di Rita Cugola
Il mondo arabo è in continua agitazione e non solo per le guerre intestine che continuano a insanguinare paesi come la Siria di Bashir Assad o l’Egitto di Mahammed Morsi, ma anche e soprattutto a causa dei movimenti di lotta cresciuti gradualmente in seno alle comunità femminili.
Silenziosamente infatti, giorno dopo giorno, le donne arabe sono riuscite in questi ultimi anni a superare le vecchie remore di una tradizione oppressiva e hanno perciò deciso di uscire allo scoperto, ribellandosi apertamente al maschilismo imperante e rigettando ogni tipo di discriminazione in ambito sociale, civile e familiare.
Le loro voci, troppo a lungo disperse nello spazio e nel tempo, potrebbero oggi essere captate ovunque grazie alla diffusione planetaria dei social network: questa semplice considerazione deve essere stata la molla che ha spinto Diala Haidar e Yalda Younes (entrambe libanesi), Farah Barqawi (palestinese) e Sally Zohney (egiziana) – da sempre attive nella lotta per l’emancipazione – a creare la loro interessante pagina informativa su Facebook, “The uprising of women in the Arab world” .
Lo scopo è naturalmente quello di “ricordare a tutti che le rivoluzioni avevano lo scopo di ridare alle popolazioni dignità, giustizia sociale e libertà, e che questi tre obiettivi non possono essere realizzati se le donne sono assenti dalla sfera pubblica”, come affermano le dirette interessate al progetto.
Del resto, la storia stessa dell’umanità insegna che molto spesso l’apporto delle donne è stato fondamentale – se non addirittura determinante – per il buon esito di un percorso costruttivo (senza troppe dietrologie, basti ricordare il contributo femminile alle lotte partigiane nel corso della Seconda Guerra mondiale).
E’ impensabile pensare di realizzare qualsivoglia obiettivo razionalmente valido senza la presenza attiva delle donne: sarebbe come ignorare circa la metà della rappresentanza popolare di un territorio.
Dopo anni di condizionamenti e di imbavagliamento socioculturale è certo difficile per molte di loro farsi strada tra gli ostacoli di mentalità retrograde e coercitive, che trovano persino nella religione una giustificazione plausibile. Tuttavia già molti passi sono stati compiuti sulla viua del riscatto, anche se ovviamente altrettanti ne restano ancora per poter arrivare a risultati apprezzabili sul piano emancipativo.
Ciò che conta, però, è il fatto di avere finalmente rotto il silenzio dettato dalla paura e di avere infranto il tabù della rassegnazione passiva. Il resto arriverà, a poco a poco, con determinazione, perseveranza e tenacia.
Le donne ora sanno ciò che vogliono. Stanno cominciando a manifestare la loro energia interiore, forti della consapevolezza della propria dignità in quanto esseri indipendenti non più schiavi di un sistema. Sono consapevoli delle potenzialità che le caratterizza e vogliono renderne partecipe l’intero pianeta.
La tecnologia, in questo senso, si è rivelata una validissimo supporto, affinchè da un appello di denuncia riguardo a un misfatto o un sopruso ne scaturisse subito un altro d’appoggio e un altro ancora ne seguisse. Uno dopo l’altro, in una infinita catena di solidarietà e di comunanza che sarebbe ora impossibile interrompere.
Condividere ideali per raggiungere i medesimi obiettivi è un imperativo globale che accorpa le donne di ogni nazionalità o estrazione sociale. Unite per cambiare. Unite per vincere. Unite per esistere.
1 commento
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