Cosa succede se si decide di lasciarsi tutto alle spalle e iniziare una nuova vita proprio a Berlino? Ecco una Guida pratica per italiani in fuga.
di Marina Convertino
Se scegliete Berlino come prossima meta per un viaggio turistico, vi consiglio di iniziare la vostra visita dal Checkpoint Charlie, uno dei punti più noti di passaggio tra l’Est e l’Ovest fino alla caduta del Muro di Berlino: a parte la ricostruzione della guardiola americana e una ricca documentazione fotografica che ricostruisce i momenti storici più significativi della storia della città, non ci troverete molto altro. E’ partendo da qui, tuttavia, che va compresa la Berlino attuale, nella fusione di due realtà contrapposte e per questo in piena evoluzione. Una città che deve re-inventarsi nella realizzazione di una unificazione sociale e culturale rappresenta una meta non solo turistica, ma il fascino di una nuova Terra Promessa. Cosa succede allora se si decide di lasciarsi tutto alle spalle e iniziare una nuova vita proprio a Berlino? Quali prospettive concrete si trovano e quali difficoltà?
Lo chiedo a Gabriella Di Cagno co-autrice con Simone Buttazzi, della guida “Tutti a berlino. Guida pratica per italiani in fuga”. A chi è rivolta questa guida, esattamente?
Il libro si rivolge a tutti coloro che, principalmente dall’Italia, vorrebbero trasferirsi a Berlino, ciascuno per motivi diversi, ma non hanno cognizione degli step da affrontare. Noi abbiamo cercato di ripercorrere i nostri passi e sfruttare la nostra esperienza personale, arricchendola però e completandola con il “senno di poi”, confrontandola con le altrui esperienze e verificandola alla luce delle informazioni più aggiornate. Com’è nata l’idea di scrivere una guida per italiani in fuga? Da quando sono arrivata a Berlino, circa sei anni fa, sono stata contattata da molti italiani che avrebbero voluto fare questo passo o stavano per farlo. Le richieste di aiuto e appoggio sono state le più varie, ma soprattutto relativamente alla situazione immobiliare, che è stata la mia esperienza più importante, direi uno dei motivi che mi hanno spinta a compiere l’esperienza berlinese. Sono la prima ad ammettere di essere arrivata qui con la testa piena di illusioni, di miti e di buoni propositi che non ho realizzato. E, tuttavia, ho imparato cose che non avevo cercato, affrontato e risolto situazioni impreviste e anche di una certa difficoltà. Però, se avessi avuto un vademecum… avrei risparmiato tempo, fatica, denaro e arrabbiature.
La tua guida è una bussola per orientarsi nel mare di difficoltà di una grande metropoli: da come aprire un conto corrente bancario a come accedere all’assistenza sanitaria, come registrarsi al municipio e come cercare un lavoro. Un capitolo molto interessante è quello dedicato al tema del lavoro e della disoccupazione. Rispetto al sistema di Welfare presente in Italia, come definiresti le attuali politiche assistenziali in Germania, anche alla luce delle riforme introdotte dal governo Merkel nei confronti degli immigrati?
Non sono edotta a sufficienza per poter fare un confronto diretto fra i due sistemi, ma posso dire che il governo Merkel ha varato un provvedimento molto discusso e discutibile, che è stato addirittura contrastato nei tribunali e da altre forze politiche nella stessa Germania. Nell’ambito dei tagli alla spesa per il Welfare, è stata ridotta la possibilità di accedere ai sussidi di povertà e disoccupazione di secondo livello per i cittadini non tedeschi. Questo perché si teme un massiccio ricorso alle sovvenzioni statali da parte dei cittadini sudeuropei, diciamo pure dei paesi “della crisi” (Italia, Spagna, Grecia) i quali, nell’immaginario collettivo, abusano strumentalmente delle leggi a tutela dei lavoratori e dei residenti in difficoltà. In realtà potrebbe essere un pretesto, dato che, a quanto ci hanno riferito negli uffici di patronato locali, non sono gli stranieri i primi ad abusare di questi sussidi, bensì proprio i tedeschi.
Come definiresti la città, alla luce della tua esperienza?
Ci sono due possibili risposte a questa domanda: il mio giudizio personale, soggettivo e quindi opinabile, oppure un tentativo di fornire una sintesi oggettiva che colga l’atmosfera di Berlino. Per quanto mi riguarda, sono arrivata qui dopo un soggiorno fiorentino lungo ventotto anni, e l’estetica medievale e rinascimentale mi usciva dagli occhi, così come la staticità di un luogo congelato nel tempo del passato remoto. La modernità di Berlino mi ha risvegliata da questo torpore come una sberla in pieno viso: la città è un compendio di storia del Novecento (il mio secolo preferito nella storia e nella letteratura) e reca il segno esplicito delle ferite del nazismo, della seconda guerra mondiale, della guerra fredda. Io sono nata due mesi dopo il muro di Berlino, la mia coscienza politica si è formata in epoca di blocchi contrapposti, non riesco tuttora a prescindere dalle ideologie e qui a Berlino trovo una certa specularità intellettuale e… visiva. Per passare dal macroscopico al quotidiano, aggiungo la banale constatazione di contare su una rete di mezzi pubblici strepitosa, che ti assicura di giungere ovunque e in tempo, cosa che a Firenze non posso proprio affermare fosse realtà. Di Bari non saprei, mai preso un autobus. Per me questo aspetto è di vitale importanza!
Quanto alle caratteristiche oggettive della città, non direi che Berlino sia culturalmente più vivace di Londra, per es., ma diversamente da Londra Berlino assomma pregi tipici della tranquilla provincia al ritmo della metropoli, coniugando sicurezza sociale, costo della vita più che accettabile e una vertiginosa offerta di svago ed intratteni mento per il corpo e per la mente. È questo che la rende oggettivamente diversa dalle altre capitali, la sua anima variegata e a tratti contraddittoria.
Perché secondo te gli italiani vanno “tutti a Berlino”?
Naturalmente “tutti” è un paradosso, un espediente retorico per sottolineare l’afflusso di massa, ma non tutti vanno a Berlino, e per fortuna! Difficile rispondere in una battuta alla domanda del perché tanti italiani sono arrivati e si trovano così bene da voler restare. Credo che bisogna ragionare anche per categorie: i giovani genitori trovano un tappeto rosso, i single non si sentono in minoranza (sono la maggior parte degli abitanti), gli omosessuali possono vivere alla luce del sole e dimenticarsi un contesto omofobo ostile, i disoccupati possono sperare di trovare uno straccio di lavoro, i professionisti come ingegneri o informatici sono ricercatissimi, le persone intraprendenti trovano una nicchia di mercato e realizzano la loro idea imprenditoriale con minor rischio ed energia di quel che occorrerebbe in Italia… e via dicendo.
Dimmi un buon motivo per scegliere di trasferirsi a Berlino e uno per decidere di restare in Italia, dal tuo punto di vista ovviamente. Premesso che io non spingo nessuno a partire o a restare, perché le considero entrambe scelte legittime e assolutamente soggettive, credo che partire per una esperienza in un paese straniero sia, nel momento attuale, una iniezione di vitalità per gli italiani. Berlino accoglie gli stranieri con correttezza e concede il giusto tempo per ambientarsi, senza stressare i residenti con troppe esigenze. Restare in Italia in questo momento di difficoltà significa per contro poter lanciare una sfida a se stessi, in termini di impegno e resistenza. Significa dimostrare che si tiene al proprio paese tanto da voler restare e rilanciare progetti. Io stessa sto scegliendo di ritornare a vivere parte dell’anno (e quindi della vita) in Italia, perdipiù nella mia regione di origine, la Puglia. E di investire là parte del mio tempo, energie, denaro, non solo godere del sole e del mare.
Non può mancare una domanda relativa alla condizione femminile. L’Italia è all’ottantesimo posto nella classifica delle pari opportunità, come si legge nel rapporto 2012 del World Economic Forum “Global Gender Gap”. Com’è la situazione in Germania?
Per quello che posso osservare dalla mia limitata visuale, anche a Berlino la perfetta simmetria tra sessi, la parità assoluta in campo dei diritti non è stata raggiunta. Mi dicono (fonti ufficiali), che gli stipendi sono, a parità di curriculum e mansioni, ancora non equiparati, per esempio. Certo, nella vita quotidiana sono favorevolmente colpita da scene di giovani padri che spingono il passeggino o portano bambini maschi e femmine al parco giochi, e non solo la domenica. Oppure fanno la spesa con il carrello, come le massaie. Lo Stato poi si impegna in progetti di sostegno alle donne ed è sensibile alla condizione femminile di gruppi in difficoltà: non parlo tanto delle ovvie offerte di corsi di integrazione rivolti alle immigrate, quanto piuttosto della tutela di una categoria debolissima quale quella delle “ragazze-madri”, termine che in tedesco non esiste (il termine unisex è Alleinerziehende). Alla luce della considerazione che qualunque minore di 12 anni ha diritto al sostentamento, lo Stato berlinese eroga gli alimenti alle donne sole con figli in questa fascia di età, sostituendosi alla figura paterna qualora questa mancasse. Al contempo però, uno speciale ufficio di “cacciatori di teste” si impegna nella ricerca del padre manchevole e, salvo che non sia defunto, lo rintraccia in capo al mondo e pretende il risarcimento di tutte le spese sostenute, obbligandolo a staccare l’assegno di mantenimento da quel momento in poi. Io mi sono offerta di fare attività di volontariato per questo ufficio!
Cosa consiglieresti a un turista italiano che si affaccia per la prima volta a Berlino e ha poche ore di tempo per visitarla?
Di visitare un solo museo: il Pergamon, gioiello della museografia di inizio Novecento. Poi, di camminare a piedi lungo Unter den Linden, dall’Isola dei musei, passando davanti all’università che fu di Karl Marx e Friedrich Engels, fino alla Porta di Brandeburgo. Di salire (ingresso gratuito) alla cupola di vetro del Reichstag, il parlamento federale. Di visitare il sito-memoriale del Muro che si sviluppa all’aperto lungo la Bernauer Strasse. Di percorrere in auto la Karl-Marx-Allee con le sue quinte di palazzi di regime. Di inoltrarsi nel Treptower Park, a visitare il memoriale ai soldati dell’Armata Rossa morti nella battaglia di Berlino che mise fine alle loro vite ma anche alla seconda guerra mondiale e al nazismo. Glielo dobbiamo. Berlino è una città moderna, tetra e gelida, l’atmosfera estetica delle città italiane e l’antichità non sono qualcosa da ricercare qui. Tutto quanto proposto si fa in un sol giorno.
E ora qualche domanda personale: questa è la tua prima esperienza di scrittura o hai all’attivo altre pubblicazioni? Ho un curriculum di autrice “accademica”, ovvero ho cominciato nel 1991 con un saggio scientifico, poi mi sono specializzata in pubblicazioni di storia dell’arte per il grande pubblico (adulti e bambini), continuando la ricerca e la pubblicazione di articoli e contributi universitari, ma questa è la prima esperienza di scrittura a quattro mani. Simone, il co-autore, è maschio ma in compenso è gay e siamo andati d’amore e d’accordo. Siamo riusciti a condividere un progetto di scrittura anche divertendoci grazie al registro ironico che cementa la nostra amicizia personale e che utilizziamo nella vita di tutti i giorni.
Sei partita da Bari, città dove sei nata, approdata a Firenze per gli studi universitari e trasferita a Berlino inseguendo forse un sogno giovanile. Se dovessi immaginare la tua prossima meta?
Ma io già la immagino: la Spagna. Convinci chi sta leggendo questa intervista a comprare la tua guida, in una battuta. Compratela per incrementare i proventi dai diritti d’autore e, se non volete trasferirvi a Berlino voi stessi, regalatela a qualcun’altro. Magari per natale. Comunque farete del bene!
Marina Convertino – Nata a Milano, vive a lavora in un istituto di credito a Bari diventata sua città di adozione, dove cerca di coltivare nei ritagli di tempo la passione per la scrittura. Disposta ad impegnarsi con dedizione estrema per una ‘buona causa’, ama la lettura e la filosofia.
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