Conciliazione famiglia e lavoro: tema caldo, delicato e molto critico per i genitori e senza ombra di dubbio, per le donne in particolare.
Da tempo magazine, riviste e quotidiani scrivono al riguardo, ricerche e sondaggi si interessano dell’argomento come anche blog e siti dedicati a mamme.
Tema complesso che trova pareri contrastanti anche fra le dirette interessate: c’è chi non rinuncerebbe mai al lavoro per dedicarsi full-time ai figli, in quanto vive il lavoro come una dimensione importante della propria vita e per il proprio benessere personale, mentre altre donne scelgono di ridimensionare il lavoro, di rinunciare alla carriera o addirittura di uscire dal mondo lavorativo in funzione dei figli e della famiglia. Anche fra i personaggi importanti, pullulano esempi appartenenti ad entrambe le categorie: Merissa Meyer, la donna a capo di Yahoo che ha fatto tanto parlare di sé nelle ultime settimane per il telelavoro, è sicuramente un esempio di madre in carriera che non ha voluto rinunciare a nessuna delle due dimensioni; al contrario, la deputata francese Axelle Lemaire, che ha detto di “no” all’incarico da ministro, è un esempio di donna che ha scelto la maternità alla carriera politica, almeno allo stato attuale dei fatti.
Scelte diverse supportate da convinzioni, aspettative e bisogni diversi.
L’arrivo dei figli, e forse ancor prima già la ricerca di un figlio, mette ogni donna dinanzi alla necessità di pensare ad una inevitabile riorganizzazione della propria vita, in quanto i ritmi, i tempi e lo stile di vita non possono più chiaramente essere i soliti.
In questa cornice generale, si aprono diverse possibilità: ci sono donne che lavorano fino a poche ore prima di partorire, rimangono a casa il minimo indispensabile e rientrano al lavoro dopo poche settimane. Ci sono altre donne, invece, per cui la gravidanza diventa il fulcro della propria vita, pensieri e decisioni ruotano attorno ad essa e anche quando il figlio arriva, la vita è dedita principalmente a lui, a costo di procrastinare il più possibile il rientro al lavoro, di allentare fortemente e talora anche di rinunciarvi (chiaramente a condizione di poter sostenere economicamente un passo di questo tipo) per uscire definitivamente dal mondo lavorativo oppure per cambiare professione, al fine di trovare una formula lavorativa che renda possibile questa conciliazione A fianco di queste due realtà assolute, ci sono poi molte donne che pur non rinunciando alla maternità, portano avanti il proprio lavoro con un impegno di ore e di energie contenuto, per poi potersi dedicare alla famiglia e ai figli.
Quest’ultima realtà è molto più facile riscontrarla in situazioni lavorative del pubblico impiego o dell’amministrazione, in cui c’è un orario definito e spesso anche più facilmente integrabile con gli impegni familiari. La situazione diventa più difficile quando il lavoro full time impegna tutto il giorno e/o con richieste impegnative anche fuori casa; in questo caso, diventa necessario prendere una posizione (“out” o “in”).
Chiaramente la scelta a cui si giunge dipende dai bisogni e dalle aspettative personali e familiari: nel caso in cui si opti per un’integrazione, si parte dal presupposto che il lavoro costituisce parte della propria vita, fondamentale per il benessere e l’equilibrio personale in quanto motivo di gratificazione e realizzazione individuale, pertanto non si contempla di rinunciare o venire meno nei confronti della professione anche quando si diventa madri. Al contrario, molte donne che appartengono a questa categoria, sostengono che la maternità dà loro una spinta in più, aumenta la motivazione e la voglia di fare. Questo non significa che la famiglia non sia importante o sia secondaria; è vissuta come una dimensione molto importante della propria vita da conciliare con il lavoro, pur con la consapevolezza e l’accettazione che l’impegno lavorativo riduce tempo ed energie da dedicare ai figli. Queste donne non si pongono in termini di scelta (“aut-aut”), bensì di integrazione e conciliazione (“multitasking”).
Nel caso, invece, di donne che scelgono di rallentare o di lasciare il lavoro, il pensiero di base è che la famiglia e i figli siano al primo posto e che tutto il resto viene dopo nella scala delle priorità, pertanto il lavoro, soprattutto se molto impegnativo, è vissuto come un intralcio o un ostacolo alla possibilità di poter stare con i figli e quindi, laddove possibile, ridimensionato o allontanato. Infatti l’idea di dover stare gran parte del giorno fuori di casa e quindi di non potersi dedicare ai figli, risulta insopportabile, anche se in cambio possono esserci prospettive di carriera o onorari alti.
Secondo un sondaggio condotto da Infojobs nel maggio 2012, solamente il 13% delle madri lavoratrici dichiara di vivere il proprio lavoro come un ostacolo e una mancanza nei confronti dei figli, mentre la maggior parte non lo vive così, per quanto ben il 63% del campione dichiari che il part-time o una maggiore flessibilità nel lavoro aiuterebbero a conciliare meglio il lavoro con la famiglia.
Tuttavia molti altri studi tracciano un profilo della madre di oggi come di una donna meno proiettata a fare carriera e più desiderosa di avere una vita tranquilla e disponibilità di tempo da dedicare ai figli e alla famiglia. Su questa linea si colloca un sondaggio online condotto dalla società di ricerca Sgw per conto del settimanale Grazia, da cui è emerso che ben l’80% delle donne con figli opta per questa soluzione.
In sintesi, quando si affronta il tema caldo della conciliazione famiglia-lavoro, vediamo come sia la maternità che il lavoro possono essere vissuti in modo diverso da donna a donna. Infatti non esiste una scelta “giusta” in assoluto; ogni decisione è sempre da misurare in relazione alla persona e alla realtà familiare e la risposta migliore è quella che risponde alla serenità sia individuale che familiare, che rappresenta l’elemento fondamentale anche per la crescita serena dei figli.
2 commenti
Indubbiamente una certa invidia esiste: essere Merissa Meyer o Axelle Lemaire sarebbe veramente bello. Perchè, al di là di cosa farai, di fatto possiedi una grandissima opportunità: quello di poter scegliere quello che ritieni per te più opportuno.
Nella mia esperienza di Consigliera di Parità, e di donne con problemi di conciliazione ne ho viste tante, ho maturato la convinzione che le due posizioni (rientrare presto al lavoro e ricercare forme di conciliazione possibili; o rimanere a casa il più possibile per fare la mamma) siano spesso strettamente connesse con il tipo di lavoro dipendente a tempo indeterminato che si fa e alle condizioni che nello stesso si vivono. Spesso è il bel lavoro che ti porta a non volerti assentare troppo, al ricercare opportunità di conciliazione, a studiare le opzioni possibili e a chiederti (dalla n. 92 Fornero del 2012) “ma questo benedetto congedo parentale ad ore, quando lo renderanno effettivamente utilizzabile?”.
Ma anche tra le dipendenti a tempo indeterminato talvolta le cose non vanno per il verso giusto, tanto che spesso succede di incontrare rigidità mentali tali da farci pensare che sia meglio ridurre o abbandonare il lavoro perchè non ci sono alternative.
E sono le condizioni di difficoltà anche con il massimo delle tutele, per non parlare delle precarietà che fanno ululare contro le lamentele delle più garantite, ad alimentare la convinzione e il risultato delle ricerche nel focalizzare nella mancanza di conciliazione l’abbandono di lavoro o di carriera.
E vorrei vedere meglio in tutti questi studi che tracciano il profilo della madre come una donna meno proiettata a far carriera. Non vorrei che 200 click descrivessero impropriamente una realtà complessa. Credo che se le donne di oggi hanno un più alto livello di studi, intendano utilizzarne i risultati per misurarsi nel mercato del lavoro. Per far questo richiedono: condivisione della cura in famiglia, una migliore organizzazione del lavoro e dei servizi a disposizione in modo da essere in grado permettere loro di conciliare. E per chi optasse per godere i primi anni della creatura, la sicurezza che – una volta uscite per qualche anno dal mercato del lavoro – il rientro non sia una mission impossible!
Penso che i fattori che portano una donna a lasciare il lavoro siano veramente tanti e molto personali.
Seppure sia difficile generalizzare, credo che comunque in questi anni stiamo vivendo in molti – sia uomini che donne – una disaffezione verso l’azienda (che ha perso la A maiuscola) e un mondo del lavoro che chiede molto ma non assicura necessariamente il futuro, a differenza della generazione che ci ha preceduto.
Perciò di fronte ad alcune situazioni di difficoltà nella conciliazione molte madri possono essere indotte a lasciare il lavoro, perchè il gioco non vale la candela, non solo a livello di orari, ma anche di cuore e passione.