28 marzo 2013: un giovedì mattina ordinario. In realtà un giovedì mattino iniziato con un sorriso in più e un cappuccio aromatizzato. Pronta per una giornata di lavoro prima della pausa dovuta alla Pasqua. Vado verso l’ufficio. Scarico le mail di lavoro, sbircio la casella privata e apro Facebook.
Trovo un messaggio da parte di una professionista con cui condivido passione e serietà per un mestiere nella comunicazione e nel marketing. Leggo e mi rendo conto di essere davanti ad una segnalazione di una campagna di comunicazione. Il prodotto comunicato è uno di quei prodotti per tenere linda e pulita la nostra casa. Penso subito all’ennesimo caso di campagna sessista dove la donna si eccita davanti ad una libreria impolverata e si avventura in porno-pulizie trasformandosi in un oggetto di piacere contro ogni identità. Pubblicità che tolgono dignità’ alla donna protagonista e ai consumatori destinatari dello spot lasciati in balia di stereotipi troppo basici. Pubblicità non degne di questa definizione e che sfuggono alle regole di base.
Visualizzo l’annuncio e rimango incredula: un corpo di donna riverso su un letto dalle lenzuola scomposte e di cui non è possibile vederne il volto. Sulla parete alle spalle del letto un’ombra che evoca la ferocia dell’accanimento contro il corpo femminile e infine seduto sul bordo l’uomo con un ghigno tra il furbo e lo stupido pronto a cancellare – grazie al “candido” panno ELITE prodotto da CLENDY – la traccia del misfatto. Ecco vi ho appena descritto l’annuncio che – come mi è riferito – troneggia in affissione a Napoli ma che viene con orgoglio presentato anche all’interno della pagina aziendale su Facebook.
Con sconcerto capisco di non essere di fronte all’ennesimo cattivo esercizio pubblicitario che trasforma uno spot a sostegno di un prodotto o di un servizio in un condensato sessista a danno di un’identità di genere, più comunemente a danno dell’identità delle donne ridotte a corpi o peggio ancora a oggetti.
Con l’annuncio dedicato al prodotto ELITE si va oltre. Si gioca con i fatti di cronaca, con il dolore e con un fenomeno che non sembra arrestarsi. L’iniziativa della spettabile CLENDY offende in prima battuta le vittime di femminicidio e il dolore dei loro familiari. Si offende la società civile fatta di uomini e donne. Si contribuisce ad arrestare la naturale evoluzione cui gli esseri umani dovrebbero tendere lasciando spazio alla violenza e al dilagare della superficialità.
Con un simile spot non si può conquistare il consumatore. E non lo dico solo come donna. Lo dico da professionista che da 18 anni a questa parte respira e ama respirare un mondo fatto di media e spot a favore di progetti e di imprese che vogliono creare e costruire.
Davanti ad una piaga della società contemporanea come quella del femminicidio nessun gioco, nessuna intenzione di provocare possono trovare ragione e giustificazione. La Vostra iniziativa va condannata senza remore da parte di chi è dotato di sensibilità e dignità. Promuovere un prodotto per la cura della casa dovrebbe significare altro.
Inizio a navigare sul sito Clendy consapevole di incrementare le visite di quelle pagine web. Scorro poi con attenzione i post sulla pagina su Facebook ancora una volta incredula: davanti agli occhi claim del tipo “per chi ama i piccoli gesti”, “una nuova eleganza”, “la felicità non è altro che il profumo del ns. animo”. Promesse di prodotto non mantenute.
Probabilmente affannati da documenti di budget e di previsione vendite i responsabili hanno trascurato la lettura di un quotidiano o la visione di un tg. Sono stati trascurati numeri importanti fatti di nomi propri di persona: nel 2012 più di 120 donne sono state uccise, spesso tra le mura domestiche e ancora più spesso per mano di quel compagno di vita che si era ripromesso di amarle, rispettarle e onorarle. Si proprio quell’uomo che l’azienda CLENDY invita a non lasciar traccia grazie al panno ELITE! Clendy con i suoi stracci pulisce via una serie di gesti che sono definiti inconsulti e che macchiano quell’ambiente intimo e famigliare.
Un fenomeno quello del femminicidio che non accenna a placarsi e dall’inizio dell’anno purtroppo nuovi nomi di donne popolano le cronache. Infatti da gennaio a oggi nuovi omicidi a danno di donne sono stati commessi. E’ trascorso un nuovo 8 marzo e da più parti si è denunciato il bisogno di mettere in pratica una tutela più stretta ed efficace.
Che cosa è lecito chiedere all’azienda CLENDY? Un gesto semplice: rimuovere quei cartelloni, annullare la campagna e modificare la pianificazione delle prossime uscite pubblicitarie. O forse un nuovo annuncio. Sullo sfondo dell’annuncio un panno elite su cui scrivere le scuse a quelle 126 donne uccise nel 2012 e uccise nuovamente nell’annuncio del 28 marzo 2013.
Allora cari Signori e Signore della spettabile CLENDY vi saremo grati e forse acquisteremo i vostri prodotti, se non altro per pulire via questa pagina pubblicitaria e aziendale vergognosa.
Francesca Maria Montemagno
Vice presidente di Pari o Dispare, comitato per la promozione della valorizzazione di genere
Essere Umano
Donna
Professionista della Comunicazione
SE VOLETE CONTRIBUIRE ALLA RIMOZIONE DELLA PUBBLICITA’ FIRMATE QUI LA PETIZIONE:
4 commenti
…. e diciamolo sono anche vice presidente di Pari o Dispare, comitato per la promozione della valorizzazione di genere che si e’ tanto impegnata per una comunicazione nei media contro gli stereotipi… http://www.pariodispare.org
Ottimo lavoro Francesca.
Chiunque fa comunicazione sa che le parole e le immagini hanno un peso.
Che ogni media ha un potere.
E che fra tutti i media, l’affissione è quello più invasivo e contro il quale nessuno ha la possibilità di “cambiare canale/voltare pagina/cliccare altrove, insomma: non vedere.
Le affissioni, spesso poste vicino a scuole e a luoghi ad alto passaggio di minori, dovrebbero essere create con altissimo senso di responsabilità.
Questo discorso vale per tutti i media, certo, ma deve assolutamente essere LEGGE per l’affissione.
Per fortuna esiste qualche modo per difendere noi e tutti i cittadini.
La segnalazione allo IAP, come hai indicato.
La sensibilizzazione attraverso iniziative, convegni.
E poi, abbiamo l’arma letale per qualunque azienda: il rifiuto ad acquistare prodotti comunicati in modo offensivo/realizzati senza il rispetto dei lavoratori/etc…
Spero anche io, come te, che Clendy ripulisca questa brutta pagina della sua storia. Solo allora potrò prendere in considerazione l’idea di provare i suoi panni detergenti.
Condivido. Non acquisterò prodotti che utilizzano pubblicità del genere.Sono stufa di cattivo gusto e mancanza di rispetto.
Grazie: mi consola il fatto che ci siano persone “del mestiere” che abbiano lo spazio, la volontà e la capacità di mettere alla berlina chi, aziende e pubblicitari, sfrutta una situazione grave per le donne, presente da sempre ma conosciuta da poco per la sua nefandezza e diffusione. Grazie. Ed evitiamo di aiutare chi produce e pubblicizza in modo discriminatorio ed insultante prodotti che, pur utili, noi non vogliamo acquistare più.