Catania- Stereotipa. Una ricerca di UDI Catania e Università (Dipartimento Scienze politiche e Sociali) sugli stereotipi di genere tra le/gli adolescenti
Adriana Laudani e Graziella Priulla
da Noidonne.org
Gli stereotipi di mascolinità e di femminilità, facili categorizzazioni, semplificazioni antiche con cui la società condivide e stabilisce comportamenti appropriati per l’uomo e la donna, sono radicati nella cultura diffusa e vengono trasmessi quasi per inerzia dalle agenzie di socializzazione. Gli stereotipi di genere hanno un doppio carattere: definiscono ciò che sono le persone, ma anche come dovrebbero essere; creano aspettative differenti per i comportamenti maschili e femminili ed hanno una funzione normativa nel prefigurare un certo tipo di comportamento come desiderabile per un genere anziché per un altro.
Nell’ambito del progetto Stereotipa, nel tentativo di capire se e quanto gli stereotipi di genere siano ancora attuali tra gli adolescenti contemporanei, abbiamo sottoposto – insieme al Dipartimento di scienze politiche e sociali dell’Università – una serie di domande aperte agli studenti e alla studentesse delle ultime classi di due licei socio-psico-pedagogici, un liceo classico, un istituto tecnico-commerciale della città di Catania, dove ci era stato chiesto di intervenire per iniziative più o meno direttamente legate all’educazione di genere. Hanno dato risposte che si possano considerare valide (al netto di parolacce, scarabocchi, divagazioni, nonsense) 55 studentesse e 59 studenti.
Riassumiamo qui, nel breve spazio di un articolo e nei limiti di un campione così piccolo, i principali risultati: non per indurne generalizzazioni ma per affidarne gli spunti, se possibile, a una discussione collettiva.
Alla domanda Da chi si impara ad essere “una vera donna”? le risposte delle ragazze si sono divise equamente: per la metà “dalle mamme”, per l’altra metà “da se stesse”. Da chi si impara ad essere “un vero uomo”? le risposte dei ragazzi sono state in numero preponderante “dalla propria esperienza”, poi “dai padri” mentre per un quarto “da chi ha le palle” e solo alcuni “dalla strada”. Ambedue i generi contano molto su se stessi, in sintonia con tempi di spiccato individualismo. Se per le femmine la madre assume valore di modello più di quanto il padre non faccia per i maschi, colpisce la rudezza, che ci pare propria di modelli arcaici, degli altri riferimenti maschili. Da notare che nessuno si riferisce ai mass media.
Al quesito Di che cosa hai più paura? le ragazze indicano – in graduatoria – la solitudine, non raggiungere i propri obiettivi, non trovare l’uomo della vita, perdere le amiche. I ragazzi sono più spaventati del futuro, o del giudizio degli altri. Cinque rispondono “non ho paura di niente”. Mentre le ragazze prestano dunque attenzione privilegiata ai contesti relazionali, i ragazzi sembrano più fragili di fronte al giudizio altrui, più sgomenti di fronte alle possibili sofferenze del futuro. Solo la bullistica risposta “niente” fa da argine alle paure non espresse. Alla voce quando esco da sola però, la paura fisica, di un tipo sconosciuto ai maschi, per le donne diventa palpabile: in città la prova regolarmente un terzo delle intervistate.
Alla domanda Come immaginano il proprio futuro? i ragazzi sono concentrati per l’immediato sui dati lavorativi e di carriera, cui una percentuale non irrilevante aggiunge – in una proiezione più lontana – una famiglia propria. Anche molte ragazze desiderano impegnarsi quanto prima in un lavoro, ma in generale danno più importanza agli aspetti sentimentali e alle speranze di coppia/maternità. Una divaricazione delle risposte che ancora dà conto di un immaginario legato a modalità tradizionali? Ecco, in sequenza, le risposte a Che tipo di partner preferisci?: Non mi piacciono le ragazze presuntuose (stragrande maggioranza); poi: stupide, facili, brutte. Mi piacciono le ragazze semplici, sicure di sé, intelligenti, belle, serie. Non mi piacciono i ragazzi presuntuosi (maggioranza); poi: che non rispettano le ragazze, volgari, prepotenti, conformisti, superficiali, traditori. Mi piacciono i ragazzi gentili, che mi fanno ridere, comprensivi, sicuri di sé, sinceri, intelligenti. Che le donne abbiano maggior scioltezza espressiva, è dimostrato dalla varietà degli aggettivi usati. Che attribuiscano maggiore importanza ai dati relazionali, l’abbiamo già detto. È legato a stereotipi tradizionali che gli uomini inseriscano tra le variabili la disponibilità sessuale e le attrattive fisiche, cui le donne non fanno riferimento privilegiando invece elementi caratteriali.
Unifica invece i due generi la spiccata antipatia per la presunzione, ritenuta la caratteristica più negativa negli esseri umani. La più stereotipa delle risposte la ottiene un’altra domanda, a proposito della quale vale la pena di riportare le cifre assolute, che parlano da sole. Lo stigma più legato al femminile è ancora e sempre connesso alla mercificazione del rapporto sessuale, e questo vale per entrambi i generi; i maschi vengono invece concordemente denigrati in base alle prestazioni intellettuali o etiche. Si aggiunga che il timore dell’omosessualità è presente nei maschi e non nelle femmine.
Quali sono gli insulti adatti per una donna?
– Troia, mignotta, puttana … ragazzi 32, ragazze 33
– Stupida … ragazzi 2 ragazze 3
– Stronza … ragazzi 4 ragazze 4
– Falsa, pettegola, invidiosa … ragazzi 3 ragazze 9
Quali sono gli insulti adatti per un uomo?
– Coglione … ragazzi 4, ragazze 15
– Bastardo … ragazzi 7, ragazze 7
– Stupido, idiota … ragazzi 7, ragazze 6
– Stronzo … ragazzi 14, ragazze 4
– Egoista … ragazzi 2, ragazze 6
– Frocio … ragazzi 5, ragazze 0
Chiudiamo con un’osservazione relativa a domande che volevano saggiare la divisione dei compiti tra i sessi, in età adolescenziale e in famiglia, in una grande città d’Italia del XXI secolo: Quante volte la settimana lavi i piatti? Ragazze: metà 2/4 volte la settimana, una buona parte tutti i giorni, solo in alcuni casi mai. Ragazzi: due terzi mai. Espressioni sdegnate, molti punti esclamativi. Il calendario è fermo, decenni di femminismo sembrano passati invano. Vogliamo continuare a lavorare nelle scuole per riprendere in mano questi argomenti. Non porre a tema, attraverso una critica educativa, le culture degli stereotipi sessuali, di fatto li legittima.
Adriana Laudani per l’Udi di Catania