Sono passati 55 anni dalla chiusura delle case di tolleranza, eppure l’argomento è ancora aperto.
Il 5 marzo 1952 il Senato approvò la proposta di legge d’iniziativa della senatrice Angelina Merlin su “Abolizione della regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento della prostituzione”, che divenne legge di Stato, dopo un iter piuttosto lungo, sei anni dopo.
La legge n. 75 del 20 febbraio 1958 – conosciuta come «Legge Merlin», entrata in vigore sette mesi dopo – privò molti uomini italiani dei luoghi di piacere (e di potere).
Sono passati 55 anni dalla chiusura delle case di tolleranza, eppure l’argomento è ancora aperto. La legge fu la prima di una serie di normative che cambiarono la condizione delle donne italiane, sia pure in ritardo rispetto ai Paesi europei (additati però come esempio, quando fa comodo).
In Italia, la posizione femminile subordinata a quella maschile era sancita per legge: col «Codice Rocco», l’adulterio femminile era punito con la reclusione, mentre quello del marito solo in caso di concubinato, il reato di stupro era estinto se seguito da matrimonio riparatore e c’erano attenuanti per mariti, padri, fratelli se “in stato d’ira” per l’offesa all’onore proprio o della famiglia uccidevano mogli, figlie, sorelle.
Grazie alle pressioni esercitate dai movimenti femministi e delle donne, alcune cose cambiarono. Dopo quella che Lina Merlin chiese di chiamare «Legge numero 75», ci fu una sentenza della Corte costituzionale nel 1968 che dichiarò l’illegittimità del reato di adulterio solo per la donna; nel 1970 fu introdotto il divorzio; nel 1975 ci fu la Riforma del diritto di famiglia che sancì la parità dei diritti dei coniugi e abolì l’autorità maritale; nel 1978, la legge 194 normò il diritto delle donne alla salute riproduttiva, a una procreazione libera, responsabile e cosciente; nel 1981 il «delitto d’onore» e il «matrimonio riparatore» furono abrogati; nel 1996 la violenza sessuale si trasformò da reato contro la morale e il buon costume in reato contro la persona e contro la libertà individuale.
Le date fanno capire l’indugio, da parte delle istituzioni italiane, nel prendere provvedimenti specifici per il problema della disparità di genere.
Le battaglie emancipazioniste hanno portato a un’uguaglianza teorica, ma cosa accade nella realtà di tutti i giorni? E per la libertà sessuale?
In Italia c’è un ritorno al passato, una regressione antropologica avallata da «utilizzatori finali», spesso seduti sugli scranni del potere. E se, da una parte, si legittima l’arroganza maschile e la volgarità, dall’altra, si tenta una nuova «naturalizzazione» del ruolo della donna, in una per nulla intellettuale filosofia di suddividere le donne in immagini-spazzatura/prostitute e madri-madonne.
In Italia vi sono 9 milioni di uomini (quindi, circa il 40% della popolazione maschile «sessualmente attiva») che scelgono un sesso mercenario, anziché la «responsabilità» di relazioni di coppia, di qualsiasi genere e durata essa siano.
Non si tratta di poter avere un rapporto sessuale ma di avere un rapporto di potere tra sessi: ci si nasconde dietro un fantomatico «bisogno naturale, tipico del maschio», per camuffare le difficoltà di chi si sente destabilizzato, perché il bastone del potere è anche un bastone d’appoggio e un bastone di difesa.
Su questo argomento, l’Italia sembra unita: se a Napoli il sindaco propone di sperimentare lo zoning, creando un’area riservata – non dentro la città – dove accogliere (e cogliere) le prostitute, di recente, nel comune di Trento, qualche consigliere circoscrizionale ha dichiarato di volerle togliere dalla strada per “farle vivere meglio”, chiedendo di riaprire le «case chiuse».
Queste contengono un imperituro dilemma: sono luoghi di divertimento o di sfruttamento? di seduzione o di disperazione?
Un «piacere» inteso come «servizio».
Le richieste di riproporre questi luoghi celano, in realtà, la volontà di togliere il mercato del sesso dalla vista dei cittadini perbenisti.
Una morale di facciata contro un’umorale sfacciata. Con fierezza.
Leoni contro lenoni?
Nel nostro Paese, dove il dibattito intorno alle lavoratrici del sesso è spesso vestito di ipocrisia e moralità, si prendendo lucciole per paterne… o paternali.
Il degrado è, innanzitutto, quello culturale.
Le grida moraliste nascondono spesso una logica sessuofobica, l’incapacità e la mancanza di volontà di vivere liberamente e consapevolmente la sessualità.
Nel 2013 si preferisce immaginare uno Stato che legittimi l’esistenza di luoghi in cui il «maschio» compera l’amore, suggellando una precisa visione del rapporto fra i generi, piuttosto che diffondere la cultura dei diritti della persona e del rispetto tra i generi, anche attraverso un’educazione alle differenze, un’educazione sentimentale e sessuale.
Perché se una persona è libera, è difficilmente dominabile.
Anche in Italia la violenza contro le donne è ancora un fenomeno dai numeri drammatici: per questo occorrono case-rifugio, non «case chiuse».
L’apertura che serve è quella mentale, che è mancanza di pregiudizi, un’ampiezza di vedute che permette alla coscienza e alla conoscenza di non restare statiche e sviluppa un pensiero critico e non, come per troppe persone, una frattura cranica con un danno critico al cervello.
12 commenti
Grazie all’autrice, ci sembrava un dato acquisito che la prostituzione fosse un aspetto strutturale della società maschiocratica, ed eccoci, invece, a doverlo continuamente ricordare.
Grazie di questo articolo, che restituisce un quadro di riferimento a una legge a cui – con generale perdita di memoria storica – vengono sempre più spesso attribuiti tutti i mali del mondo. Tempo fa scrissi questo pezzo sul medesimo argomento: http://consumabili.blogspot.it/2012/06/sotto-attacco.html
Però è anche vero che la prostituzione è la professione più vecchia del mondo, e allora comensi risolve questo problema? Gli uomini non cambiano conla bacchetta magica.
Professione più vecchia del mondo? Scusa Caterina, ma questo è un luogo comune. Più vecchio del mondo sarà stata l’ostetrica o la cuoca. La prostituzione è nata probabilmente col patriarcato, questo sì. “Gli uomini non cambiano con la bacchetta magica” lo potremmo dire anche per altre questioni, come ad esempio per gli stupri. Trovo che comunque sia importante quando si parla di prostituzione focalizzarsi sui clienti e sull’industria (un settore economico rilevante del capitalismo). Sono secoli e secoli che si è parlato solo di prostitute occultando gli elementi più importanti del sistema.
L’argomento è delicato. Va combattuto lo sfruttamento della prostituzione e sono fermamente convinta che si debbano tutelare le donne che decidono di prostituirsi. Come? Chiedendolo, in primis, a loro. Accanto a questo, come ho scritto, servono un’educazione alle differenze e un’educazione sentimentale e sessuale, che va intesa non in senso anatomico: un’educazione alla nudità, al contatto, all’eros. Per donne e uomini.
Le regole? Libertà e rispetto.
Cara Caterina, l’argomento del c’è sempre stato è da un bel pezzo che non si può più usare, lo usavano gli uomini, e anche le donne che, nel XIX secolo e oltre, volevano negare la parità di diritti civili e politici alle donne nelle nuove società liberali e democratiche che si andavano formando. E la contro-argomentazione classica delle femministe dell’ottocento era: “Ma anche la schiavitù c’era sempre stata, finché gli stati moderni non decisero di abolirla”.
Lo so che ‘è un luogo comune, ma i luoghi comuni non nascono mai a caso.
Infatti, un luogo comune funzionale al mantenimento di uno status quo, dove invece la realtà de fatti dimostra che gli status quo sono realtà storiche modificabili, anche se antichissime e persistenti, come appunto il caso della schiavitù. O come il caso dell’inferiorità giuridica (civile politica etc.) del genere femminile. Chiediamoci a chi fa comodo 😉
Caterina, gli stereotipi sono generalizzazioni derivate dal processo di categorizzazione. Nel tempo sono aumentate categorizzazioni e stereotipi, per controllare e per giustificare.
Pensa agli stereotipi nella violenza sessuale, che determinano – addirittura – un ribaltamento della colpa: le donne serie non vengono violentate e se una donna non vuole un rapporto si può difendere, se una donna non reagisce è perché le piace…
“Gli stereotipi femminili che rappresentano la donna come un essere «inferiore» sono vecchi come il mondo. E rinviano tutti, irrimediabilmente, alla natura. Per Aristotele, ad esempio la donna non possiede sufficiente «calore naturale»; è per questo che è «incapace di cuocere il suo liquido mestruale fino al punto di raffinatura», per trasformarlo in sperma. Per sant’Agostino, è «più consono all’ordine della natura» che l’uomo domini sulla donna, piuttosto che la donna sull’uomo. E così via, per secoli!” (Michela Marzano, Sii bella e stai zitta. Perché l’Italia di oggi offende le donne)
Per secoli gli uomini, abusando del loro potere, hanno parlato a nome delle donne e hanno preteso di sapere che cosa esse avrebbero dovuto fare (oppure non fare).
Usciamo dai luoghi comuni! 🙂
Voi capite bene che io faccio l’avvocato del diavolo, vero? Grazie per le vostre risposte….il dibattito si riscalda. Vorrei che partecipasse anche qualche uomo…
Partiamo dai dati di fatto:la maggior parte delle donne, degli uomini e dei minori che “esercitano” in strada, fa parte di un sistema di vero e proprio sfruttamento, spesso accompagnato da violenze e ricatti! La situazione è peggiorata con l’arrivo, negli ultimi vent’anni, di un ingente numero di persone straniere,giunte in Italia con la falsa promessa di una vita migliore, che, ahimè, vengono inserite in circuiti malavitosi dediti non solo alla prostituzione, ma anche allo spaccio e ad altri terribili reati quali la tratta di esseri umani,spesso finalizzata alla vendita di organi. Ebbene, come arginare e controllare questo fenomeno, che comporta, peraltro, svilimento e degrado, anche urbano? La prevenzione, come sempre, è l’arma vincente!Dobbiamo batterci per l’emanazione di una normativa ad hoc, che preveda forme di aiuto e sostegno, anche sanitario, a coloro che fanno della vendita del proprio corpo un “mestiere”, solo per costrizione. Poi, chi ha deciso di esercitare la prostituzione per libera scelta e piacere personale si organizzasse come meglio crede, nel rispetto, però, del decoro e della sensibilità degli altri consociati!
Caterina, apprezzo il tuo sforzo di andare oltre i luoghi comuni ormai consolidati al riguardo della prostituzione. Se i luoghi comuni esistono ovviamente nascono da situazioni vere ma dopo un po’ tendono a trasformarsi in situazioni verosimili dove, cioè, il riscontro con la realtà a poco a poco diventa non più necessario e si appiattisce sulla ripetizione del già sentito. Esiste una dimensione della prostituzione che richiederebbe un intervento forte di eliminazione totale ed è quella legata alla tratta delle donne di qualunque etnia. Lo sfruttamento è un crimine e deve essere cancellato semplicemente dalle nostre società. Nessuna giustificazione è possibile. Cosa può restare ? La decisione autonoma di singole persone che o come libere professioniste (ma il discorso vale anche per i maschi prostituti, categoria in aumento) o aggregate in cooperative o in studi professionali (come uno studio estetico) decidono di esercitare liberamente la professione o il mestiere (a seconda di come lo si vuole considerare). In questo senso le cosiddette case chiuse sono una opzione il cui principale errore è nel nome. Casa chiusa suggerisce privazione di libertà, sfruttamento, costrizione, invisibilità per quello che potrebbe essere un lavoro alla luce del sole (e del fisco) con tutte le sue tutte le sue protezioni e tutele e la possibilità di entrare e uscire a piacimento. La domanda di sesso esiste e la sua soddisfazione a pagamento non è un delitto nemmeno per la nostra società bacchettona e cattocomunista. Anche mangiando pomodori e salse pronte si contribuisce al mercato di schiavi nelle campagne pugliesi, campane e a far vivere un sistema mafioso di tratta di esseri umani che vivono in condizioni subumane. Nessuno pensa di mettere fuori legge la salsa di pomodoro per questo motivo. Quindi credo che la questione della regolamentazione e repressione dell’illegalità debba essere perseguita in modo duro e deciso aprendo la porta alla professione legale. Questo per quanto riguarda il lato offerta. Sul tema delle motivazioni maschili per la domanda occorre un post a parte. Anche qui occorre aprirsi a interpretazioni meno ritrite se si vuole catturare la realtà. Grazie dello stimolo, comunque.