Anche in Germania le politiche di genere arrancano. Tra formalità ed effettività. Dalla nostra inviata Anna Stopazzolo.
Quando decisi di scrivere la mia tesi magistrale, io e la mia relatrice concordammo nel focalizzarci nelle politiche di genere a Berlino. Eravamo convinte di trovare in Germania un terreno fertile per tutte quei progetti e le aspirazioni relative alle Pari Opportunità che in Italia non riusciamo ad implementare.
Ed invece, alla fine, ci siamo trovate a tirare le somme e sconcertate ammettere che anche la Germania, per quando riguarda queste politiche, è in una posizione molto arretrata.
Le Pari Opportunità sono un tema molto decantato a livello federale e sono inserite in tutti i settori statali tramite specifici programmi quadro; altamente complessi e molto formalizzati, questi testi sembrano racchiudere un perfetta cornice di diritti e doveri per noi donne. Ma effettivamente ne andiamo a beneficiare o sono solo un mero atto formale?
Decisamente no…e proprio da questa conclusione che nacque il titolo del mio elaborato: ‘Tra formalità ed effettività. Le politiche di genere a Berlino.’
Come primo reportage, vorrei accennare la questione della natalità e gli aiuti alla genitorialità, tematiche molto scottanti negli ultimi anni visto la drammatica inflazione delle nascite.
La Germania sta affrontando negli ultimi anni una crisi di natalità che attraversa diametralmente tutta l’Europa e la classifica come fanalino di coda con 1,39 figli a testa, persino dopo l’Italia che si assesta a 1,41. Questo dato si scontra però con una realtà che sembrerebbe dire l’esatto opposto.
Ormai è circa un anno che vivo a Berlino e sono sempre più sconcertata dalla frequenza con cui vedo mamme e bambini, ovunque, per strada, all’università, al parco…e allora mi chiedo: non avranno mica sbagliato a calcolare il tasso di natalità?
Questo boom di madri giovani è dovuto ad una serie di misure del welfare tedesco chiamato Hartz (ovvero cuore) che prevede una forma di sussidio per il genitore chiamato “Kindergerl-soldi per i figli” per tutti i nuclei giovani con prole, i quali ricevono mensilmente circa 180 euro pro bambino per uno-due, 200 per tre e 215 per quattro. Indi per cui, molte giovani preferiscono abbandonare il posto di lavoro o l’università per dedicarsi completamente alla carriera di mamme.
Fin qua sembra tutte rose e fiori. Ed io stessa riportavo continuamente alle mie intervistate, il mio stupore per tutto ciò…ma qui cadde il palco.
Anche se in aziende e università sono sempre presenti asili e dopo scuola per figli di lavoratrici e studentesse, la situazione è drammatica per quando riguarda i servizi offerti dalla municipalità.
Lo stato federale tedesco ha un welfare che si può definire troppo assistenzialista e che perpetua una forte discriminazioni nei confronti delle donne. Questo finanziamento continuo è un segno evidente di tutto ciò ed è un escamotage per coprire le gravissime lacune di strutture pubbliche come asili nido e dopo scuola che colpiscono tutte le città in Germania.
Le liste d’attesa per l’iscrizione all’asilo sono infinite, il servizio non è assicurato alle casalinghe e disoccupate e anche per le lavoratrici la situazione non è delle migliori. L’accesso al servizio è legato al contratto ed i figli sono custoditi solo ed esclusivamente per le ore lavorative riducendo di moltissimo il tempo libero per le mamme sempre più costrette ad abbandonare la carriera per seguire la famiglia.
Anche se il governo Merkel aveva promesso di alzare l’offerta di posti-asilo al 35% entro il 2013, la situazione rimane ancora fortemente sotto-strutturata e il compito della cura dei figli rimane prettamente un lavoro al femminile.
Questa situazione innesca quindi un circolo infinito di auto-esclusione delle donne dal mondo del lavoro, le quali, consapevoli di ricevere numerosi finanziamenti pubblici preferiscono la carriera casalinga non andando così a richiedere il posto in asilo che solitamente è riservato per le lavoratrici.
Anche se Berlino è sicuramente una delle città più gender-friendly di tutta la repubblica federale, ricade anch’essa nella trappola che combina uno stato troppo assistenzialista e una visione maschilista-tradizionale che pone le cittadine in condizioni di completa dipendenza sia dagli aiuti statali che dal proprio compagno. Sempre più incapaci di emanciparsi completamente, diventano così il prima soggetto di povertà ed esclusione sociale.
Nuove tipologie di famiglie mono-parentali, che spesso vedono la donna come una figura genitoriale presente, sono sempre più spesso costrette a dover rinunciare al lavoro o allontanarsi lunghi periodi vista la mancanza di un sistema di assistenza capillare che sostituisca il genitore impegnato nel lavoro.
2 commenti
Anch’io ho avuto l’impressione che la Germania debba fare grandi passi avanti nel sostegno del lavoro femminile. Ho una cugina che ormai vive in Germania. Faceva la ricercatrice nella facoltà di chimica in in una università tedesca, lì ha conosciuto il marito. Adesso il marito ha fatto carriera se non erro è professore, lei fa la casalinga con tre figli a carico. Molto tradizionale, vero? Certo io posso parlare di un solo caso ma trovo che sia eloquente.
Ciao Licia! Si assolutamente…soprattutto a livello universitario, spesso le donne sono costrette a dover rinunciare alla carriera non essendo aiutate nella conciliazione lavoro famiglia. Per avanzare di carriera, docenti devono continuamente far pubblicazioni, partecipare a seminari, conferenze per cui spesso, è impossibile gestire il carico di una famiglia e il lavoro per avanzare di posizione. In germania non è per nulla rose e fiori…anzi