In questi giorni, si parla tanto di “ius sanguinis” e “ius soli”, in riferimento alla tematica dell’immigrazione e della cittadinanza da concedere a coloro che soggiornano regolarmente nel territorio dello Stato italiano.
Cerchiamo di capire il significato di tali espressioni. Ius sanguinis, che vuol dire letteralmente “diritto del sangue”, si ricollega al principio che la cittadinanza si trasmetta da genitore a figlio e, pertanto, i figli di genitori italiani avranno di diritto la cittadinanza italiana, mentre i figli di genitori stranieri si vedranno negato tale diritto.
Lo ius soli, che vuol dire letteralmente “diritto del suolo”, prevede, invece, che la cittadinanza sia acquisita per il fatto di essere nati sul suolo/territorio dello Stato, pur se da genitori non italiani.
In Italia, vige il principio dello “ius sanguinis”, sicchè gli stranieri nati in Italia seguono la nazionalità dei propri genitori. La normativa cui fare riferimento per approfondimenti è quella di cui alla L. 91/1992 e successive modificazioni.
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Domanda della redazione: quale diritto pensate che sia più giusto/equo?
2 commenti
Molto utile questo articolo, anche perché spiega in termini semplici una questione che spesso viene raccontata in maniera confusa. Per alimentare il dibattito sull’argomento condivido volentieri un articolo di Zeina Ayache, una dei coordinatori di Yalla Italia (magazine delle seconde generazioni) che ha realizzato un contributo scritto e video per S28Mag http://mag.studio28.tv/mag/etnico-sara-tuo-padre/
A me ha affascinato il suo ragionamento sulla “immigratocultura”, quella cultura che fa sempre sentire l’immigrato parte di una comunità ristretta e non della grande comunità degli esserei umani.
Per me questa distinzione crea più problemi che altro: la cittadinanza è semplicemente una parola scritta su un pezzo di carta, in realtà siamo tutti PERSONE e basta… Nella mia ingenuità, e forse ignoranza, prima di tutto questo dibattito credevo che ovunque vigesse lo ius soli, per una semplice questione di praticità, di convenzioni. Nasci lì e ti chiami col nome di quel paese, italiano, americano, cinese, francese, argentino… La cittadinanza non è una caratteristica genetica che i genitori mi “trasmettono”, come gli occhi azzurri, i capelli neri o le sei dita in una mano… Il “sangue” è quel tessuto del corpo che esce se ti fai un taglio, “ius sanguinis” è un’espressione metaforica che per me significa poco. A livello culturale, il “sangue”, inteso come insieme di usi, costumi, tradizioni è messo in discussione dal fatto che a qualcuno le tradizioni possono interessare poco o nulla e dalla facilità di comunicazioni del mondo attuale, che crea sempre più commistioni culturali. Io posso lavorare online per una ditta belga, parlare al telefono con un cinese, ricevere ospiti russi, leggere in inglese… Tutto questo contribuisce non meno delle “tradizioni” a formare la mia cultura individuale. Il sangue… forse può essere inteso come la mia base culturale, che si interseca con tanti apporti differenti.