di Caterina Della Torre
Se lo era chiesto a lungo cosa c’entrasse lei con loro, ma la incuriosiva molto il loro ” manage” tutto al maschile e poi, doveva confessarselo, le piaceva la nuova situazione che si era creata. Perchè non potevano essere solo due amici per lei? Che le volevano bene come ad un’amica.
Basta con relazioni amorose incerate e lustrate ma che ogni volta si riproponevano uguali le une alle altre. Amore passionale, assidue frequentazioni, in seguito iniziavano gli sfilacciamenti, i tradimenti e poi, la fine del rapporto…nel bene o nel male.
Invece così’ niente gelosie, ma vera cura ed affetto circolare tra i tre del gruppo.
E così fu che Carlotta accettò l’invito di Karl a passare dal locale dove si sarebbero esibiti quella sera…
Un locale come un altro, di giovani musicisti. Pubblico allegro e rumoroso. Forse studenti universitari o amici di amici. Quasi si soffocava dal caldo sebbene la rumorosa ventola pendente giù dal soffitto cercasse di rimescolare e ricambiare l’aria . Si percepiva la mancanza di un condizionatore. Odore di sudore, di pelle diversa, ricordo di muffa sui muri e di polvere depositata da anni e mai rimossa. Tavolini adornati da tessuti ”d’antan” o più propriamente vecchi, sdruciti, rappezzati.
Un ambiente povero di decori, ma ricco di cuori e di umori giovani e vitali.
Carlotta era entrata con sospetto e timore ma si era ritrovata immediatamente a suo agio, come una suppellettile depositata su un mobile per caso, ma già perfettamente a suo posto.
Mentre vagava per l’angusto ambiente sentì un braccio che le circondava il corpo prendendola dalle spalle.
”Ciao Bella, come ti trovi qui?” – la colse improvvisamete la voce di Gustav.
”Bene, direi. E molto bello” disse Carlotta mentendo spudoratamente sull’estetica del locale, ma dichiarando il vero per la confortevolezza che provava rispetto all’ambiente.
Il ragazzo la prese per mano e la trascinò in una stanzetta laterale, meno rumorosa, ma ugualmente polverosa. Il contatto della sua mano, piccola per appartenere ad un uomo ma calda, la scosse dalle sue elecubraziobni e riflessioni. Sì, Gustav, l’uomo del dipinto. Vicino a lei sembrava meno alto che inquadrato da lontano. Oppure poteva essere che gli stangoni austriaci che svettavano tra la folla ne riducessero l’imponenza.
”Sai Carlotta che mi ricordo il tuo volto in Italia nella villa veneta?”
”Davvero? Ma c’erano tante persone. Mi avrai intravisto per un attimo.”
” No, ricordo sempre le cose belle e tu sei molto bella. Anche tu sembri uscita da un quadro.”
E dicendo così Gustav l’avvicinò a sè e dandole un timido bacio a fior di labbra, le porse un pacchettino avvolto in carta da pacco.