di Cristina Obber
Lunedì 5 novembre al circolo della stampa di Milano ha parlato Laura Puppato, in una sala traboccante di persone; ogni tanto bisognava aprire le finestre per far entrare un po’ d’aria.
Una candidatura dal basso la sua, non solo senza appoggi di partito ma osteggiata dal partito in tutti i modi, dagli uomini di un partito che preferiscono fingere di ignorarla anziché proporsi in un confronto “democratico”, appunto.
Probabilmente perché spaventa che gli elettori si trovino di fronte ad una persona “normale”, che non esce da un frullatore di curatori di immagine e di esperti di marketing ma da un’esperienza quotidiana con problemi da risolvere e programmi da attuare. Spaventa che piaccia agli italiani, che le donne e gli uomini di questo paese sofferente votino per lei.
Il curriculum ce l’ha: impegnata da vent’anni nelle battaglie civili per la difesa dell’ambiente e per il pacifismo, consigliera regionale in Veneto, è attualmente presidente del forum delle politiche ambientali del pd; sindaca virtuosa e lungimirante, è stata capace di tradurre in fatti concreti (il miglioramento effettivo della qualità della vita nel suo territorio) i propri valori di cittadina, dimostrando che la buona politica esiste, che si può fare politica senza cedere alla tentazione di tradire il proprio patto con gli elettori anteponendo interessi personali al bene comune. La buona e la cattiva politica dipendono da scelte individuali.
Tanti gli argomenti toccati durante la serata, tante le domande alle quali ha risposto con determinazione e competenza. E con umiltà, perché laddove non ha posizioni definitive non ricorre a dichiarazioni astratte ma si ripropone approfondimenti.
Puppato si definisce “determinata ma conciliante”, “per condividere piuttosto che contrapporre”.
Non è facile condividere abituati a una politica che ha fatto della conflittualità l’unica modalità di comunicazione e relazione.
La mediazione è un terreno delicato, ma volte può rappresentare un atto di coraggio, perché mette in crisi i rapporti ideologicamente consolidati, espone alle critiche e apre ad un percorso di discussione molto arduo e spesso estenuante con la controparte.
Puppato si dichiara conciliante ma ferma su questioni imprescindibili come la 194, precisando che tra la volontà del medico e la possibilità che un diritto non possa essere attuato, prevale il diritto, che va indiscutibilmente rispettato.
Su questo punto è stato interessante l’intervento di Adele Teodoro, ginecologa, che ha sollevato il problema dell’obiezione di coscienza e ha scongiurato l’orrore dei cimiteri per i feti (come quello approvato a Firenze ad inizio 2012 dal democratico Renzi). Un altro intervento ha riportato che in Svizzera se un medico si dichiara obiettore il suo diritto all’ obiezione viene rispettato ma nell’equilibrio tra diritti e doveri (dovere di rispettare una legge dello stato) non gli viene concesso di essere assunto in un impiego pubblico.
Puppato ha parlato di “vergogna” per una regione come il Veneto, ad alta densità di obiettori, che costringe le donne ad emigrare in altre regioni italiane per interrompere la gravidanza, con un aggravamento del disagio psicologico dovuto anche all’ inaccettabile allungamento dei tempi.
Sarebbe importante richiamare l’attenzione di un mondo cattolico di donne e di uomini che forse non si sono interrogati abbastanza sui principi fondanti di questa legge, che non è contro la vita ma a difesa della vita, di tutti e di tutte.
La 194 ha debellato la mattanza degli aborti clandestini, ha dato alle donne la possibilità di una scelta consapevole e assistita.
La 194 è una legge di diritti ma anche di doveri, perché richiama al dovere di rispettare l’altro come te stesso, sancito dai quei principi cristiani che come quelli della costituzione andrebbero riletti e riaffermati.
Tra le domande anche una sulla del 25 novembre (giornata mondiale contro la violenza sulle donne) per il voto delle primarie; Puppato ha risposto con una proposta: devolvere parte dei due euro raccolti –stimati dai tre ai quattro milioni i votanti- alla rete dei centri antiviolenza.
In sala c’era Marina Guarneri, presidente onoraria della Casa delle donne maltrattate di Milano, da più di trent’anni operativa in difesa delle donne, a combattere contro l’irresponsabilità delle istituzioni e il silenzio della società civile.
Perché tante donne la politica non la gridano, la fanno. Tutti i giorni.
1 commento
Fa piacere leggere che qualche donna che si presenta in politica mantenga la propria capacità di vedere e di sentire le cose, in un modo del tutto femminile, perchè in fondo i problemi e le necessità hanno sempre risoluzioni che coinvolgono entrambi gli emisferi celebrali senza la predominanza di uno in particolare. Anche qui in Oltrepò si parla spesso della Puppato e sicuramente otterrà dei buoni risultati, almeno lo spero vivamente. Per quanto attiene alla mediazione, sono del parere che i veri mediatori sono dei veri e propri “guardiani della soglia”, intendo dire che la società attuale ha bisogno di persone che effettivamente rimangano in ascolto, sviluppando un grado di attenzione che favorisca non solo la comunicazione ma che facciano emergere anche altri aspetti, legati alla cultura, alle tradizioni e alla fine al rispetto dell’altro per quello che è e non per quello che noi pensiamo debba essere. Un pò come si fa con i figli. Io non credo alla durezza, propendo per l’autorevolezza in certi casi ma direi che le donne non devbbano dimenticare quella parte fatta di sensazioni, emozioni e consapevolezza che viene dal profondo e che, sicuramente, spinge ad un passo più leggero ma che si concrettizza nel raggiungimento dell’obiettivo attraverso un percorso che parla già da sè.