Oslo, dove terra e mare convivono pacificamente per una città a misura d’uomo
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Sì, ricordava la sensazione spiacevole provata quella volta a Mosca e la necessità impellente che aveva sentito di scappare via e non tornare mai più…
Così fece. Dimenticò Mosca, il russo, le sue amicizie, quella parte del mondo che se un tempo l’aveva affascinata, successivamente le aveva provocato tanta ansia. Non sopportava mentire, essere al centro di giochi che non poteva gestire, ma soprattutto non poter dire alla propria coscienza: ” ho fatto la cosa giusta”.
E negli anni, invece, si era ritrovata impigliata in molte storie romanzesche senza una ragione o un motivo, ma solo perchè non aveva saputo dire di ”no” alle prima avvisaglie di un pericolo preannunciato.
Mentre sedeva sul fiume che scorreva sotto di lei sempre più impetuoso, si domandava se il suo amore per l’acqua corrente, per la vastità del mare e degli oceani, non erano un riflesso patologico derivante dalla sua voglia di cancellare quelle ”colpe d’intenzione” di cui si era macchiata volontariamente per poi fuggire via.
Come quella volta a Oslo.
Situata in fondo ad un fiordo, l’ ”Oslofjord’‘, all’interno del bacino dello Skagerrak, la capitale norvegese gode del privilegio di coniugare le profondità dell’oceano ed la sicura solidità della terra ferma. Infatti l’incavo del fiordo è quasi tagliato dalla penisola di Nesodden di fronte la città, a sud. Quindi sebbene l’acqua faccia da padrona nel panorama della città, costruita su 40 isole all’interno del bacino, questa è circondata da verdi colline e montagne.
Quindi terra ed acqua convivono pacificamente in un panorama sereno e a misura d’uomo.
Era questo che aveva pensato Carlotta la prima volta che aveva messo piede in quella città, seguendo la sua curiosità insaziabile ed un po’ il suo cuore di giovane donna che ancora non sapeva quale direzione definitiva prendere, lasciandosi tutte le porte aperte per una via di fuga.
Aveva conosciuto Hans durante un corso di studio a Mosca ed era rimasta affascinata dalla sua forza interiore ed il suo perenne ottimismo.
Inoltre l’aveva sicuramente attratta di quel ragazzo la capacità di desiderare, di voler fare e risolvere qualsiasi problema, cosa poco tipica dei suoi coetanei italiani che si arrestavano spesso davanti alla mera difficoltà di dover cambiare città per lavoro o studio.
Hans era alto e biondo, come ci si aspetterebbe da un qualsiasi vickingo norvegese, ma aveva gli occhi scuri leggermente inclinati verso il basso, ereditati dal padre, un russo euroasiatico.
Si erano incontrati per caso, ma non era stata lei a sceglierlo, ma lui che l’aveva a lungo corteggiata, all’inizio senza apprezzabili risultati. Ma un giorno, prima di lasciare la capitale russa e di ritornare alle loro case in Europa…