di Cinzia Ficco da Tipitosti
Della Passarelli e i Sinnos dal carcere
Puntava a lasciare un Segno e a trasmettere speranza alle nuove generazioni da un luogo buio e rimosso.
Obiettivo centrato per Della Passarelli, che alcuni anni fa ha fondato la casa editrice Sinnos www.sinnos.org, nel carcere romano di Rebibbia.
“Sì – afferma Della, presidente della cooperativa – abbiamo vinto la scommessa, anche se agli inizi ci sono state tante difficoltà. Merito del gruppo sapiente e determinato, che sta dietro questo progetto”.
Come è nata l’idea?
Intanto, ci è venuta nel maggio del 1990, a Roma, nel carcere romano di Rebibbia. Un gruppo di detenuti italiani e stranieri aveva svolto un corso di impaginazione per creare una struttura di lavoro e reinserirsi nella società. Con l’aiuto di noi volontari nasce Sinnos, non solo come service grafico e editoriale, ma anche come casa editrice, che si rivolgesse a bambini e ragazzi. Volevamo che da un luogo oscuro e negativo partisse un ponte per le giovani generazioni, oltreché un messaggio di: rispetto reciproco, partecipazione, educazione alla cittadinanza responsabile.
Cosa significa Sinnos?
Segni, in sardo. Ci ha ispirati un anonimo detenuto sardo, che prendeva il caffè nella stanza in cui ci riunivamo. Il nome ci è piaciuto, anche perché il nostro obiettivo è stato subito quello di produrre libri che “lasciassero il segno”, aggiungessero qualcosa, mostrassero sfumature e diversità. Tutto è nato, come dicevo, da un’esperienza di volontariato in carcere (a Rebibbia, Roma) e dall’entusiasmo di un gruppo di detenuti italiani e stranieri, che aveva terminato un corso di impaginazione, organizzato in carcere e che voleva costituire una cooperativa.
Poi cosa è successo?
Dopo poco tempo – e in particolare da parte di uno dei ragazzi del gruppo, Antonio Spinelli, anima della cooperativa – è nato anche il desiderio di diventare editori e avviare una attività vera e propria, autonoma. Fu fondata così la casa editrice, con l’idea di non parlare di carcere, ma di rivolgersi ai cittadini del domani – i bambini – proprio perché di carcere non ci fosse più bisogno. Volevamo dare ai più piccini strumenti per comprendere meglio la realtà. Sinnos, dunque, è stata fondata come cooperativa e casa editrice in carcere, ma subito dopo abbiamo avuto una sede esterna. Nata come cooperativa per dare lavoro a soggetti svantaggiati, ha dato e continua a dare lavoro a cittadini liberi: una scommessa vinta! Oggi nella cooperativa lavorano ancora alcuni ex detenuti e quando è possibile, proprio come cooperativa sociale, ci occupiamo di progetti in carcere.
Quanto ha investito?
C’è stato un grande lavoro di gruppo, un inizio molto faticoso e un lungo percorso.
Quali sono state le difficoltà iniziali?
Farsi conoscere, essere distribuiti, far arrivare i libri nelle mani giuste. Il forte entusiasmo che ci muoveva ha reso facile iniziare a lavorare. Siamo riusciti in tempi piuttosto brevi a dar vita ad una solida rete di bibliotecari, insegnanti e librai, che hanno iniziato a richiedere i nostri libri. Credo che il punto forte sia sempre stato un progetto editoriale di nicchia, ma molto sensato. I libri bilingui – la prima collana I Mappamondi – erano un’assoluta novità in un mondo che stava cambiando rapidamente e aveva bisogno, parlo della scuola – di strumenti come questi. Erano gli anni in cui l’Italia scopriva di essere un Paese di immigrazione. E le nostre classi iniziavano ad avere il “mondo” seduto tra i banchi.
Oggi?
In questi ultimi anni purtroppo una serie di fattori ha reso di nuovo difficile la promozione e la distribuzione dei nostri libri. Di libri di editori “indipendenti”. Le grandi catene di libreria e la fatica delle librerie indipendenti, gli scarsi fondi delle biblioteche pubbliche, l’inesistenza di un sistema nazionale di Biblioteche scolastiche, le scuole che hanno sempre meno fondi, rendono molto faticosa la vendita e, di conseguenza, la possibilità di continuare a progettare. Ma nel frattempo siamo cresciuti. Abbiamo autori importanti che scrivono e illustrano per noi, che scommettono sul nostro progetto. Abbiamo tagliato la nostra produzione editoriale – da 24 titoli l’anno siamo passati a 12 – e se possibile – li facciamo con maggior cura. Questo è un problema che riguarda tutti gli editori “di progetto”, che investono su contenuti non commerciali.
Quanto persone ci lavorano?
Siamo in dieci, per la maggior parte donne!
<<continua>>