessi rappresentanti della Commissione Toponomastica del Comune (dal CORRIERE DEL TRENTINO di Mercoledì 4 aprile 2012, p. 6 e di Venerdì 6 Aprile 2012, p. 6).
Proprio in relazione all’aspetto del merito, un altro dei motivi indicato dai comuni è la scarsa presenza, nei piccoli paesi, di personaggi indigeni di prestigio -di entrambi i generi- a cui intitolare vie e piazze. Ma, in fondo, la situazione non è poi diversa da quella di tutta Italia. Troppe poche intitolazioni femminili. Troppo poche se, dal conteggio totale, sottraiamo nomi religiosi (intitolazioni alla Madonna, sante, etc. etc.) : se il criterio utilizzato – come viene riportato dalla Commissione toponomastica di Trento – è quello del merito riconosciuto, dovremmo forse trarre la conclusione che questo riconoscimento non sia stato raggiunto che da pochissime donne?