L’ Italia, vanta anche realtà valide fatte di donne che lavorano. Come Cecilia Tessieri, a capo della famosa marca di cioccolato Amedei.
L’ Italia, quella terra criticata e “snobbata” mai come ai tempi d’oggi, vanta anche realtà valide fatte di donne che lavorano, donne che pur non rinunciando al desiderio di maternità, continuano ad investire in percorsi professionali, riuscendo a raggiungere anche traguardi importanti e a realizzare progetti di alto livello.
Fra queste c’è sicuramente Cecilia Tessieri, fondatrice e proprietaria della ben nota ditta Amedei… un marchio di altissima qualità della cioccolateria italiana che vanta fama e riconoscimenti a livello internazionale e mondiale, oltre che chiaramente italiani.
Cecilia, lei è molto giovane, eppure sono già più di vent’anni che ha creato ed è a capo di Amedei, riuscendo a realizzare un lavoro di eccellenza e di altissima qualità. Come è riuscita a creare questo capolavoro che ha entusiasmato il palato di tutto il mondo?
L’idea originale è partita da un progetto familiare. Quando siamo partiti, l’idea del cioccolato fondente seguito e curato fin dalle origini, non c’era. Noi abbiamo cercato di capire, sperimentando molto, come si faceva il cioccolato, sia imparando questo mestiere sia cercando di reperire le materie prime per fare questo prodotto. Pertanto ci siamo mossi su questi doppi percorsi: quelli agronomici da una parte, e quelli progettuali dall’altra.
Sicuramente la gioventù ci ha dato la spinta per realizzare questo progetto pioneristico di ricerca e scoperta. Il nostro proposito è stato quello di fare qualcosa di diverso che gli altri non avevano fatto e che negli anni ha permesso all’azienda di crescere.
Mi risulta che Lei sia la prima maître chocolatier donna al mondo e ancora oggi sia una delle poche a ricoprire questo ruolo; è così?
Sì. Sia nel passato quando ho lavorato fuori sia anche oggi, le donne, se sono presenti nelle aziende di cioccolato, lavorano nell’ambito della ricerca e sviluppo o del marketing, dell’amministrazione e del commerciale.
Per quanto mi riguarda, invece, io assolvo in Amedei la doppia figura: sono sia chi seleziona il cioccolato e quindi la maitre chocolatier, sia la proprietaria dell’azienda.
Ci spiega in che cosa consiste, nello specifico, il compito del maitre chocolatier?
Impropriamente tutti si chiamano maitre chocolatier: tutti coloro che lavorano il cioccolato, amano prendere questo nome. In realtà anticamente il maitre chocolatier era il maestro, l’unico che selezionava i semi di cacao, li tostava, li lavorava e li faceva diventare cioccolato, mentre i chocolatier erano tutti coloro che lo lavoravano.
La maggior parte dei produttori di cioccolato sono chocolatier, mentre io assolvo la funzione di maitre chocolatier: la mia ricetta consiste nel partire dalla piantagione.
Il fatto di essere donna, secondo lei, ha inciso e in quale modo, in questo delicato e goloso mestiere di maître chocolatier?
Le donne mettono l’anima nel lavoro, quando veramente sono appassionate e piace. Quindi nel cioccolato Amedei c’è questa parte femminile, un po’ per come è presentato il prodotto e un po’ nel gusto…qualche intenditore nel passato mi ha detto che si sente che è una donna che ha creato questo cioccolato.
Oltre ad essere maitre chocolatier, lei è anche imprenditrice. Come riesce a coniugare due incarichi e ruoli così importanti?
Con grande fatica. Ci sono giorni in cui mi dedico alla produzione, quindi a ricerca e
sviluppo, e altri in cui partecipo a riunioni o a quello che mi è richiesto come imprenditore. Non sono sola, ci sono altre figure che collaborano con me, ci siamo suddivisi i compiti. Poi alla fine dopo tutti questi anni, viene anche un po’ naturale cambiare cappello e abito in base alle circostanze. L’azienda è tutto questo: c’è la parte di promozione e comunicazione e poi c’è la parte di lavoro.
Come è strutturata la sua giornata lavorativa?
Arrivo molto presto, alle 7.45. Per prima cosa si prende il caffè con il capo fabbrica; poi inizio a lavorare: guardo la posta, le e-mail e a seguire procedo a seconda del programma settimanale. Il lunedì è il giorno delle prove e quindi della produzione, ad esempio. Difficilmente vado a casa il giorno, molto spesso mangio un panino mentre lavoro oppure se ho ospiti, vado a pranzo fuori. Poi la mia giornata continua divisa fra gli appuntamenti e la produzione, quando chiaramente non sono fuori all’estero per promuovere Amedei. Verso le 7/7.30 torno a casa e lì c’è tutto un altro lavoro, perché ho due figli e un marito.
Come è riuscita a coniugare un lavoro così impegnativo con quello di madre?
Si fa entrare nella squadra anche la famiglia. Ho un figlio di 19 anni e un altro di 11. Il grande, che ora fa l’università, vorrebbe venire a lavorare per coniugare studio e lavoro e io investo molto volentieri nella gioventù, perché credo che le aziende, soprattutto quelle di tipo familiare, abbiano bisogno di giovani che diano una sterzata di novità. Per il piccolo, ho mia madre che mi aiuta nel pomeriggio e anche lui, quando arrivo alla sera, mi aspetta e quello è un momento insieme anche a mio marito, cuciniamo insieme…ci dividiamo un po’ i compiti per poi cenare insieme e riaffrontare un’altra giornata. Comunque il sabato e la domenica cerco di non prendere mai impegni e quindi con il venerdì sera, stacco veramente e il weekend mi dedico solo alla famiglia.
Che cosa consiglierebbe a tutte le donne che si trovano a conciliare famiglia e lavoro?
Io ho sempre lavorato duro fin da molto giovane; ho una mamma e una nonna che hanno sempre lavorato e quindi non ho esperienza di donne che hanno lavorato mezza giornata o non hanno lavorato. Ho partorito e dopo una settimana in entrambi i casi, ero a lavorare.
Se si ha un lavoro che piace e si hanno figli, credo che sia importante non abbandonare completamente; consiglierei semmai di trovare delle soluzioni alternative, quindi una mezza giornata o un contratto che consenta di rientrare dopo la gravidanza. Non credo che ad oggi la donna sia realizzata se sta a casa e non lavora, anche perché quando i figli sono grandi, la donna rimane sola. Infatti penso che sia giusto che i figli facciano la loro strada; già a 20/21 anni devono andare via e fare il loro percorso. Non si è solo mamme e non si rimane mamme per tutta la vita, perché i figli devono crescere e le donne devono continuare a sentirsi vive. La vita è anche oltre i figli.
Secondo la sua esperienza, che cosa è importante al fine di riuscire a raggiungere importanti traguardi e magari anche realizzarsi nel lavoro?
Secondo me, è importante, se possibile, fare un’esperienza all’estero, perché la conoscenza dell’inglese apre molte possibilità. Pertanto consiglio esperienze di lavoro all’estero che poi riportate nella realtà italiana e nella provincia come quella di Pisa, possono risultare molto importanti. Poi creatività e idee… le donne italiane sono creative e hanno molte idee.
Secondo lei, le donne possono apportare qualcosa di diverso e in più sia nel mondo dell’imprenditoria italiana e quindi anche del lavoro in generale?
Le donne dovrebbero essere un po’ meno presenti nelle scuole, dove c’è un’egemonia troppo femminile, mentre, al contrario, dovrebbero essere più presenti negli altri lavori, quindi nella politica, nel campo medico, nella ricerca. Questo è però legato al fatto che la donna ha sempre cercato un lavoro di mezza giornata, quindi lavori che danno questa opportunità, quali la scuola, i comuni, le poste, realtà in cui però la donna non emerge. Tuttavia s’immagini una donna che gestisce una famiglia e sa organizzare la settimana al minuto, che grande imprenditrice e politica potrebbe essere e quindi come saprebbe organizzare e gestire situazioni ancora irrisolte. Pertanto largo alle donne ma alle donne capaci di lavorare come gli uomini, perché gli uomini ci rispettano se lavoriamo come con la testa, capacità e disponibilità a fare.
Pertanto donne capaci di mantenere il proprio lato femminile, come si diceva prima, ma al contempo capace di impegnarsi e anche di investire energie e tempo.