Il 4 luglio di quest’anno la Giunta Capitolina, nella Sala delle Bandiere in Campidoglio, ha deliberato la denominazione di 11 nuove aree di circolazione pubblica in alcuni municipi di Roma. La notizia di per sé non sembra significativa, se non per il fatto che, delle 11 nuove intitolazioni, sei sono dedicate a figure femminili e 3 celebrano uomini.
Se a queste aggiungiamo le intitolazioni di due giardini nel XV municipio, allora l’evento acquista interessanti sfumature. Inoltre, tre delle nuove denominazioni stradali sono state desunte dall’elenco dei nomi femminili che il gruppo di Toponomastica Femminile ha fatto pervenire all’Ufficio Toponomastica del Comune nella tarda primavera.
Le sei intitolazioni ricordano altrettante donne molto diverse fra loro per periodo storico, importanza culturale, esperienze vissute. Nel tessuto cittadino questi percorsi condividono un aspetto un po’ marginale, nascosto e periferico, come purtroppo abbiamo imparato a capire. L’assenza di memoria nei confronti delle donne ha portato a riempire le città di tracce commemorative al maschile, lasciando a disposizione soprattutto quartieri di recente formazione o aree verdi.
La prima intitolazione, nel II municipio, riguarda un viale dedicato a Maria Josè di Savoia, ultima regina d’Italia, la Regina di maggio. Il viale si allunga a partire da largo Umberto II, re d’Italia, all’interno di Villa Ada, esteso parco cittadino che prende il nome della moglie del penultimo proprietario – il conte Tellfner – amministratore dei beni dei Savoia. All’inizio del ‘900, dopo la breve parentesi dei Tellfner, la casa reale tornò a essere proprietaria della residenza lungo la via Salaria, fino al 1946 quando, dopo il referendum del 2 giugno, Umberto II e Maria Josè lasciarono l’Italia per l’esilio.
E ancora. Due viali, questa volta nelle nuove aree in continua trasformazione edilizia del IV municipio, per due attrici italiane: Elena Fabrizi, più nota fra i romani come “Sora Lella”, caratterista in numerosi film nonché famosa ristoratrice dell’isola Tiberina, e Ave Ninchi, celebre attrice marchigiana, protagonista di numerose commedie italiane degli anni Cinquanta accanto a Aldo Fabrizi, Totò, Alberto Sordi … I nomi delle due donne fanno parte di un lungo elenco presentato dal gruppo di Toponomastica Femminile all’Ufficio competente del Comune di Roma che, a sua volta, l’ha sottoposto al vaglio della Commissione. Sempre a cura delle ricercatrici del gruppo, il 6 maggio scorso su Nuovo Paese Sera.it sono apparsi due articoli sulle suddette attrici, con un invito a intitolare loro aree di circolazione capitoline.
L’iniziativa di pubblicare biografie e memorie delle donne sulle pagine on-line del quotidiano è nata per far conoscere le figure già presenti nell’odonomastica cittadina e ricordare quelle donne che sarebbe bello commemorare su una targa stradale. Una volta tanto, le proposte sono state accettate.
Tre nuove strade anche nel XX Municipio, uno dei più “avari” nel ricordare le donne: solo 6 strade contro le 424 dedicate agli uomini, una ogni settanta intitolazioni maschili.
A Germana Stefanini è stata intitolata la cosiddetta via di Fondovalle, un’arteria che collega via Due Ponti a via di Grottarossa, nella zona Nord della città. Germana Stefanini era una vigilatrice penitenziaria del reparto femminile del carcere romano di Rebibbia, insignita nel 2007 della Medaglia d’Oro al Valore Civile. La donna venne rapita dalle Brigate Rosse il 28 gennaio 1983, sottoposta a “processo” e in seguito uccisa.
Via Lydia Monti, invece, parte da via di Grottarossa, ma è una strada, per ora, senza uscita. Il nome meritava sicuramente di più: laureata in chimica, Lydia Monti ha avuto una brillante carriera universitaria, è stata docente di chimica organica, di chimica farmaceutica e tossicologica, preside della facoltà di farmacia dell’Università di Siena tra il 1958 e il 1960, incarico che pochissime altre donne hanno potuto raggiungere. Anche la sua vita è stata ricordata sulle pagine di Nuovo Paese Sera.it, il 10 giugno scorso. La biografia suggeriva una possibile intitolazione stradale nel III Municipio, vicino ai tanti nomi di medici e scienziati che si susseguono tra la Città Universitaria e il Policlinico Umberto I. Non è andata così, ma il suo nome è comunque annoverato nell’odonomastica cittadina, seppure ai suoi margini.
Stessa sorte per un’altra figura proposta all’ufficio Toponomastica del Comune e, in seguito, alla Commissione Consultiva di Toponomastica: parliamo di Trotula de Ruggiero, medica della Scuola salernitana dell’XI secolo. Anche la nuova via si allunga nella periferia nord della città, sempre nel XX Municipio. Trotula fu scienziata nel periodo medievale, quando la medicina si intrecciava con pratiche “magiche” e le donne erano escluse dalla conoscenza. Venne ammessa nella Scuola salernitana, si dedicò alla salute femminile e a studi che potremmo definire ginecologici. Le sue diagnosi e le sue cure riuscivano a rassicurare le donne e a far nascere, fra paziente e medica, un rapporto di confidenza e di serenità che di certo mancava con i dottori. E’ stata anche autrice di una trattato medico, Practica secundum Trotam, scoperto alcuni decenni fa.
I due giardini intitolati a figure femminili si trovano dall’altra parte della città, nel XV Municipio. Sono dedicati a Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata al mondo, e a Laura Maria Caterina Bassi, matematica e biologa del XVIII secolo, prima donna a intraprendere una carriera accademica e scientifica in Europa. Si tratta in questo caso di un interessante e riuscito incontro fra mondo scientifico (CNR e associazioni culturali) e cittadinanza, che, dimostrando interesse e curiosità, ha partecipato alla stesura di un nutrito elenco di scienziate, anch’esso sottoposto al vaglio della Commissione Consultiva di Toponomastica del Comune di Roma.
Altri nomi di donne, quindi, aspettano di essere incisi nei percorsi cittadini, nei giardini e nei parchi pubblici, speriamo anche nelle biblioteche, nelle piste ciclabili, nelle rotonde che ormai districano il nostro traffico viario.
Una cosa è certa: comincia a essere riconosciuto, anche dalle istituzioni, lo squilibrio sessista dell’odonomastica cittadina. La discriminazione passata, la cancellazione della memoria, la disattenzione verso la storia femminile hanno creato un’invisibilità delle donne anche nelle targhe delle strade. Il cammino è ancora molto lungo, ma l’azione e la determinazione saranno altrettanto incisive e durature.