La normativa italiana, a partire dai principi costituzionali, sarebbe di per sé sufficiente, se applicata, a colmare le tante lacune discriminatorie che caratterizzano ogni campo del vivere civile, dove quotidianamente si esprimono le potenzialità femminili.
La Costituzione recita che tutti i cittadini sono uguali e, nello specifico, l’art. 51 prescrive l’eliminazione di qualsivoglia impedimento che possa contrastare l’uguaglianza, in tal senso si esprime anche il Codice delle Pari Opportunità,Dlgs 198/2006.
La legge è dalla nostra parte, ma ad essa non seguono puntuali provvedimenti applicativi.
Peraltro, l’esclusione femminile non è mai stata un tema particolarmente “caldo” di discussione e, sovente, si percepisce un atteggiamento contraddittorio da parte delle donne stesse nei confronti della politica, una sorta di attrazione mista a sospetto di cui, ovviamente, l’uomo fa tesoro!
Le recenti formazioni politiche sorvolano il problema o lo citano in maniera poco convinta, insomma, la politica è ancora “maschia” e da ciò consegue che la presenza delle donne in Parlamento, pur se cresciuta negli ultimi anni, rimane comunque molto inferiore a quella maschile: non è stata ancora assicurata quella tanto invocata parità di genere, soprattutto a livello di rappresentanza politico-istituzionale
Le premesse, come detto, ci sono e visto che noi donne costituiamo il 52% dell’elettorato italiano, sorge spontanea una domanda: come mai siamo così poche nei posti di potere e mal rappresentate?
Sono stati scritti fiumi di parole sull’argomento, tante le riflessioni, le considerazioni su un tema che, anche a livello europeo, appare poco incisivo e mostra difficoltà di recepimento.
A mio parere,l a vera, prioritaria problematica da affrontare è che l’opinione pubblica femminile non “ci sceglie”, insomma “CHE LE DONNE NON VOTANO LE DONNE”!
E’ un dato incontrovertibile, poichè costituiamo un’alta percentuale dell’elettorato attivo, dovremmo avere una percentuale altrettanto elevata di elette, sia a livello centrale che locale.
Pertanto, finché non riusciremo a cambiare la NOSTRA mentalità ed a superare quell’innato senso di competitività che molte volte ci connota, le donne intenzionate a fare le leggi a favore delle donne saranno sempre in minoranza rispetto agli uomini, che continueranno ad “approfittare” della sempre vigente, debole solidarietà femminile.
Donne e uomini sono portatori di identità diverse ed allora usiamo lediverse identità per trarre vantaggio dal talento di tutti, evitando discriminazioni!
Gestiamo e valorizziamo le differenze ed il potenziale di ciascuno, superiamo le gelosie, le invidie spicciole che rafforzano un modello culturale che favorisce l’uomo! Impariamo a valutare il problema, non come una “faccenda di donne”, ma come una questione etica, di giustizia sociale e di necessaria democrazia!
2 commenti
Tanto ci credo che su Facebook ho creato il gruppo “Valorizzare i generi nella differenza”.
Luciano Anelli
Crescere venendo identificate nella società attraverso il solo cognome paterno ed essere riconosciute socialmente solo grazie a una figura maschile, condiziona le donne al punto tale che per loro diventa spesso difficile sentirsi rappresentate da una donna in politica; né essere rappresentati da una donna può apparire un’opzione facilmente adottabile agli uomini, che si sono affermati nel sociale esclusivamente attraverso il cognome del padre.