di Caterina Della Torre
Una intrigante copertina ed un bel titolo che fa presagire tutto e niente. Un romanzo d’amore, di pensiero, di emozioni? No, un noir ambientato nella Bari di oggigiorno. Dove San Nicola arrivò via mare ma anche luogo dove oggi esiste un alto livello di criminalità. Ne parla Alessio Viola, giornalista e scrittore, nel suo ultimo romanzo edito da Rizzoli ”Dove comincia la notte” , in cui narra di vicende realmente accadute e del lato oscuro della sua città.
Una città che il detective Roberto De Angelis vive soprattutto di notte. E’ il suo regno sia per gli appostamenti che per le riflessioni, che lo riportano a una donna medico trentenne che potrebbe dargli una possibilità di rinascere. L’ occasione giungerà una sera, all’improvviso mentre si ritrova sulle tracce di un giovane spacciatore che lo guiderà nel covo della malavita barese, oltre i propri limiti e quelli della legge.
Un thriller, un noir il tuo nuovo libro. Perchè adesso, in questo momento?
Uhm….i libri escono non solo quando si finisce di scriverli, ma anche quando un editore sceglie il momento.…era da un pò che ci lavoravo. più in generale, che studiavo una serie di accadimenti criminali del passato a bari.
L’hai ambientato a Bari e Puglia con personaggi e luoghi pugliesi. Quindi è mirato solo ai tuoi conterranei?
Ovviamente il fatto che sia ambientato a Bari non vuol dire che si rivolga solo ad un pubblico pugliese. Anzi credo che per certi versi Bari sia una città molto più globalizzata e comprensibile di Napoli o di Roma, altri luoghi scenario di romanzi di questo tipo. Bari è un palcoscenico perfetto per queste messe in scena.
I due protagonisti del romanzo, Roberto De angelis, l’investigatore e il delinquente che insegue e che lo porta nel regno della notte sembrano due persone per nulla ”eroiche”, ma due persone qualsiasi. Perchè questa scelta?
Perchè non esitono eroi. Forse non sono mai essittiti, è la storia che decreta l’eroismo dei suoi protagonisti. Cosa c’è di eroico nel fare il poliziotto o il killer? Solo la cattiva letteratura li fa diventare tali. Le loro sono vite all’insegna della “normalità del male”, tutto qui. Che è spesso la normalità di tutti noi
Le gesta che racconti sono vere?
I fatti narrati nel romanzo sono realmente accaduti diversi anni fa. Non necessariamente in quella sequenza, con quei protagonisti e ovviamente con quei nomi professioni e tutto il resto….sono vicende talmente incredibuili a volte da sembrare costruite. Ma la realtà è mille volte più creativa della fantasia di uno scrittore. Nel mio caso mi sono preso il compito di romanzarla, di renderla comprensibile, di proporre a tutti quel mondo e quella “normalità”.
E le donne hanno sempre un ruolo marginale nei tuoi romanzi, perchè?
Non lo so, non direi. Oppure non me ne rendo conto. Probabilmente per il motivo semplicissimo che non sono una donna. Diffido di quegli uomini che pretendono di conoscerle così bene al punto di scriverne e farne le protagoniste assolute. Perfino i grandi e i grandissimi della letteratura. Un uomo può solo capire un uomo, forse. Una donna mai.
La notte in realtà è la regina del tuo romanzo. Ma Bari non è così, vero?
No no bari è proprio così. Anzi spesso è anche peggio. C’è la notte del gioco d’azzardo, in cui passano di mano proprietà ingenti. La notte della prostituzione “controllata”, moglie e figlie di professonisti e commercianri che “agevolano” gli affari di famiglia…la notte degli usurai e degli usurati….la notte di bari è buia oltre quello che si crede.
Qual’è la pagina del tuo romanzo che porteresti all’attenzione dele lettrici di dols per farle innamorare del romanzo?
”Le emozioni che sentiva in quei giorni erano troppe
e strane, difficili da decodificare, soprattutto perché lui
era abituato alle impressioni nette, alle scelte precise, al
bianco e nero senza sfumature. Si trovava al centro di
una strada senza uscita, asfaltata di mille grigi su cui era
poco abituato a camminare, sull’orlo dell’irreparabile e
ormai anche oltre, circondato da sabbie mobili, eppure
sentiva che non poteva fare altro che andare avanti. Era
sempre stato così, ogni volta che incominciava qualcosa
doveva portarla a compimento, per una sorta di indicibile
onestà con sé stesso. Questo ragazzo poi gli era entrato
nel cuore, nel senso che ne ammirava l’immediatezza
del sentire, la chiarezza delle scelte, la coerenza. Era una
macchina per uccidere, e svolgeva il proprio compito
con una consapevolezza che non conosceva incertezze;
a ben vedere, aveva un’etica del lavoro superiore a
quella di tanti altri, compresa la sua, naturalmente. Lui
ormai aveva smesso di cercare un senso nel suo essere
un poliziotto, perché non ne vedeva più alcuno.
Bari continuava a vivere la sua doppia vita, di giorno
industriosa e attiva, la notte regno dell’inconfessabile.
Aveva visto per tanti anni corruzione e ruberie, il dilagare
della droga e l’assuefazione della città a tutto quello
che si portava dietro. I giovani di Sinistra e di Destra si
ritiravano dalla vita pubblica, non li aveva mai avuti in
simpatia ma rimpiangeva i cortei e i casini di quando anche
lui era giovane, uno sbirro da insultare e combattere in
piazza. Si era abituato lui stesso all’indifferenza, ormai
considerava fisiologica ogni attività che un tempo riteneva
non solo da perseguire penalmente, ma moralmente
ripugnante. La sua soglia di accettazione del male si era
abbassata fino a sfiorare i marciapiedi della vita su cui
ormai si trascinava. Era passato da un amore sbagliato
ad altri ancora più sbagliati, incapaci di lasciare tracce,
così si era aggrappato alla sua solitudine, unica amica che
non lo aveva mai tradito. Era lucido, sapeva quello che
faceva. Il suo stesso corpo era non soltanto invecchiato,
ma sfiorito, privo di vigore. Chissà, forse avrebbe dovuto
sposarsi e fare tre figli, nel calore della famiglia avrebbe
trovato nuovi stimoli. O forse sarebbe stato pure peggio,
vai a sapere. Chi se ne frega del matrimonio, dei pannolini
da cambiare, dei pranzi domenicali dalla suocera, dell’asilo
alle otto di mattina, le tonsilliti e tutto il resto, si disse poi.
Meglio così: qualunque cosa fosse successa nella sua vita
avrebbe riguardato soltanto lui, nessun altro si sarebbe
fatto male: ne era quasi fiero.
Cercò di mettere ordine ai suoi pensieri. Primo: voleva
sempre che Giacinto eliminasse il tizio della palestra?
Con un plebiscito, tutte le sue personalità votarono
sì, non c’era scampo per quell’uomo, la sua sorte era
decisa. Secondo: cosa ne avrebbe fatto del suo amico?
Decise di rimandare la risposta, non ne aveva ancora una
convincente, in attesa di trovarla il piano migliore era
improvvisare, gli riusciva sempre bene. Terzo: già, qual
era la terza domanda? Non se la ricordava. Forse non
c’era mai stata, le prime due pesavano già abbastanza”