La società italiana, spaziando dall’economia alle industrie fino ad arrivare alla politica, è ancora profondamente maschile e maschilista.
Per quanto qualche spiraglio di luce si incominci a intravedere, la strada da fare è ancora lunga prima che si arrivi finalmente ad una vera e propria parità di genere, in cui il genere non sia più la variabile discriminante in virtù della quale operare arbitrarie esclusioni quanto piuttosto il fattore differenziale, ovvero l’elemento che può fare la differenza per apportare cambiamenti sostanziali e decisivi in virtù dell’integrazione e della complementarietà delle differenze di genere.
La società in generale e quella italiana nello specifico, è intrisa di contraddizioni e paradossi. Fra questi quello più grave e gravoso, che costituisce un fattore causale e di mantenimento anche della deriva socio-economica e politica attuale, è sicuramente lo scarso riconoscimento di valore e quindi di spazio alle donne.
Fin dai tempi antichi, la donna è sempre stata l’amministratrice indiscussa della casa e della famiglia, colei che gestiva la cura della dimora come anche l’educazione e la crescita della prole. Infatti è risaputo che le donne siano abili organizzatrici e programmatrici, in quanto educate e abituate ad amministrare le varie incombenze domestiche, ad incastrare gli impegni familiari e domestici in un collage quotidiano fatto di attività routinarie come anche di imprevisti e difficoltà a cui far fronte. D’altronde si sa, la casa è come una piccola azienda e l’amministrazione richiede buone capacità di gestione e di organizzazione.
A tutto ciò, si aggiunge la capacità, intrinseca nell’essere femminile, di sapersi occupare degli altri, di avere un’innata spinta all’accudimento e al prendersi cura dell’altro.
Tali capacità sempre state note e visibili a tutti, trovano un riscontro anche negli studi sul cervello femminile. Infatti il cervello delle donne è strutturato in modo tale da rendere molto più facile la comunicazione e l’interazione fra i due emisferi, ragion per cui le donne riescono ad occuparsi di più cose contemporaneamente (multitasking). Il cervello femminile ha anche una struttura tale per cui in generale, le donne sono più abili nell’oratoria e nella comunicazione, ovvero sia nel linguaggio verbale che nella capacità di ascolto; riescono ad avere una visione più ampia e complessa delle questioni, riuscendo a contemplarne anche gli aspetti non verbali ed emotivi.
A questo corredo aggiungiamo il fatto che le donne risultano in media migliori anche negli studi, in quanto, secondo le statistiche, raggiungono traguardi alti e con risultati eccellenti in percentuale maggiore rispetto agli uomini.
Infine non dimentichiamo che Madre Natura ci ha donato la capacità di resistere e saper far fronte a sforzi importanti (basti pensare al travaglio e al parto), per cui laddove l’educazione e le sovrastrutture mentali non condizionano verso strade diverse, la donna è geneticamente predisposta alla resistenza e all’impegno.
Per quanto si parli per generalizzazioni e quindi con i dovuti limiti del caso e sebbene ogni donna – come ogni uomo – abbia le sue caratteristiche personali che la rendono unica e diversa, il paradosso sta proprio nel fatto che nonostante queste abilità e peculiarità femminili (il profilo non è quello di una superdonna o eroina), la posizione della donna continua ad essere spesso nelle retrovie, un passo indietro all’uomo.
Fintanto che i posti di potere saranno prerogativa di soli uomini, come anche le facoltà decisionali, politiche e amministrative, si farà poca strada in avanti.
Al contrario, quando questo paradosso verrà sciolto per lasciare finalmente spazio ad un confronto e ad un’integrazione di genere in ogni ambito con un recupero del merito (anziché della cravatta, dei soldi o del potere) come metro di misura, allora la società riprenderà a marciare e solamente a quel momento si arriverà ad una svolta decisiva.
E’ di questi giorni il mio ultimo acquisto dal titolo accattivante – “La fine del maschio” di Hanna Rosin (ancora da leggere, lo confesso!) – in cui l’autrice delinea la sua tesi secondo cui l’epoca del testosterone è oramai alle soglie del tramonto per lasciare spazio finalmente alla “ascesa delle donne” (sottotitolo).
Per quanto sia convinta delle grandi potenzialità dell’essere femminile che sopra ho cercato di riassumere, ritengo che comunque la svolta non stia tanto nella sfida di genere e quindi nel prevalere dell’uno sull’altro, bensì nell’integrazione delle differenze, perché solo così il confronto può essere proficuo e il gioco di squadra vincente…sempre però a condizione che si punti alla meritocrazia e alla trasparenza.