L’alba trovò Lucia placidamente addormentata, cullata da un senso di appagamento mai provato.
Gavin era stato generoso, le aveva concesso un dono prezioso: il piacere. E la promessa di altro piacere da dividere insieme.
Quietato il desiderio, avevano parlato del futuro. Ci sarebbero state delle difficoltà, ma insieme le avrebbero superate. Questa era stata la promessa che si erano scambiati.
Una mano fredda la scosse nel sonno. «Alzati, sgualdrina. Devi andartene!»
La cruda realtà raffreddò il calore dell’amore ma Lucia affrontò la donna con coraggio.
«Non potete più farmi del male. Oggi verrà annunciato il mio fidanzamento con il visconte Ashford!»
La baronessa urlò, il volto stravolto dall’ira e dall’invidia. Lucia temette che stesse per morire, ma la donna l’agguantò con forza: «Non ti permetterò di essere felice, mai!»
La schiacciò contro il cuscino e le strinse il collo con entrambe le mani. Stringeva, strattonava e urlava.
«Lo amavo. Gli avevo dato tre figli maschi, ma lui aveva occhi solo per quella miserabile! E poi tu, persino te, guardava con amore».
Lucia cercava di liberarsi, ma la stretta era sempre più ferrea. Le mani crollarono inermi sul letto, nelle orecchie la sua voce carica di dolore.
«Perché non ha amato me, alla stessa maniera? Perché? Gli avevo portato terre, denaro, gli avevo dato me stessa!»
Ora i suoi toni erano nuovamente carichi di odio. «Non ti permetterò di essere felice! Mai! Morirai qui e riderò fino a piangerne»
Lucia, ormai priva di forze, si abbandonò alla morte. Per tutta la vita, altri avevano deciso per lei, che senso aveva lottare? Chiuse gli occhi, si allontanò da quella voce urlante e nel buio che precede il nulla, fece riemergere la felicità delle ultime ore. La sua mente focalizzò il viso di Gavin, il suo cuore gioì d’amore. Poi arrivò il nulla che spazzò via tutto.
Il grido d’ira era risuonato oltre i miri spessi, le porte chiuse, attirando l’interesse di chi era già sveglio, ma nessuno si era precipitato a vedere cosa accadeva nell’appartamento. Soltanto l’arrivo della cameriera della baronessa, aveva fatto correre il Principe e alcuni dei suoi ospiti per i lunghi corridoi.
Tutti credettero di essere giunti tardi. La baronessa rideva biecamente, lucidamente pazza, la fanciulla era abbandonata inerme sul letto.
Sul viso incombeva già il pallore della morte.
Gavin si precipitò al suo fianco, «Lucia?»
Le tastò il polso. Debole, troppo debole.
«Non andartene, rimani con me! Abbiamo tante cose da fare insieme»
La carezzò, le sussurrò dolcemente parole insensate, fin quando lei piano piano riaprì gli occhi. Lo fissò confusa e ancora spaventata.
Con un sorriso e uno strano luccichio negli occhi Gavin si abbassò su di lei, baciandola sulle labbra socchiuse. Lucia sospirò: ora era al sicuro, viva come la speranza di un futuro pieno d’amore.