di Enrico Andreoli
A proposito del discorso di donne che adescano di questi giorni vi regalo un raccontino di una ”vera donna” ora bloccata sulle rotelle.
Capirete erano sei anni che il mio corpo non era scosso e percorso dalle mani di uomo.
Quando sono entrata nel bar l’ho notato subito seduto sullo sgabello in fondo al bancone: un maschio Alfa con un ampio petto esibito fermamente.
Stava armeggiando col telefonino e una smorfia amara e sarcastica era passata per un momento sul suo viso, prima che alzasse gli occhi verso di me. E’ stato in quel momento che ho perso tutto, e l’ho subito saputo; ma sono rimasta lì, rassegnata alla sconfitta: troppo lunghi erano stati gli anni desolati per dimenticare lentamente quel bel tedesco che mi aveva legato nelle gioie profonde del corpo.
Era morto. Poche ore prima mi aveva trascinato come un demone ad una altezza da cui potevo vedere quanto ancora sarebbe stato possibile salire se soltanto mi fossi lasciata andare ancora di più verso me stessa dentro di lui, con lui dentro. Era uscito dal mio corpo, dal mio letto, dalla mia casa nel primo pomeriggio e non era ancora sera quando morì.
Questo sei anni fa. Ma oggi, oggi come ho potuto perdermi al primo sguardo di quell’uomo? Qual è stato il segno della sconfitta? Ho lasciato che i suoi occhi scrutassero i miei per un attimo di troppo e tutta me si è svelata. E’ stato un gesto osceno come il suono dei corpi nell’amore. Lui ha visto dentro la mia anima la sete e il mio ricordo pulsante delle sazietà raggiunte tra le braccia del mio antico amante tedesco.
In quello stesso attimo ho capito di non poter più opporre resistenza. Si è avvicinato, mi ha guardato con sfacciataggine tra i seni compiacendosi del loro volume come se già fossero suoi ancor prima di sapere il mio nome: ma ormai sapeva già tutto.
Ho tentato una reazione, ho tentato. Nella conversazione lo ho tenuto sulla corda tesa con battute taglienti: dovevo in qualche modo fargliela pagare, ma mi sono accorta di aver leggermente allargato le gambe senza volerlo. Lui ha potuto vedere le mie cosce; è sbandato; per quel giorno non poteva far di più ma gli ho lasciato il mio numero di telefono con quella stessa rassegnazione che avevano i miei genitori ebrei quando la polizia fascista chiedeva loro i documenti.
Invio.
Avevo appena schiacciato il tasto di invio confermando la terza ricarica del mese al telefonino di mia figlia, quella stronza, quando ho alzato gli occhi incrociando lo sguardo con quella femmina, un animale assetato, che stava entrando nel bar.
Io faccio il fisioterapista da anni. C’è un momento della vita in cui lo sguardo dell’artigiano si trasforma in quello dell’artista. L’ho guardata fare quei tre quattro passi fino al banco; il suo ancheggiare, il movimento fluido con cui la sua schiena accompagnava il bacino mi hanno detto tutto della sua natura: sono una donna vaginale che va penetrata a fondo per carpirne il mistero.
Era appena uscita di casa e il rossetto sulle labbra portava ancora integro un richiamo erotico possente. Era stata inviata per me.
Mi sono avvicinato a prendere possesso del suo seno generoso. L’ho guardato soffermandomi sulle sue curve come il proprietario del fondo osserva compiaciuto le sue terre grasse, aspettando il raccolto che verrà di lì a poco nella calda estate.
Lentamente ho alzato sguardo dal seno e le ho detto: signora, sono sicuro di conoscerla. Da sempre, ho aggiunto quando i suoi occhi si sono concessi al mio guardarla.
Si, in un tempo lontano, ha risposto lei.
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Chi è Enrico Andreoli
Su FB mi tacciono di Professore perché scrivo sermoni etico-politici.
Sono un po’ imbarazzato perché non sono professore di nulla ma quelli di FB hanno colto nel segno: ho scritto il sermone della Messa di mezzanotte per il mio parroco della Basilica di San Lorenzo. Il mio Maestro di Ebraismo la discuterà al Tempio fra qualche giorno. Stavo pensando di presentarmi al Mullah della Moschea di Milano (ma c’è?)
Fin da bambino professo una passione istintiva e disordinata per la filosofia. Al liceo il professore di filosofia ridusse le lezioni a 50 minuti lasciandomi gli ultimi 10 minuti per commentare. Poi ho incontrato Giorgio Colli ed è stata una esplosione.
Adesso faccio il contadino: ho costruito due serre fotovoltaiche per finanziare con gli incentivi una piccola fattoria-comunità per ragazzi disabili.
Con l’inverno le attività campagnole sono ferme. Ho tempo per scrivere. Mi ha indignato la storia del prete e delle femmine che provocano. Così ho scritto quello che mia ha raccontato una mia amica: un episodio della sua vita. Una vera pro-vocatio.