Dopo aver pensato alla famiglia e al lavoro, rimane poco tempo per se stesse.
di Rosalba Alba Monaco
Sveglia alle 6.30. Il mio primo gesto del mattino è accendere il fuoco sotto alla caffettiera. Sono solo 10 minuti ma sono i miei. E’ la mia colazione. Poi inizia quello che definisco “il vortice che mi risucchia”. Alle 8,10 le bambine devono essere a scuola e alle 9.00 io devo essere in ufficio dall’altra parte della città.
Mi guardo di sfuggita allo specchio nella mia sottoveste di raso blu, in qualche modo ce la farò. Sveglio le piccole e mentre ci laviamo e vestiamo riusciamo pure a scambiare qualche chiacchiera, mi chiedono quale merenda ho scelto per loro ma è sempre quella sbagliata. Come un sergente maggiore intono la solita cantilena almeno due o forse anche tre volte: “bambine, denti, grembiule e giubbino! Veloci”.
Mia figlia grande, 7 anni, ha le prove generali INVALSI, dice che è il giorno più importante della sua vita. E’ emozionata. Provo a darle un consiglio, quello di assecondare le sue emozioni ma di concentrarsi durante la prova e lei mi risponde sorridente: “mamma i tuoi soliti consigli noiosi…” Dopo la scuola mi rilasso un po’ in macchina, nel traffico, a volte mi sembra di prendere la macchina proprio per godermi un po’ il silenzio e la musica dello stereo che liberano i miei pensieri. Anche troppo. Mi trasformo in donna – imprenditrice impegnata in mille cose che mi tengono in vita: organizzazione di corsi, eventi culturali, cose e persone che ruotano intorno a me. A volte penso sia una pazzia, penso a mia madre che voleva facessi la maestra, 5 ore al giorno e via tutte le responsabilità. Poi mi guardo intorno e, nonostante tutto, so di aver creato il mio lavoro dal nulla ed è il posto dove mi sento meglio, dove sono me stessa.
La giornata scorre velocemente, riesco anche a scambiare qualche chiacchiera con la mia migliore amica. Lei è una psicologa dello sviluppo e insieme abbiamo creato uno studio di consulenza per la famiglia. E’ una “portatrice sana di luce” con i relativi effetti benefici. Ora aspetta un bambino, lui anzi lei (secondo me) è appena due centimetri.
Tra una pausa caffè e l’altra riesco anche a scambiare due battute in chat su facebook e su whatsapp, riesco anche ad emozionarmi un po’ e a sentirmi umana. Poi di nuovo in macchina, di nuovo nel traffico, di nuovo la musica e di nuovo i miei pensieri, tanti, affollati, impertinenti. Devo fare la spesa, stasera ho promesso alle piccole la cena-pub, devo andarle a prendere dalla nonna, la mia mamma. Quando la saluto, le dico sempre: grazie degli aiuti umanitari, si perché a volte oltre alle piccole, lavate e stirate mi prepara anche il cestino per la cena. Ora che papà non c’è più lei ha bisogno di dedicarsi a noi, siamo la sua vita. Si, non passa un giorno in cui non penso che papà non c’è più, è mancato un paio di mesi fa e le lacrime scendono, liberatorie. In realtà lo sento vicino, è sempre con me, un passettino indietro, ogni tanto mi da la mano, sa che ne ho bisogno e mi sento al sicuro.
Fermo la macchina e torno alla realtà. Inizia la “terza parte della giornata”. Cena, casa da sistemare, chiacchiere con le piccole, la favola nel letto, a volte la leggono loro a me. La mia “giornata qualunque” termina. Riesco anche a mettermi lo smalto rosso, a volte.
1 commento
sveglia alle 6.15, la bimba da preparare, la colazione non la faccio, il caffe’ cerchero’ di berlo in metropolitana. L’asilo di mia figlia costa quanto il mio misero stipendio di insegnante di scuola primaria, lavoro per pagare l’asilo e mio marito lavora per pagare il mutuo. Alle 8.15 sono in classe, dopo 5 ore uno spacco di un’ora poi di nuovo in classe altre due ore. accompagno i bambini all’uscita e parlo con i soliti tre o quattro genitori ogni giorno fino alle 17.30. Poi le programmazioni di interclasse, o le commissioni o i consigli di classe …. fino alle 19 circa: ma le mie responsabilità non finiscono, resta da preparare il lavoro per il giorno dopo o per la settimana. Contattare le varie “UONPIA”.. i vari logopedisti..psicologi..mediatori culturali per i bambini non italofoni, per coloro che hanno difficoltà, per altri ..i miei “speciali”. Ma la trafila è sempre lunga: queste “tipe” nei consultori, le pseudopsicologhe..le logopediste (care e amare)se la prendono sempre con calma, con molta calma. La mia giornata lavorativa non finisce a scuola. Riesco a stento a ritirare la mia bimba all’asilo, che vedo sempre meno, cerco il tempo di cucinare, preparare qualcosa al volo, sono distrutta e appena la metto a letto, devo scrivere i “compiti” per il giorno dopo. Mi ricordo ora, per improvvisi dolori vescicali, che per tutto il giorno non sono nemmeno riuscita ad andare in bagno… vabbè, me lo diceva mia madre: lavora in qualche studietto privato.. tu che sei plurilaureata.., ma io “No” voglio fare qualcosa che mi faccia sentire “utile” e “giusta”, peccato che l’ultima volta che ho visto uno smalto era anni e anni fa…