Per non dimenticare, in occasione della XIII Giornata della Memoria, dono alle lettrici di Dols, due brevi scritti dei miei genitori, Mara e Marcello, che hanno subito e sofferto la persecuzione razziale.
Ebreo lui, ariana lei, hanno contratto matrimonio misto. A noi figli hanno lasciato, oltre ai valori dell’onestà, della giustizia, della solidarietà e della libertà, un loro epistolario da cui sono tratti i brani di queste lettere.
Mara e Marcello,
Lui, a lei, 23 gennaio 1937
‘ Fra giorni nell’antica chiesa vicino alla piazzetta della tua casa il buon prete della parrocchia che ti ha conosciuto dalla nascita ricorderà che il nostro matrimonio è accettato soltanto nel profilo religioso, mentre per me resta soltanto valutato in senso burocratico che non mi considera un cittadino. Un matrimonio cioè misto, che ha il significato di un’unione tra una donna “ariana” (di razza bianca/pura) con un cittadino “giudeo” (cioè ebreo e di altra provenienza) . Non voglio soffermarmi con te sugli aspetti politici ed economici che sono in sostanza la realtà determinante di questa situazione, forse in compenso avremmo l’indifferenza alternata all’odio e all’ignoranza. Proprio in questi giorni la stampa nazionale descrive la riunione che si è svolta a Norimberga, nella quale si svolgeva una riunione politica e intellettuale con lo scopo di udire le arringhe e le follie naziste che denunciavano al mondo il pericolo ebraico. E’ stato molto triste vedere in alcune foto il volto e il sorriso di molti italiani e amici da me conosciuti, come per esempio il prof. D’ O. che tu ricordi come giornalista e docente all’Università di Perugia. Questo “grande” italiano propose che i cittadini italiani non dovevano ottenere nessuna discriminazione, in quanto, secondo lui, gli ebrei erano di sangue diverso e non avevano diritto di essere equiparati come cittadini italiani. Pertanto, essi non dovevano considerarsi come gli altri, nonostante che fossero nati e vissuti come italiani per amare, studiare, lavorare nella loro vita che è stata anche storia.
Lei, a lui il 3 gennaio 1938, ore 11.00
‘Che posso dirti? La necessità esige questa mia decisione, ma il mio amore si rifiuta di accettarla. Come farò a vivere sapendoti all’interno dell’Africa, solo, in mezzo ad estranei, senza una persona cara vicina a te in ogni attimo della tua vita? Sono disorientata: dovrei essere forte, infonderti coraggio, incitarti a fare di più a qualsiasi prezzo, ma proprio non posso, non posso…poi ci sono state delle spese per l’invio dei tuoi documenti, per ottenere la discriminazione della razza ho dovuto fare una differenza di 15 lire per le tue cambiali, le ho tolte subito tutte e due.
Finalmente chiuso anche questo debito! Credevo di poter mandare la differenza…invece non fu possibile anche perché oltre ad avermela richiesta, capivo che su loro aveva influenzato il fatto che tu eri dovuto partire a causa del razzismo. Purtroppo la gente è pronta alla diffidenza più cattiva, ed io preferirei liquidare tutto per dimostrare loro la nostra rettitudine checché si voglia affermare il contrario.
… A te posso invece dire quello che a nessun altro mi sentirei di dire, né ai miei né ai tuoi genitori…e cioè che io sono pronta a tutto, a sopportare qualsiasi cosa per te; il mio amore è la mia ricompensa e non devi crucciarti e ossessionarti se non potrai mai darmi quello che vorresti. Il materialismo non deve nemmeno sfiorare il nostro sentimento, l’indispensabile non si può discuterlo purtroppo, ma il resto che importa?’.
Ore 13.15
Riprendo la mia lettera… certo io vorrei poterti parlare tutti i giorni, ma più vivo, più sento il dolore della tua lontananza e tutto ciò che ha radicalmente cambiato la nostra speranza, i nostri programmi ed i nostri timori. Tu non hai nessuna colpa per questo, l’infamia che dovrebbe stracciare la nostra vita ed organizzare ciò che vorrebbero i loro sentimenti. Sospendo per un poco la lettera perché in questo momento è venuta a farmi visita la sig.ra Angelina; riprenderò subito dopo’.
Ore 17.00
‘Anche questa amica, o meglio dire conoscente di famiglia, parlava come se fosse compresa nella nostra vita, mentre io cercavo di abbreviare per avere il tempo di finire questa lettera e poi perché ho intuito che il suo spirito non era sincero e sereno; né tanto meno teneva conto delle mie opinioni.
Non ti starò a raccontare i particolari di una conversazione che nella sostanza nasceva dell’ignoranza e forse da odio incosciente; così ho dovuto scontare il veleno intriso con una falsa ed ipocrita pietà. Mi ha chiesto se mio marito era ebreo, e certamente sarà rimasta stupita della mia affermazione, che ha precisato che io mi sento onorata di portare un cognome israelita.
Non voglio recare turbamenti a te con queste piccole cose che non sono un fatto di cronaca, ma una piccola conversazione avvenuta in una piccola casa, dove il desiderio essenziale della vita è sempre stato l’amore e la pace.
…abbi cura di te, sii presente per la tua salute e parla poco, appena nel silenzio da uomo coraggioso e retto come sei, scegli soprattutto sempre il bene, perché il male che oggi opera credendo di trionfare è destinato ad infrangersi…’.