di Caterina Della Torre
Conosciamo Raffaela Scaglietta da un po’ di anni, da quando è partita per un viaggio itinerante per la Cina e ci inviava le sue impressioni. Ma di tempo ne è trascorso e le cose sono cambiate…
Romana, del 1966, ha divorziata ma continua a vivere a Roma. Ha fatto almeno 20 traslochi di casa tra Bruxelles, New York, Tokyo e Roma e non ha ancora finito. Sogna di avere una casa sua e di verniciarla e arredarla di tutti i colori.
Raccontaci la tua attività di fotografa che negli anni è mutata:
Quando hai cominciato e perché?
Con la fotografia ho cominciato in Asia. Ma prima ancora ho iniziato a NyC con una videocamera. All’epoca vivevo e lavoravo a Bruxelles e un’estate sono andata a seguire un workshop in America. Lavoravo già per la televisione e mi capitava di fare da producer per alcuni giornalisti ma volevo imparare a girare con una telecamera e usare una macchina fotografica. Così imparai in fretta e trovai un nuovo modo per esprimermi. Poi sono arrivata a Tokyo e ho comprato la mia macchina reflex e ho iniziato a scattare immagini per strada.
Nel tempo ho scoperto che la macchina fotografica e il video erano un mio modo di comunicare con il mondo in modo + sincero e profondo . Era diventato una specie di gioco e una sfida personale, uno strumento creativo per conoscere il mondo.
Adesso la fotografia è diventata il mio canale che trasporta il vento della mia anima, tutto ciò che muove i miei sentimenti, anche quelli più complessi, più sofferti e ovviamente anche quelli della felicità, della speranza, dell’amore.
Il tuo viaggio in Cina e poi?
Il viaggio in Cina è stato un punto di fine e un’inizio di una fase della mia vita.
Dopo quel viaggio è iniziato a cambiare tutto nel bene e nel male. Sono stata fortunata a vedere quella Cina lì che non esiste già più e che adesso è diventata un’egemonia mondiale. Ricordo ancora quei treni affollati, vecchi e scomodissimi e quel megafono della radio cinese continuo e tutti quei viaggiatori ambulanti che entravano dai finestrini e vendevano le galline o le uova sode che solo a vederle facevano venire mal di pancia.
Quando facevo vedere le mie immagini della Cina, pensavano che fossi andata sulla luna. Dopo un viaggio così la vita di una persona non è più la stessa.
Sono tornata a Tokyo dopo quel viaggio e ho iniziato a lavorare per l’Ansa dopo qualche anno sono tornata a Roma.
Pensavo di fermarmi solo qualche mese, invece sono rimasta qui.
Ed ora cosa fai?
Dopo una pausa dal giornalismo, un periodo molto difficile anche economicamente , in cui però sono riuscita a viaggiare, andare in Messico, lavorare di più sulla mia fotografia e lavorare anche per l’Ambasciata del giappone a roma sono tornata in Giappone, nelle zone colpite dallo tsunami nucleare e ho pubblicato un lungo reportage sul Corriere della Sera con cui ho riaperto una collaborazione giornalistica iniziata tanti anni fa a Bruxelles. E’ stato come tornare a casa. Una bella sensazione interiore e senza dubbio una grande soddisfazione professionale. Mi hanno dato l’opportunità di ricominciare a lavorare anche con il video e così ho pubblicato un primo video reportage sui sinti di Roma. Adesso vorrei continuare su questa strada , e lavorare sui mutamenti sociali della nostra società.
Da pochi mesi ho iniziato una collaborazione con la Fao sempre nell’ottica di rimanere aperta verso il mondo. In questo momento storico credo che la chiave di svolta sia quella di fare una rivoluzione interna, cambiare il modo di vedere e di essere e usare tutte le risorse in modo molto aperto e coraggioso. Ma cercare di vedere tutto a 360 gradi. La crisi europea è senza dubbio forte. Ma non esiste più solo l’Europa. Certo è vero che viviamo una crisi economica senza precedenti e molti non sanno bene come affrontare il presente e posizionarsi nel futuro. Ma ci vuole forza d’animo e usare tutto quello che si sa fare al meglio. Questa sarà la nostra salvezza. Per quanto mi riguarda la mia di salvezza è il giornalismo e la fotografia.
Hai avuto vicissitudini pesanti. Come ti sei rialzata?
Abbiamo sempre la tendenza a vedere i nostri problemi e vicissitudini come le più pesanti e ingiuste del mondo. Siamo cresciuti come una generazione che avrebbe fatto miracoli. Tante aspettative sulle nostre spalle. Almeno nel mio caso tutto doveva andare seguendo una certa traiettoria. Poi la vita ci porta davanti a delle scelte e situazioni molto drammatiche e non siamo preparati e forse chi ci sta accanto è meno preparato di noi. Così quando è successo a me, mi è crollato un mondo sulle spalle. Ho perso il lavoro per motivi economici – ed è stato umiliante, doloroso e molto pericoloso perché c’è stata la negazione di un lavoro molto serio fatto in Asia. Comunque mi sono trovata nuda e umiliata davanti ad un tribunale del lavoro che non ha riconosciuto il mio lavoro e il mio contratto di lavoro. Spero sia stato un errore. Come succede in situazioni ben più gravi quando riguardano la salute umana o i casi penali. Ricordo ancora quel terribile giorno passato a Roma. Era la vigilia di Natale, quando mi dissero che avevo perso la causa. Era una giornata grigia, ma calda. Uscìì di casa in lacrime e camminai per Roma per ore e ore senza meta. Un’immagine terribile e un dolore intenso che non auguro a nessuno.
Ho vissuto questo momento come un enorme tradimento alla mia etica professionale e umana. Ma sbagliavo. Inoltre mi ero separata e vivevo in una stanza sui tetti di roma. Quel giorno della mia vita ho capito che l’unica via percorribile era quella di cambiare tutto e di fermarsi fisicamente. Ma rivoluzionare tutto all’interno. E così ho lavorato notte e giorno su questo. E sono riuscita a trasformare quella brutta storia in una vittoria. Me ne sono resa conto quando scattavo le foto in Giappone quest’anno. Accanto a persone che avevano perso tutto e che si lasciavano fotografare come degli eroi, dei sopravvissuti dell’umanità. Tra le spiagge deserte di un mare che aveva portato via ogni cosa. E’ stato bellissimo fotografare la quiete dopo la tempesta. Condividere con i giapponesi questi sentimenti di speranza.
Tutto cambia nella vita. Si cade, a volte si può anche precipitare, ma solo la nostra migliore forza interna ci aiuta e la bontà e l’umanità delle persone che si restano accanto nei momenti più difficili- senza chiedere nulla in cambio.