Le donne hanno fatto enormi passi in avanti negli ultimi decenni e anche quei lavori che fino a poco tempo fa erano contemplati come unicamente “maschili”
…e quindi accessibili solo agli uomini (il notaio, il giudice, il chirurgo… solo per rammentarne alcuni), hanno aperto le porte anche alle donne, a quelle donne che contando su desideri e aspettative personali, su una forte motivazione come anche su percorsi di studi e curricula spesso eccellenti, hanno lottato, ci hanno provato e alla fine sono riuscite a varcare il famigerato muro, assumendo ruoli, vesti e compiti che non sono più prerogativa esclusivamente maschile.
Questo ha rappresentato sicuramente un grande cambiamento, oserei dire una tappa fondamentale in quella che io contemplo come una rivoluzione socio-culturale che con il tempo e tante fatiche mi auguro che porterà ad un arruolamento paritetico delle donne e degli uomini e che mi piace immaginare come una scesa in campo di due cervelli e due universi diversi che proprio in virtù delle loro differenze e quindi complementarietà, possono fare della differenza il plus-valore e motivo di integrazione.
Infatti come scrivono Francesca Zajczyk, Barbara Borlini e Francesca Crosta nel loro libro “La sfida delle giovani donne” (2011), le ricerche attestano che una maggiore presenza femminile nei posti dirigenziali è correlata a performance e risultati migliori.
In questa “rivoluzione”, come oramai ho ribattezzato questo graduale ed epocale cambiamento, contemplo però anche la discesa in campo delle mamme, ovvero di tutte quelle donne che oltre ad offrire il proprio potenziale femminile (e non è poco), hanno sviluppato capacità e risorse legate anche proprio alla maternità.
Infatti se fino adesso i figli e la famiglia più in generale sono sempre stati contemplati come ostacolo e distrazione dal lavoro, quindi come freno a mano o deterrente all’impegno e alla disponibilità sul fronte professionale, ritengo che sia arrivato il momento di prendere le distanze da questo pregiudizio assolutamente irrealistico.
Per quanto esistano donne che compiono la scelta, assolutamente rispettabile e per certi aspetti ammirevole, di fare le madri full-time, ce ne sono, al contrario, molte altre – direi la maggioranza – che non vogliono (e magari non possono) rinunciare alla possibilità di portare avanti o di coltivare una propria professione ma che semmai vedono nella maternità un ulteriore incentivo e una spinta motivazionale aggiuntiva per attivarsi. Del resto non è così strano se si pensa che ogni forma di gratificazione e di piacere, in realtà è fonte di benessere e di energia per la persona e quindi spendibile in ogni ambito nel quale si impegna.
Perché investire nelle madri?
I motivi sono vari e tutti meritevoli di degna attenzione.
In primis, la maternità contribuisce a sviluppare e a coltivare la capacità e la disponibilità all’impegno: mettere al mondo e crescere un figlio richiede molto impegno e sacrificio e se queste qualità sono presenti, è chiaro che possono essere applicate trasversalmente e risultare positive anche su altri fronti.
In secondo luogo, essere madre implica avere e implementare abilità di organizzazione e programmazione e non per ultimo, abilità di multitasking che a mio modesto modo di vedere, costituiscono pre-requisiti basilari per ogni tipologia di lavoro.
Inoltre quando si diventa madri, si sviluppa e si affina l’empatia, ovvero la capacità di comprendere i bisogni altrui e di sapervi rispondere in sintonia, oltre ad abilità relazionali e di adattamento e flessibilità che possono risultare molto importanti anche nel mondo del lavoro.
Infine come anticipavo prima, una donna serena e appagata anche dal proprio essere madre, può rappresentare una fonte di energia, vitalità e anche un motore di progetti e iniziative, perché chi è a contatto con i bambini e i ragazzi, sa molto bene che sono una fonte inesauribile di carica come anche di idee.
Non per ultimo, se vogliamo analizzare la questione da un punto di vista squisitamente economico, possiamo dire che per ogni mamma che si impegna sul fronte del lavoro, parte una mobilitazione sociale ed economica da non sottovalutare: aumento delle domande di asili e scuole come anche di tate o baby-sitter, e di aiuti per le pulizie domestiche.
In tal senso condivido il pensiero del sociologo Maurizio Ferrera – autore di “Il fattore D – Perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia” – il quale sostiene che ad un aumento dell’occupazione femminile corrisponderebbe un aumento del Pil, in quanto per ogni 100 donne che vanno a lavorare, si creerebbero 15 posti di lavoro (che non sono pochi!).
Pertanto concludo sostenendo che bisognerebbe incentivare l’occupazione femminile e anche quella delle mamme.
Alle mamme, dico di non demoralizzarsi nonostante i tempi che corrono e di provare, di credere loro per prime in se stesse, di farsi promotrici di idee e progetti, in virtù di potenzialità e capacità legate anche al loro essere donne e madri.
Alle aziende come al mondo economico e politico, chiedo di avvicinarsi di più a quell’universo femminile che sembra lontano e al di là della staccionata, perché dietro alle madri e mogli di famiglia, spesso ci sono donne valide, formate, preparate e disponibili e motivate a fare e a dare tanto, se solo viene data loro la possibilità.
Infine proporrei condizioni e termini per incentivare le aziende e le realtà lavorative ad assumere le donne e le madri di famiglia, sempre chiaramente se parallelamente si attivano cambiamenti in materia di conciliazione famiglia e lavoro.
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