di Daniela Domenici di danielaedintorni
I buoni libri ti regalano emozioni, si leggono tutti d’un fiato e ti lasciano dentro un senso di appagamento ma, allo stesso tempo, di improvvisa perdita quando arrivi all’ultima pagina.
Tutto questo è stato, per me, “L’acustica perfetta”, terza opera di Daria Bignardi, che ho letteralmente “divorato” e che mi ha dato la voglia di leggere i due suoi precedenti.
E’ la storia di un grande amore e di un doloroso abbandono che porta il protagonista, Arno, un violoncellista della Scala, a ripercorrere e a rivedere tutta la sua vita e quella di Sara, sua moglie, fino ad arrivare a una conclusione inattesa che dimostra quanto il suo percorso di autocoscienza l’abbia fatto maturare nel difficile e irto campo dei sentimenti.
La storia copre un lungo arco temporale e si svolge in diversi luoghi geografici, straordinarie le descrizioni dei paesaggi, e non solo, della Sardegna che dimostrano un profondo amore dell’autrice per questa terra, ma ottimi anche quelli di Sampierdarena e di Anghiari; luogo protagonista è, naturalmente, Milano, città in cui il protagonista vive e suona.
Assolutamente da standing ovation l’uso dei dialoghi, da brava giornalista qual è Daria Bignardi, che caratterizzano perfettamente ogni personaggio della vicenda, da Arno, il protagonista, a Massimo, il suo amico del cuore, da Rino, il padre di Sara a Klara, la madre di Arno, e via via tanti altri che concorrono a rendere questa storia assolutamente magica, commovente e intrigante.