di Antonio Turi
E’ innegabile che per ora quando hanno governato le donne possono averlo fatto bene o male ma non lo hanno mai fatto violando le leggi.
Il dibattito sulla presenza o meno di inquisiti a vario titolo nelle liste elettorali è in questi giorni accesissimo. I comitati di garanzia da una parte e il Leader Maximo dall’altro lavorano a pieno ritmo alla ricerca di accordi che stabiliscano chi sì e chi no. Eppure questo dibattito, che pure è un segnale del malcostume dilagante, visto che dovrebbe essere una cosa logica che chi, a torto o a ragione, perché colpevole o perché colpito dal fuoco avversario, è alle prese con la giustizia deve fare un passo indietro e lasciare il posto ad altri soldati, sta facendo passare in secondo piano una questione a mio avviso importatissima.
Da quello che mi risulta, e spero di non sbagliare, quando si parla di inquisiti o di candidature poco chiare, Polverini a parte (Ma per lei non si parla direttamente di reati quanto dell’aver taciuto su reati, insomma, a volerla dire tutta, le si fa la colpa di aver dovuto governare un letamaio) non si parla mai di donne. Ovvero, non c’è un caso di donna candidata al parlamento coinvolta in problemi con la giustizia. Certamente questo dipende dal fatto che le donne in politica sono una minoranza e quando pure arrivano in porto, difficilmente poi ottengono posti di rilievo. Però nonostante questo, è innegabile che per ora quando hanno governato le donne possono averlo fatto bene o male ma non lo hanno mai fatto violando le leggi.
Consultando le poche statistiche disponibili on line si scopre che mentre le donne stanno rapidamente pareggiando i conti con i maschi in molti reati, compresi quelli contro la pubblica amministrazione ma perpetrati in quando funzionarie e non come amministratrici. Per ora, quando amministrano, forse per un antico retaggio dovuto alla loro funzione di custodi dell’economia domestica, le donne lo fanno in modo onesto e pulito.
Ecco, questo dato mi sembra oggi una ragione valida per guardarsi intorno e cercare fra le candidate donne la persona da sostenere e alla quale dare la nostra preferenza. Sperando che la tanto agognata parità non venga presto raggiunta anche nel discutibile campo dei reati perpetrati in ruoli di amministratori pubblici.