Sarà possibile gestire la maternità in una situazione di lavoro non professionale?
Qualche considerazione in margine all’interessante articolo di Francesca Lemmi apparso su Dols.
L’articolo affondava le mani nel delicatissimo problema della gestione della maternità in una situazione di lavoro non professionale. Cioè in cui la madre non è libera di provare a organizzarsi il tempo in funzione anche della presenza dei figli.
Probabilmente su questo argomento così importante e delicato non ci sarà bisogno di ulteriori lotte. Sarà sufficiente aspettare con pazienza che il tempo faccia il suo lavoro e, ai ritmi vertiginosi della contemporaneità, non ci vorrà nemmeno molto.
È ormai chiaro che il lavoro salariato, almeno nella sua accezione impiegatizia prenderà sempre più la strada di una libera organizzazione del tempo che ciascun lavoratore farà a casa propria in funzione di obbiettivi da raggiungere.
Far convivere la necessità di accudire i bambini con il lavoro sarà sempre più semplice. Con buona pace degli asili nidi e di altre strutture, che saranno solo il luogo nel quale garantire ai bambini l’interazione con altri esseri umani e non il necessario parcheggio nei momenti in cui la madre (e naturalmente il padre) sono costretti a fare altro.
Quanto tempo ci metterà questo futuro a diventare presente, dipende dalla volontà della politica di creare le condizioni perché questo avvenga. Con l’informatizzazione senza dubbio della pubblica amministrazione ma ancor più con l’educazione digitale dei cittadini. Oltre naturalmente a quanto ci metterà a azzerarsi quella fetta di popolazione che per ragioni culturali o anagrafiche si dimostra ferocemente estranea alla digitalizzazione.
Resterebbe per ora fuori da questa riorganizzazione del tempo e del lavoro il mondo operaio, dove almeno per ora la riorganizzazione in termini di obbiettivi è ancora difficile da immaginare. Non impossibile, semplicemente ancora non ci riusciamo.
Ma con intere praterie a disposizione, magari le donne sceglieranno settori più creativi nei quali applicarsi e realizzarsi, lasciando le fabbriche agli uomini e alla loro forza bruta. Sarebbe un bell’epilogo per il mondo femminile, abbandonare proprio quel settore dove la lunga marcia per la parità è cominciata. Concludere il percorso presidiando tutte quelle branche delle attività umane capaci di valorizzare l’intelligenza rispetto alla forza dopo essere state costrette, per poter arrivare al pieno riconoscimento dei proprio diritti, a cominciare a scardinare l’organizzazione maschile del mondo dal luogo in cui nessun diritto veniva in quel momento riconosciuto.