Siamo nell’epoca delle start-up. Anzi, di più, il futuro è delle start-up. Le done che fanno?
È ormai acclarato, siamo nell’epoca delle start-up. Anzi, di più, il futuro è delle start-up.
Opportunità economica ma anche strada per ridisegnare e, si spera, per migliorare il mondo se non addirittura cambiarlo, le start up sono il tema del giorno. Riempiono le pagine dei giornali, dono oggetto di tavole rotonde, seminari ma soprattutto di cospicui finanziamenti e di osservazione privilegiata da parte dei raider. Ma oltre a tutto questo, sono anche “donna”?
Dalle ultime ricerche risulta che la presenza femminile nel mondo delle start-up è in rapporto di 85-15, cioè di una donna ogni sei maschi, un rapporto che scende ancora se consideriamo la paternità delle idee di partenza.
La ragione di tutto questo? Al momento sconosciuta. Resta però l’effetto, una sconfortante mancanza di femminilità, di pensiero femminile nei luoghi dove si costruisce il mondo che sarà.
Siamo forse di fronte a un sistema di potere maschile e maschilista che si sta prendendo una rivincita rispetto alle tante posizione perse in questi anni? Niente di tutto questo, perché paradossalmente non esiste un territorio più aperto e libero di quello delle start-up. Entrare in campo è facilissimo, bisogna solo avere una idea e applicarsi per lanciarla. Se hai l’idea, nulla ti può fermare, nessun ostacolo può essere frapposto al cammino della start-up.
Le statistiche, per una volta, non parlano di diritti negati, di situazioni paradossali, di poteri esercitati anche subdolamente, ma solo di una totale assenza, se non voluta, certamente registrata passivamente senza nessun tentativo di modificare la situazione.
Eppure questa assenza rischia di annullare in poco tempo anni di lotte e di conquiste. Perché significa che il mondo che sarà ancora una volta si sta costruendo senza le donne, forse non contro di loro, ma certamente senza.
9 commenti
Le donne non mancano di immaginazione e competenza ma forse temono di indebitarsi e di non riuscire a portare avanti il progetto.
Le donne non mancano di immaginazione, ma di mezzi e secondo me spesso le idee femminili vengono realizzare da uomini, magari rivisitate e aggiustate opportunamente.
Però Antonio ha ragione, dovremmo avere un po’ più di coraggio visto che le idee non ci mancano.
Quando non si hanno risorse finanziarie il rischio è che l’idea venga realizzata da altri che ha liquidità o credito.
Hai ragione Antonio, abbiamo un grande potenziale, dovremmo avere più coraggio.
Buonasera Antonio, sono stata ad un seminario-tavola rotonda sul tema dell’imprenditoria femminile in Toscana e i numeri che ci hanno fatto vedere non FIDUCIOSI rispetto all’imprenditoria femminile, anche se credo che sicuramente possiamo fare di più, se per start up intendi start up d’impresa. La Unioncamere della Regione Toscana ha scritto (vedi report nel link che ho allegato a questo post) che ci sono imprese femminili (25% del totale) e “che nel secondo trimestre del 2012 In un momento di crisi del mercato del lavoro come quello attuale, con tassi di disoccupazione in crescita e limitate possibilità di un “posto fisso”, la popolazione femminile della Toscana risponde alla crisi con un’alternativa: “mettersi in proprio”. Mentre l’imprenditoria femminile torna a crescere, quella maschile continua a ridursi (-0,4% pari a -1.379 unità in dodici mesi), confermandosi più vulnerabile ai colpi della crisi economica”.
Credo anche che se è vero che le start up possono avere finanziamenti, è anche vero che un’idea deve essere oggetto di business plan e la possibilità che l’idea sia nuova, e soprattutto sostenibile nel tempo.
Il futuro è donna? Qualcuno se lo chiede. Credo che lo potrà essere nella misura in cui si rafforzeranno azioni prima di tutto pedagogiche/educative. Come si fa a pensare che le bambine, ipotetiche future start-up, si proiettino magicamente in questa dimensione propositiva e dinamica se fino dalla più tenera età si propongono loro, dai testi delle scuole elementari, ai discorsi che ascoltano, alle immagini dei media, modelli di una donna spesso cretina e/o spogliata, oppure destinata alla cura: mamma, insegnante, al massimo medico, oppure commessa,segretaria ecc, cioè tutte figure o preposte alla cura o subalterne rispetto a qualcuno. Il lavoro che ci aspetta, intendendo il sostegno all’affermazione della donna, passa innanzitutto da una trasformazione della mentalità di tutti, uomini e donne. Quale strategia mettere in campo per far cambiare mentalità agli uomini che prima di diventarlo sono bambini e ragazzi? Io credo occorra misurarci su questo fronte attraverso molteplici azioni orientate in varia direzione. Un lavoro di lunga lena…
È’ vero la percentuale delle donne che costituiscono imprese startup e’ bassa rispetto a quella degli uomini, ma non credo che questo possa realmente considerarsi una male.
Com’è noto, le startup sono società di giovane costituzione, fortemente innovative e, certamente ad alto rischio, che richiedono il ricorso a capitali di terzi…
Le donne, per loro natura, sono meno propense degli uomini ad affrontare il rischio soprattutto se questo non è’ stato preventivamente ben vagliato, ponderato.
Dunque, ritengo che la minor percentuale esistente di imprese startup al femminile sia dovuto alla mera circostanza che le stesse, fortemente pragmatiche, agiscono con responsabilità’ e, quindi, danno avvio al progetto solo se questo ha davvero buone prospettive di riuscita e di reperimento di capitali e non certo perché manchino di coraggio o di capacità.
La mentalita’ maschile ed il modo di approcciarsi al lavoro e’ diversa ma… diversi sono anche i risultati conseguiti… sul punto sembra utile rammentare i dati emersi dalla Mind the Bridge Survey 2011 che ha segnalato come il 40% delle startup italiane non erano ancora formalmente costituite e il 9% di quelle costituite si erano incorporate con società’ estere…
Meglio una percentuale di startup sane piuttosto che un maggior numero di sturtup fallimentari.
Ecco il link citato nel mio commento
http://www.starnet.unioncamere.it/Imprenditoria-femminile_6A741B191
Antonio, hai ragione nell’osservare che ancora in certe situazioni e contesti decisionali la presenza femminile continua ad essere debole e poco rappresentativa (considerando che più della metà della popolazione italiana è costituita da donne) come anche il fatto che il mondo del lavoro come anche quello politico continua ad essere prevalentemente maschilista… sia perché prevalgono presenze maschili sia perché, in virtù di questo, le regole, i termini e i tempi continuano ad essere calibrati su esigenze prevalentemente maschili.
personalmente non penso in termini di donne versus uomini, bensì di donne E uomini, ovvero in un cambiamento che miri sempre più alla co-esistenza delle differenze di genere, così che, proprio in virtù delle differenze e quindi delle peculiarità del genere femminile e di quello maschile, possiamo fare un salto di qualità, sviluppando idee brillanti, progetti innovativi, una crescita e un miglioramento generale…
Concordo con chi nota le difficoltà di accesso al credito (enormi per tutti ma per le donne molto peggio) e chi ricorda che le imprese femminili falliscono molto meno. E con chi ricorda l’impatto di un’educazione martellante a considerarsi cretine. Un lavoro assiduo sui modelli proposti a ragazze e ragazzi è indispensabile. A tutto questo aggiungerei una scarsa cultura imprenditoriale e organizzativa tipica del nostro paese in genere appena si esce da dimensioni minime.
…suggerimenti a una donna che sta per avviare una start-up…?