di Caterina Della Torre
Ben presto Carlotta si accorse che la tanto vagheggiata ”vita da sola” comprendeva pregi e difetti. Uno ineludibile era senz’altro ricrearsi una rete di amicizie che non possedeva. Qualcuno con cui dialogare, discutere, accapigliarsi, familiarizzare, organizzare qualcosa insieme….Insomma, qualcuno.
Il tempo che aveva a disposizione dopo il lavoro le sembrava un vuoto incolmabile. Ma ben lungi dal lamentarsi, la giovane donna decise di rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Si iscrisse in una palestra vicino al pensionato con un duplice scopo: restare in forma e conoscere gente.
Poi si comprò una guida artistica a Milano e iniziò a girovagare per la città seguendo i consigli del libro.
E fu proprio quella guida a causare un incontro che le avrebbe cambiato l’esistenza solitaria nel capoluogo lombardo.
Ricorda quando, seduta in un picolo bar in via Dante, cercava di seguire le precise note del curatore del libro (Milano in mano, di Lopez) che oltre a riportare note storiche, arricchiva gli eventi con particolari e aneddoti, che rendevano più accattivante la narrazione e la sua lettura.
Tra un sorso di tè e l’altro notò un giovane ragazzo seduto a due tavoli di distanza. Giaccone blu scuro e sciarpa multicolore, di quelle comprate sui banchetti dei venditori ambulanti. Aveva uno zainetto rosso appoggiato alla spalla destra e leggeva avidamente anche lui un libro. Non era una guida, ma un testo di letteratura a lei sconosciuto, in inglese. Il fatto di averlo squadrato a lungo, aveva portato l’azione da impalpabile a fisica, tanto che il giovinetto distogliendo lo sguardo dalle pagine, alzò il viso e ricambiò l’occhiata, accompagnandola con un sorriso. Un bel sorriso, dolce, quasi innocente, da bambino, ma in un corpo da uomo.
Carlotta ricambiò l’omaggio gentile sorridendo anche lei, ma cominciò subito a sentirsi a disagio. Il ragazzo invece si alzò e si avviò alla cassa per pagare la bibita che aveva consumato. Poi senza voltarsi, scomparse dalla porta a vetri di uscita.
Carlotta si chiese se avrebbe dovuto scanbiare due parole ed incoraggiarlo a sedersi con lei, ma dato che ormai la cosa non era stata fatta, continuò a leggere la sua guida. Sant’ Ambrogio, sì, voleva andare a vedere la basilica di Sant’ambrogio.
Si alzò anche lei, pagò alla cassa ed uscì, sperando inconsciamente di trovare il giovane uomo fuori ad aspettare. Certo che non c’era. Perchè avrebbe dovuto. Si avviò quindi verso Piazza Sant’Ambrogio lentamente, dando ogni tanto un’occhiata alle vetrine di via Dante.
Arrivata alla possente basilica, varcò la soglia dell’arco che separa la strada dalle navate interne e seguendo le istruzioni del libro, perlustrò la navata centrale e quelle laterali fino ad arrivare all’arca dei tre Magi posizionata in un angolo nascosto.
Mentre osservava meravigliata la sua spigolosa antichità, si sentì tocccare sulla spalla destra, con leggerezza, quasi a voler chiedere scusa per aver importunato.
Si voltò immediatamente e nell’oscurità rivide quel volto da bambino e quel sorriso franco che illuminava l’oscuro angolo.
Indietreggiò di un mezzo passo ma senza dar l’idea di voler fuggire, forse solo di voler capire di cosa o chi si trattasse. Ma una mano rapida e veloce le circondò la vita e sentì il viso sfiorato dalle labbra dello sconosciuto..