Viviamo in un contesto socio-culturale intriso di stereotipi di genere duri a morire
Già da tempo coltivavo il desiderio di scrivere in merito all’educazione dei bambini contro gli stereotipi di genere; poi il confronto sull’argomento con Grazia Anatra, organizzatrice del Festival della Salute in programma per il prossimo maggio a San Giuliano Terme, e l’ultimo articolo di Antonio Turi “il sessismo amichevole”, mi hanno dato la spinta ultima e decisiva.
E’ palese a tutti come ancora viviamo in un contesto socio-culturale intriso di stereotipi di genere duri a morire e che tuttora continuano a fare la parte da leone e a sottendere a meccanismi decisionali e di potere, per cui sulle poltrone importanti continuano a sedere sempre e comunque uomini, per lo più veterani e senior. Esistono anche figure femminili di rilievo che riescono a sfondare il “tetto di cristallo”, ma sono in numero ancora troppo esiguo ed inferiore rispetto all’egemonia maschile che in virtù di un maschilismo conservatore e sessista, continua a prevalere e a dettare “il bello e il brutto tempo” (soprattutto quest’ultimo, purtroppo) del Paese.
Se altrove, sia in Europa che nel mondo, cambiamenti sostanziali già si vedono e si toccano con mano, in Italia la strada da fare è ancora lunga.
Come scrive Antonio nel suo ultimo articolo, il sessismo trova diverse forme di espressione: da quelle più palesi ed evidenti a quelle più subdole e camuffate, ma pur sempre tali.
Che cosa possiamo fare per debellare definitivamente questi assurdi e offensivi stereotipi di genere?
La strada è una sola e passa attraverso due corsie. L’unica strada possibile consiste infatti nel cambiare l’atteggiamento mentale delle persone.
La storia ha fatto il suo corso, la rivoluzione sessuale e il femminismo hanno rotto vecchi schemi e ad oggi si hanno le conoscenze scientifiche, gli strumenti e gli elementi oggettivi per superare vecchie credenze secondo cui gli uomini sono da considerarsi intellettivamente superiori e legittimati a muoversi outside, mentre le donne, stile Penelope, destinate ad aspettare chiuse entro le mura domestiche senza possibilità di espressione e di realizzazione personale al di fuori della famiglia.
Ad oggi sappiamo che il cervello maschile non è superiore a quello femminile ma semmai diverso, che le donne riescono bene e meglio degli uomini negli studi, che esistono donne meritevoli alla stregua di uomini capaci e che essere donna non significa solo corpo o genitrice e curatrice di figli, ma anche testa e capacità.
Pertanto i tempi sono maturi per prendere le distanze dalle discriminazioni di genere e quindi per iniziare a concepire le differenze di genere come un valore aggiunto, in quanto è proprio nella differenza e nell’integrazione che si cresce, ci si arricchisce e possono emergere le idee e i progetti migliori. Solo in questo modo possiamo prendere definitivamente le distanze da posizioni assurde e stereotipate che da una parte, vogliono continuare a mantenere una visione di superiorità dell’uomo sulla donna e dall’altra, spingono verso un annullamento delle differenze, come se la soluzione stesse nel rendere le donne un surrogato maschile.
Come già detto in altre occasioni, il cambiamento può avvenire se le donne per prime iniziano a credere nelle proprie capacità, a fare rete e creare sinergie fra loro, al fine di dare voce ad un sentire comune che può fare la differenza.
Tuttavia oltre a questo, credo che il vero grande cambiamento si possa avere se e quando iniziamo ad educare i bambini e i ragazzi, ovvero le donne e gli uomini di un domani, nella direzione della valorizzazione delle differenze di genere.
Non più tardi di qualche giorno fa una cara amica mi raccontava che una sera la figlia, non ancora alle elementari, ha esordito dicendo: “papà, per una volta puoi sistemare tu la cucina, così mamma gioca con me?”. La mamma in questione rifletteva perplessa: “per quanto cerchi di trasmettere a mia figlia l’idea della parità di genere, evidentemente le arrivano comunque messaggi sbagliati”.
Partiamo da un assunto: educare i figli non è semplice.
Educarli alla parità e alla valorizzazione di genere ancora meno. Tuttavia è nostra responsabilità orientarci in questa direzione, se vogliamo dare e trasmettere alle nuove generazioni un futuro diverso e migliore.
In che cosa consiste educare alla parità di genere?
– educare alla parità di genere pur rispettandone e valorizzandone le differenze comunicando ai bambini il concetto che maschi e femmine sono diversi fisicamente, hanno un diverso modo di comportarsi, relazionarsi e comunicare ma questo non significa che uno è superiore all’altro, in quanto seppur diversi, devono avere gli stessi diritti, meriti, opportunità e riconoscimenti;
– la comunicazione non può essere solo verbale ma deve trovare conferma e coerenza con il comportamento che i figli osservano in famiglia: la bambina dell’esempio probabilmente vede spesso la madre in cucina e quindi in virtù di questo, ha costruito la fallace convinzione che la cucina è egemonia femminile e che se il papà lava i piatti è un’eccezione e un favore che fa alla madre;
– riconoscere e valorizzare i nostri figli per come sono e per le peculiarità capacità e abilità che hanno, evidenziando come l’aspetto fondamentale che fa la differenza sia dato dalle capacità e potenzialità personali piuttosto che dal genere di appartenenza e/o allo status sociale;
– aiutare i bambini a sviluppare un pensiero critico rispetto agli stereotipi di genere veicolati dal sistema sociale nel quale viviamo, dai messaggi pubblicitari, dai racconti che tuttora si trovano nei libri di scuola…
Sono convinta che solamente crescendo e educando la nuova generazione all’insegna della valorizzazione delle differenze di genere e della parità (vera e reale) di genere circa la possibilità di espressione e di realizzazione personale, si possa arrivare finalmente ad una svolta definitiva e quanto mai necessaria.
2 commenti
che dire, francesca, condivido parola per parola quello che hai detto :-)))
Davvero molto interessante e condivido in pieno!
Anch’io tempo scrissi più o meno su questo tema, partendo dal chiedermi se esistessero differenze fin a partire dai giochi. Non è facile per i bambini crescere evitando di essere influenzati da pregiudizi e stereotipi…
(http://www.mammeacrobate.com/bambini/3-10-anni/1142-cose-da-femmina-e-cose-da-maschio.html)
Condivido pienamente il pensiro di Francesca, tanto che da anni ho creato su facebook un gruppo del nome “Valorizzare i generi nelle differenze” a cui hanno aderito donne e uomini nel numero attuale di 1150. Uno studio commissionatoi dalla Regione Puglia e presentato al CNR con successo, evidenziava che già dalle scuole materne i bimbi di entrambi i sessi erano condizionati da stereotipi, tanto che di fronte ad una immagine di orso assessuato seduto in poltrona con giornale lo hanno individuato come un ORSO, mentre in piedi con grembiule ad una ORSA. Ebbene si, bisognerebbe agire su vari fronti. Un’altro è condannare sempre più e sempre con più enfasi le pubblicità sessiste sia nella cartellonistica che sui media (giornali e tv), agire perchè i libri scolastici non usino un linguaggio apparentemente e scorrettamente dichiarato Neutro, ma evidentemente maschile.
Poi, agire sui bimbi ! ma come ? esiste un gioco (i bambini e bambine vanno portati sul loro terreno di divertimento) che mescola gli sterotipi, studiato da una insegnante toscana, ma che non ha attecchito. Volevo trasportarlo in gioco web, ma non è stato possibile (finoad ora)…lavoriamoci su oltre che parlarne ! Usiamo sempre più (fra mille ridolini e nasi storti) le dizioni al femminile dei vari tipi di lavoro (Ministra. assessora, dottora, Direttora, ecc) perchè anche così si gretolano gli stereotipi, lo ha riconosciuto anche l’Accademia della Crusca, che mOnti vuole eliminare !!! Lavoriamoci…sono disponibile !