Lotta contro la dispersione di cervelli femminili.
Donne colte, laureate e titolate, volenterose, dotate di ottime capacità e qualità… tante di loro, a discapito dei lunghi percorsi di formazione, della loro disponibilità all’impegno, della loro motivazione e del loro desiderio (oltre che bisogno) di lavorare, sono spesso lasciate a casa dopo l’arrivo dei figli, come se essere diventate madri le rendesse improvvisamente moenus… Meno capaci? Meno intelligenti? Meno disponibili?
Non so quale sia il razionale che sottostà a tale manovra drammaticamente generalizzata, troppo spesso concessa e tollerata come se fosse “normale”, anziché essere considerata per quello che veramente rappresenta, ovvero un affronto alla dignità, al valore e al diritto della persona ad esercitare la possibilità di lavorare e quindi di contribuire all’economia e alla soddisfazione personale oltre che sociale.
I dati parlano chiaro: secondo l’indagine 2009 dell’Istat su “Famiglie e soggetti sociali”, il 15% delle donne dichiarano di aver lasciato il lavoro dopo la nascita di un figlio e secondo l’indagine multiscopo sull’uso del tempo (2008-2009), metà di tali interruzioni non è motivata da una libera scelta, bensì indotta e costretta dal datore di lavoro. A farne le spese sono soprattutto le nuove generazioni e le donne del Sud. Spesso tali uscite diventano prolungate, in quanto solo il 40% di queste donne riprende a lavorare.
Per quanto vi siano donne che scelgono di dedicarsi completamente ai figli in virtù di motivazioni e scelte personali assolutamente meritevoli e legittime, d’altra parte esistono donne, tante donne, che pur volendo e riuscendo a diventare madri, continuano a credere in quello che fanno, a volersi adoperare e investire nel lavoro, ad avere voglia e grinta di fare… anzi, spesso la maternità diventa per molte donne un valore aggiunto in termini motivazionali, di forza e sicurezza personale, di soddisfazione e serenità, che non può che avere un effetto benefico anche sulla disponibilità e sul rendimento professionale.
Se a ciò aggiungiamo che diventare madri implica l’acquisizione e il potenziamento di abilità che possono risultare fondamentali anche per la riuscita professionale – capacità di organizzazione, di programmazione, di muktitasking, di problem solving, disponibilità all’impegno, senso di responsabilità – allora forse possiamo comprendere come lasciare a casa donne valide, capaci e intelligenti, possa essere un grande errore.
Il rapporto annuale della Commissione Europea pubblicato il 16 aprile 2012 sottolinea a chiare lettere come “i progressi nella parità fra uomini e donne stimoli la crescita economica”, componente essenziale per far fronte alla crisi attuale.
“Le ragioni economiche a favore di una maggiore occupazione femminile e una maggiore presenza femminile ai vertici aziendali sono evidenti”, precisa Viviane Reding, Vicepresidente della Commissione Europea, in quanto le aziende con una maggiore percentuale di donne nei consigli di amministrazione raggiungono traguardi più alti di quelle guidate solo da uomini. Pertanto “una maggiore presenza femminile ai vertici delle aziende”, si legge, “può concorrere ad un ambiente lavorativo più produttivo e innovativo”.
Non solo. Una donna madre di famiglia che lavora implica anche aumento delle disponibilità economiche familiari, di conseguenza aumento dei consumi e maggiore bisogno e richiesta di servizi (per i figli e per la casa). Infatti riprendendo la teoria “Womenomics” – neologismo coniato nel 2006 dalla rivista “Economist” contraendo il termine “Womeneconomics” di Goldman Sachs – e il concetto del “Fattore D” in Italia, la formula per la crescita economica sta proprio nelle donne: donna-lavoro-economia-fecondità. Questo è il saliente e innovativo punto di partenza: la crescita economica è legata alle donne e alle problematiche delle pari opportunità.
Purtroppo questa tesi, così facilmente comprensibile e intuibile, rimane, almeno in Italia, lontana rispetto ad una vera e tangibile implementazione, perché la realtà triste e amara è che ancora troppo poco s’investe sulle donne.
La speranza è che Paesi meno conservatori, più aperti e disponibili ai cambiamenti e alle innovazioni, possano spronare anche la nostra Penisola ad attuare un cambiamento significativo in merito alla parità di genere e magari da lì riprendere quota per far fronte alla crisi attuale.
Infatti proprio in questi giorni Dominic Barton , numero uno di Mckinsey – una delle più grandi aziende mondiali di consulenza – ha rilasciato un’intervista al Wall Street Journal in cui dichiara l’intenzione di ri-assumere donne che hanno precedentemente lasciato il lavoro per l’impossibilità nel conciliare famiglia e lavoro, in quanto “stiamo perdendo cervelli (femminili) e competenze” con conseguenti rischi e ostacoli per la crescita economica delle aziende.
2 commenti
Buongiorno, mi chiamo Linda Armano e sono una ricercatrice di antropologia culturale e sociologia. Ho terminato, due anni fa, il mio dottorato in cotutela tra l’università di Lione e l’università di Venezia quand’ero al settimo mese di gravidanza. A prescindere dalle umiliazioni subite dal mio relatore-barone durante il dottorato, dopo la gravidanza non ho avuto altra scelta che stare a casa. La cosa più preoccupante è stata quella di sentire alcune donne, anziane e non, dirmi che la mia vita ormai l’avevo fatta (a 29 anni!) e che da quel momento in poi dovevo pensare alla famiglia e a fare altri figli. La cosa atrocemente preoccupante e ancora pienamente diffusa in Italia è la riduzione della donna a semplice fattrice. Il suo ruolo altro non è che stare a casa e “allevare” (termine che non mi piace dato che ricorda i vitelli) i figli. Dopo essermi rassegnata e aver avuto una crisi di identità, mi sono risvegliata dall’oblio. Ora sto lottando perché voglio essere un punto di riferimento per mia figlia e per farlo non posso altro che cercare di riconquistare le cose che sono stata costretta a perdere. Questo perché voglio insegnare a mia figlia a credere nei suoi sogni e a realizzarli, anche se viviamo in un paese retrogrado come l’Italia!
Grazie per la tua testimonianza Linda. Vorresti rispodere alle domande poste in questo articolo? https://www.dols.it/2013/02/25/renserita-io-magari/