di Annamaria Riviello, Marisa Rodano, Daniela Carlà, Maria Pia Ercolini…
… una strada per ricordarne l’impegno sociale
Ci piacerebbe leggere sulle nostre strade il nome di Giglia Tedesco, perché resti memoria del suo grande impegno istituzionale e politico che ha portato alla riforma del diritto di famiglia e dell’adozione, alla legge sul divorzio e sull’interruzione di gravidanza.
Vorremmo che a ricordarla fosse Roma, dove è nata, ma anche il comune irpino di Andretta, da cui proveniva il suo ramo paterno e che le ha concesso la cittadinanza onoraria, e la Val d’Orcia, dove amava trascorrere le sue giornate estive.
Era nata nel 1926, in un ambiente culturalmente impegnato, cattolico e antifascista, ma non certo ricco. Suo nonno era stato sette volte Ministro con Giolitti, ma la sua famiglia non godé mai di una grande agiatezza, che perse del tutto nel periodo della guerra. Giglia iniziò quindi a lavorare molto presto al Ministero del Tesoro, posto sicuro che lasciò per diventare funzionaria del PCI, motivando così la sua scelta:
”All’indomani del fascismo era evidente che avevamo guadagnato un fatto fondamentale che era la democrazia . Questa era una grande conquista. Ad un giovane di oggi è difficile anche da spiegare. Era una conquista anche umana, emotiva. Io sono libero, c’è la libertà, io mi esprimo, dico quello che penso. Il problema che mi venne naturale di pormi era se questo bastava oppure no ed a me sembrò subito evidente che non bastava, occorreva cambiare la società, realizzare quella che allora si chiamava la giustizia sociale.”
Associata all’Udi dal 1945, entrò a far parte della Presidenza nazionale nel 1959 e vi restò fino al 1973. Eletta al Senato dal 1968 al 1994, è stata vicepresidente del Gruppo e poi dell’Assemblea dal 1983 al 1987, nonché componente della Commissione giustizia.
L’impegno per la riforma di famiglia fu particolarmente impegnativo, più impegnativo della stessa legge sul divorzio e di quella sull’interruzione di gravidanza che pure ebbero bisogno di molto tempo e grande equilibrio.
“Le resistenze che abbiamo incontrato all’approvazione del nuovo diritto di famiglia erano di due ordini, politico –sociale e giuridico. Le prime tendevano ad identificare l’idea di famiglia gerarchica con l’esistenza stessa di quella istituzione, si temeva che la parità dei coniugi potesse intaccarne l’unità. Le seconde erano legate ad una antica tradizione accademica che proveniva dal diritto romano per cui ogni modifica sembrava una bestemmia contro un monumento della dottrina giuridica.”
Presidente del Congresso di costituzione del Pds, ne è stata in seguito presidente del Consiglio nazionale dal 1993 al 1997.
Terminato il suo impegno istituzionale, ha continuato a prodigarsi con grande energia per le ragioni delle donne, rivolgendo una particolare attenzione alle giovani che intendevano compiere la scelta della politica più vicina alla sua, una scelta di vita e non di carriera. Giglia ha attraversato tutto questo con la sua intelligenza aperta e curiosa del mondo, con una concretezza che non si riduceva mai a pragmatismo ma era frutto dell’aderenza ai problemi sociali, della comprensione del senso comune priva però di ogni compiacimento demagogico, una scuola certo, ma anche un’indole ed una personalità irripetibile.
Quando una strada porterà il suo nome, le sarà più facile passare il testimone nella corsa per la giustizia sociale.