Una diversa visione del mondo
Sembra di assistere ad una rappresentazione teatrale in cui non accade niente.
Eppure dovrebbe. Si odono molti rumori dietro le quinte, alcune grida, persone che vanno avanti e indietro, porte che sbattono. C’è molto fermento, ma non appare nessuno, neanche per dire di tornare a casa. Dal buio della sala, continuiamo a puntare lo sguardo inebetito sul palcoscenico vuoto e illuminato, ma niente.
È così dalla pubblicazione dei risultati ufficiali di voto. L’aspettativa di cambiamento si è tramutata nella confusione di un Paese spaccato, che solo formalmente parla la stessa lingua.
Dal rumore emerge però una nota di fondo. Ogni scenario di governo possibile si sta articolando su due piani: garantire al Paese poche riforme condivise in attesa del ritorno alle urne e – appunto – le prossime consultazioni elettorali.
In quest’ottica, nessun partito o movimento è disposto a perseguire accordi eterodossi che tornerebbero indietro come un boomerang al prossimo voto; sorge anche il ragionevole dubbio che non sia la diversa visione del mondo ad ispirare assensi e dinieghi, ma una diversa visione personalistica del potere.
Nel frattempo, la lettura della rassegna stampa è un’operazione per stomaci forti e nervi saldi. Partiti spaccati, movimenti che vogliono decidere di volta in volta cosa votare e propongono una marcia romana di inizio legislatura (per fortuna cancellata), partiti-azienda che organizzano sit-in di parlamentari davanti ai tribunali sotto la foto di Falcone e Borsellino, papelli al Presidente della Repubblica in qualità di capo del CSM, silenzi assordanti. Al confronto, l’elezione del nuovo Papa rischia di apparire una riunione di condominio tra arzilli pensionati.
Il Paese è in stallo e, per una volta, non è responsabilità esclusiva della classe politica: ci chiama tutti in causa. Si sta accentuando la spaccatura tra vita quotidiana e senso di appartenenza ad una comunità nazionale; spesso si rinuncia a valutare, comprendere e costruire una propria opinione politica prima delle 48 ore che precedono il voto.
Il partito dell’opinione di voto all’ultimo momento («non mi interesso di politica», «tanto sono tutti uguali») è quello che decide le sorti della nostra collettività e rischia di essere facile preda del marketing politico e degli slogan.
Ecco, ora è fatta. Speriamo che si riesca a comporre un esecutivo che duri almeno sei mesi e che porti a casa la modifica della legge elettorale e il taglio dei costi della politica, ma è finito il tempo della lamentazioni sterili.
Se si esercita la propria cittadinanza attiva a singhiozzo, reputando che la politica riguardi sistematicamente qualcun altro, non è sensato lamentarsi di un Paese bloccato.
Paola Giannelli, nata a Bari, vive a Milano. Specialista di internazionalizzazione delle imprese sui mercati asiatici, è presidente dell’Associazione culturale “la Rivista Intelligente” e redattrice della Rivista, socia della Fondazione Marisa Bellisario e appassionata di web marketing e di editoria digitale. Laureata in economia e commercio, ha conseguito l’MBA presso la Clemson University, Stati Uniti.
1 commento
Oggi commentavo il tempo con una signora mia amica: sembra il governo. Non c’è nessuna certezza. E lei magari questa è la svolta che ci voleva.Ed io: solo che le svolte spesso non si sa SE SONO IN MEGLIO O IN PEGGIO..,