Leggerezza”, una caratteristica che è figlia diretta di una grande conquista:la distruzione del concetto di fatica.d
Fra le tante fratture chi ie separano il mondo di chi è cresciuto negli anni ’70 e non ha saputo impossessarsi della contemporaneità e la generazione che per comodità di analisi definiremo dei nativi digitali ce n’è una particolarmente dolorosa. Una frattura che in realtà è un vero e proprio baratro e arriva perfino a minare, se non proprio a impedire, qualsiasi dialogo. Stiamo parlando della “leggerezza”, una caratteristica che è figlia diretta di una grande conquista di questi ragazzi, la distruzione del concetto di fatica.
Chiunque ha più di 50 anni ricorda bene le filippiche di genitori e insegnanti sul fatto che la vita è fatica, sudore, sacrificio, che i risultati si ottengono solo a prezzo altissimo e comportano ore passate nella noia e nell’applicazione solitaria. Tutte cose sintetizzate nel ‘volli sempre volli fortissimamente volli’ di alfierana memoria, cioè di un tizio che si è fatto legare a una sedia per imparare una lunga serie di cose delle quali probabilmente non gliene fregava niente, col risultato di aver prodotto opere tanto noiose quanto si è annoiato lui per imparare a scriverle.
Bene, i ragazzi oggi hanno scoperto che non è vero niente. Che tutte queste belle cose, la conoscenza, l’acquisizione di professionalità, i risultati umani e professionali, possono essere ottenuti o raggiunti anche divertendosi. Sanno, i ragazzi, che se i loro genitori si sono massacrati la vita piegandosi a principi di una freddezza marmorea, a loro può non toccare la stessa sorte.
Tralascio qui tutte le bellissime e vive conseguenza di questa straordinaria scoperta. Mi limito a dire che ovviamente non sono tutte rose e fiori, ma siamo ancora all’inizio del percorso. La strada ormai, per fortuna, è quella, bisognerà solo avere la pazienza per percorrerla e correggere i tanti difetti che oggi ancora ci sono.
Quello che mi interessa è puntare i riflettori su uno degli effetti nemmeno secondari di questa presa di coscienza, e mi riferisco alla leggerezza.
Leggerezza è saper affrontare tutto con il sorriso sulle labbra. Leggerezza non è negazione della profondità, è saperci andare con allegria, senza fatica. Nei dibattiti di idee e di pensiero leggerezza non è sfuggire alla contrapposizione o dire cose senza senso ma utilizzare i paradossi, la contaminazione dei linguaggi, la battuta anche nelle situazioni più complicate per ricordare che, appunto, si parla per crescere e non per abbaiarsi contro o per aver ragione. Leggerezza, soprattutto, è aprire orizzonti. Un’ apertura che non sempre porterà da qualche parte, che a volte non servirà nemmeno a molto, ma in fondo, dai, non è così grave dire una baggianata.
Insomma, proprio quello che mi sembra spesso mancare in alcuni dibattiti, dove invece prevale l’aggressione verbale e ideologica e dove troppe persone scelgono di rifugiarsi in Ovidio, Properzio, Catone, Alfieri and so on invece di passeggiare in allegria nel mondo delle idee contemporanee.