Un servizio per la società: il counseling professionale per madri. E i e padri?
di Anna Maria Ricci
Un servizio per la società: il counseling professionale per madri. E i e padri?
“L’ascolto permette a chi è ascoltato di ascoltare se stesso” Maurice Bellet, L’Ecoute.
Il Counseling per madri lo vedo come “uno degli strumenti utile “all’empowerment femminile nel mondo del lavoro e nella società”, ma cosa è e cosa intendo per counseling professionale e cosa intendo per counseling professionale per madri
Cercherò di rispondere alla domanda “cosa è l’intervento di counseling? Prendendo spunto da una delle più importanti associazioni professionali di categoria italiane che si occupa di counseling, fondata e composta unicamente da Counselor:
“Il counseling professionale è un’attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione.
Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento.
E’ un intervento che utilizza varie metodologie mutuate da diversi orientamenti teorici. Si rivolge al singolo, alle famiglie, a gruppi e istituzioni. Il counseling può essere erogato in vari ambiti, quali privato, sociale, scolastico, sanitario, aziendale”. Fonte http://www.assocounseling.it/utenti/info.asp
Cosa intendo per Counseling Professionale per madri e come si inserisce nella situazione sociale ed economica attuale italiana?
Per Counseling Professionale per madri intendo l’ascolto attivo nei confronti delle madri, delle loro esigenze più intime e profonde.
Chi sono queste madri? Sono le madri che hanno appena partorito, quelle che rimangono a casa perché hanno deciso di dare la priorità alla propria famiglia (almeno temporalmente), che rientrano al lavoro dopo 3 mesi dalla nascita dei propri figli, che decidono di rientrare al lavoro dopo anni (anche molti in alcuni casi) e che trovano un “panorama” tutto nuovo. Le madri libere professioniste che se non lavorano non mangiano, le imprenditrici e le dirigenti (poche ma ci sono) che non possono permettersi di delegare il proprio ruolo, e che magari non vogliono o non possono richiedere congedi parentali (vedi legge 53/2000), le madri che stanno a casa tutto il giorno con il figlio appena nato e aspettano i padri che tornino a casa alle 20 e alle volte non hanno il tempo nemmeno di farsi una doccia, quelle che desiderano allattare e non sanno come fare, quelle che non vogliono allattare e la vivono come una “colpa”, le madri che non hanno una rete amicale o parentale che le supportano, e che se ce l’hanno (a volte – purtroppo – capita..) non è proprio adeguata alle esigenze della nuova condizione perché le giudica e non le valorizza. Le madri di altre culture o che provengono da una città diversa da quella in cui vivono e hanno partorito e che magari non conoscono i servizi sul proprio territorio, non sanno come fare e come muoversi. Le madri che non hanno la patente e sono “bloccate” a casa, senza uscire e potersi confrontare con altre persone, soprattutto se vivono in posti isolati e non ci sono adeguati mezzi di trasporto che rispondano alle esigenze di genere (e non solo alle esigenze economiche).
Le madri che hanno più figli – poche, ma ci sono – e vanno ascoltate anche loro.
Le madri che non hanno accanto il padre dei loro figli..
Il counseling nel dopoparto serve sostanzialmente per elaborare la nascita delle proprie creature, creare una nuova rete amicale, confrontarsi, elaborare il proprio ruolo di genitore, ri-scoprire i valori della vita, parlare alla pari con altre madri (i gruppi alla pari! che sono gratuiti e fanno tanto bene!), per sostenere le donne al rientro al lavoro dopo la maternità (per chi ha un lavoro), per quelle che non ce l’hanno e vorrebbero anche lavorare per esprimersi e di conseguenza contribuire economicamente alla prosperità della famiglia, per “gestire” al meglio il rientro al lavoro (ansie, paure, dubbi, fatica, impegno, nuove sfide, rientro in “società”), per ri-trovare un nuovo equilibrio tra lavoro e famiglia (la mitica “conciliazione”), per ri-trovare il rapporto col proprio compagno, ri-trovarlo, ri-nutrirlo a favore della coppia genitoriale, del figlio o dei figli e della famiglia intera (sia formale che non, non importa).
Ma poi perché il counseling per madri? E i padri, dove sono?
Spesso i percorsi di counseling (max 10-12 incontri) durante la genitorialità vengono maggiormente scelti da donne e non da uomini per motivi di tempo (i padri lavorano sempre durante la gravidanza e nel post parto) ma anche per motivi culturali e sociali.
Dall’esterno sembra che ci sia ancora una netta divisione dei “compiti”: le donne coi figli, gli uomini al lavoro o in politica o impegnati su entrambi i fronti, se non sono attivi politicamente c’è lo sport o altri impegni.
L’ultimo rapporto sul mercato del lavoro in Italia 2011-2012, presentato il 18 settembre 2012 al CNEL descrive chiaramente che “l’Italia è indietro nel processo di femminilizzazione del mercato del lavoro”. L’aumento della partecipazione femminile si protrarrà quindi nei prossimi anni, secondo una tendenza destinata ad accrescere i servizi sostituti dell’attività domestica: aumenterà la domanda di pasti fuori casa, altre attività di servizio e la richiesta di collaboratrici domestiche”
Molto confortante l’nformazione che “vi è una differenza sulla base del genere, ossia a fronte di una stagnazione dell’occupazione maschile, crescono le occupate donne”, ma credo anche che senza il passaggio dalla DIVISIONE DEI COMPITI all’UNIONE DEI COMPITI non ci sarà nessun cambiamento nel mondo del lavoro e nemmeno nella politica attuale.
Nella mia esperienza ho visto che senza la collaborazione del compagno (se c’è) non può esistere conciliazione. Certo i servizi di conciliazione sono utili e aiutano, facilitando la vita (Tate, Doule, Colf, Domestiche, Educatrici, Lavanderie, Convenzioni..Associazioni) ma la base per la vera parità e il vero empowerment per le donne non sono “solo” le battaglie per i diritti e le pari opportunità nel mondo del lavoro ma e soprattutto nella propria cerchia personale: la propria comunità d riferimento, e la prima è la famiglia (intesa come comunità relazionale e non come stato giuridico).
Se cambiamo la relazione con noi stesse, ascoltiamo i nostri bisogni e le nostre esigenze, i nostri sentimenti più profondi e li esprimiamo, anche la relazione col padre dei nostri figli cambierà e sarà più “naturale” e “ovvio” richiedere in politica politiche per la conciliazione, politiche per il lavoro, più lavoro part time, più quote rosa…non per DIRITTO, ma per NATURALE DIRITTO e non per le DONNE, ma per tutti, DONNE e UOMINI insieme.
Credo che il cambiamento debba partire in primis da noi stesse. Il Counseling è uno strumento, non certo l’unico, non voglio nemmeno dire che sia “il migliore”, ognuno sceglie quello che preferisce per il proprio percorso di crescita, l’importante è che porti all’empowerment, all’autostima, al sentire le proprie esigenze e portarle “fuori” dall’ambito personale, portarlo “in politica”.
Lo diceva anche Gandhi “sii tu stessa il cambiamento che vorresti vedere nel mondo”
Anna Maria Ricci
Chi sono: sono una donna, madre e lavoratrice che ha fatto la scelta (ambiziosa, mi rendo conto) di conciliare la mia realizzazione personale-professionale con la famiglia (2 figlie 8 e 4 anni e 1 compagno di vita da 20 anni). E’ sempre stato un mio sogno e ci “lavoro” con tutte le mie risorse, energia e passione.
Sono anche appassionata di pari opportunità, me ne occupo da sempre facendo parte del genere femminile e, diventata “grande”, me sono occupata facendo parte di un organismo consultivo dell’amministrazione comunale in cui risiedo (“Il Consiglio per le Pari Opportunità”), un percorso bellissimo terminato recentemente e che consiglio a tutte le donne di percorrere.
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