di Cinzia Ficco da tipitosti
Agricoltura, la scelta di Chiara
Quando ha cominciato a non provare più entusiasmo, ma solo stanchezza e delusione per quello che faceva, ha dato un colpo di reni e si è reinventata una vita. E’ stato faticoso, sì, perché ha lasciato una esistenza comoda, fatta di punti fermi. Ma ora in un’altra città e con un nuovo lavoro Chiara Innocenti è davvero soddisfatta. Ad aiutarla nella sua avventura, due amici, Francesca e Andrea, che sono diventati partner. E’ con loro che spesso trascorre tante notti a fare conti e progetti per far crescere la sua attività: Tunia. Venticinque ettari nel cuore della Val di Chiana
Chiara è cresciuta a Pisa, ma dopo la laurea in Economia e Commercio, conseguita due anni fa, si è trasferita a Milano per lavoro.
“Sono stata fortunata – spiega – perché in poco tempo sono riuscita a trovare un buon impiego in un’azienda bancaria dove, dopo la normale gavetta, sono stata assunta a tempo indeterminato. Nel 2008, però, anche a Milano la crisi ha cominciato a farsi sentire. Nell’azienda in cui lavoravo iniziavano a parlare di ristrutturazione e il clima si faceva sempre più pesante. Non solo. La vita in città mi stava logorando. Io a Milano sono stata sette anni. Quando nel 2008 l’ho mollata ero proprio stanca. Intanto da anni io e Francesca, un’amica dei tempi dell’università, sognavamo di fare qualcosa insieme. Lei era in Sardegna, ma voleva rientrare in Toscana. E allora? Abbiamo colto la palla al balzo. E abbiamo dato vita a Tunia, un’azienda vitivinicola”. L’idea è venuta in modo spontaneo, fa sapere Chiara, perché Francesca, dopo la prima laurea in Biologia, ne aveva conseguita una seconda in Viticoltura ed Enologia.
“Qualche notte insonne tra Milano e Sassari a fare i conti, a capire quanto doveva essere grande l’azienda per essere sostenibile – aggiunge Chiara – e poi ci siamo dette: ‘Beh, cominciamo a vedere se riusciamo a trovare un vigneto. In tre mesi l’abbiamo trovato ed è nata Tunia. Intanto si è aggiunto Andrea, che sorveglia l’attività da lontano, continuando a svolgere la sua attività nel campo dell’informatica”.
Ma c’è stata tanta improvvisazione da parte vostra? “Io sono laureata in Economia e commercio – replica Chiara – quando con Francesca ho cominciato a fare sul serio, ho anche pensato ad una precisa suddivisione dei compiti. Perché una cosa era chiara: avremmo dovuto fare le cose bene. Lo spazio per l’improvvisazione era veramente poco. Io mi sarei dovuta occupare degli aspetti di marketing e della parte gestionale, lei di quelli legati alla produzione (vigna e cantina). L’agricoltura, poi è, forse, il settore in cui la volontà di fare le cose bene ha più possibilità di essere espressa. Wendell Berry diceva che mangiare è un atto politico. Figuriamoci realizzare prodotti agricoli! Poi, come ho detto, l’idea di dedicarsi al vino è stata la conseguenza del percorso di studi di Francesca. Non le nascondo che è stato complicato, pesante cambiare lavoro e città. Anche Francesca lo ha fatto con qualche difficoltà. Lei era dipendente in una cantina sarda e faceva l’enologa”.
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