Dall’insegnamento all’imprenditoria. Sempre puntando al massimo. Amministratore delegato della sua azienda INTERNA (forse meglio dire Gruppo), non teme la maternità delle dipendenti, anzi…
Derna del Stabile, nasce nel ’58 a Udine, dove vive e lavora. Coniugata con Diego Travan, avvocato e cofondatore di Interna (nonché anima e Presidente) dal 1984, da cui ha avuto due figli, uno di 25 anni e l’altro di 15 anni.
Dopo la laurea in lingue moderne, per diversi anni ha insegnato lingua e letteratura tedesca, poi nell’89 col marito (laurea in giurisprudenza e anni di esperienza come general manager nel settore contract) ha fondato INTERNA, cui hanno dato un’impostazione in controtendenza rispetto ai trend delle piccole e medie imprese italiane: la gestione manageriale, non padronale. L’ organico è interamente a tempo indeterminato ed è composto per oltre il 50% da donne, molte in posizione di vertice; l’investimento è in beni immateriali quali I- tech, know-how, formazione, ricerca e sviluppo;la responsabilità sociale d’impresa è ben radicata e fa agire nel rispetto dei diritti umani, delle norme internazionali del lavoro e della tutela dell’ambiente, impegnandoci anche in prima persona in attività sul territorio che portino alla crescita culturale e alla morale laica soprattutto dei più giovani.
Amministratore delegato di tutte le aziende del gruppo Interna ad eccezione di Interna Real estate, la new entry che si occupa di intermediazione immobiliare. A partire dalla mission, dunque, fino alla vision , all’organizzazione ecc… Inoltre è responsabile della comunicazione ( cataloghi, siti ecc,,,) di tutte le 6 aziende ( qui lavora con un team interno all’azienda e con professionisti esterni come grafici, fotografi, fotolitisti, web consultants ecc…). E’ da ultimo responsabile del dipartimento di ricerca e sviluppo, si occupa perciò di sviluppo prodotto, interfacciandosi con designer di ogni dove per le collezioni e coordinando il gruppo di lavoro interno.
Perchè tante donne? Un caso, un’opportunità o una necessità? Non temi come ‘’imprenditore’’ la maternità delle tue lavoranti?
Ti rispondo così, inserendo la domanda in un contesto più ampio. Anzi anche la domanda potrebbe essere più ampia, ad esempio aggiungendo a quanto tu scrivi “come è impostato il reclutamento?”: visto il nostro lavoro ad alta specificità tecnica, le persone sono per noi importantissime, tant’è che abbiamo un dipartimento di human resources che fa continuamente ricerca e selezione del personale. Adottiamo una politica di reclutamento costante di persone giovani, maschi e femmine indifferentemente, che vengono inserite a tempo indeterminato nei vari dipartimenti per implementarli. Il nostro tipo di attività richiede interazione di molte persone, un lavoro di squadra. Credo che i giovani di entrambi i sessi siano indispensabili in una squadra proprio per il loro modo “incontaminato” di considerare le cose, insomma li vedo come un grande potenzialità per un’impresa.
Nessuna preferenza/discriminazione per sesso, razza, religione, tendenze sessuali, orientamento politico ecc…, anzi io credo che tanto più ci siano persone intelligenti e diverse quanto meglio funzioni la squadra che è, a quel punto, molto flessibile e aperta al confronto-incontro.
Questa nostra politica di reclutamento si è dimostrata assolutamente vincente fino ad ora, anche se sentiamo l’esigenza di essere ulteriormente flessibili potendo impiegare al bisogno forze temporanee ad alta specificità tecnica per soddisfare esigenze legate a singoli momenti di un’ attività sempre diversa e in trasformazione.
Parlando specificamente di donne in azienda, queste sono circa la metà dell’organico, cioè una trentina. Sono quasi tutte laureate o con istruzione equivalente. Ricoprono tutte posizioni di grande responsabilità. Oltre il 50% dei manager di Interna è al femminile e in età fra 30 e 40 anni.
Se temo le maternità? No, assolutamente, anzi, la quasi totalità del nostro staff al femminile ( ma anche al maschile) ha figli e famiglia ed è sempre al lavoro. Sai perché? Perché quando le donne sono coinvolte in prima persona ,ricoprono posizioni di responsabilità e di vertice e sono gratificate per quello che fanno non ci sono figli, famiglie, problemi che tengano, si organizzano e sono presenti sul lavoro spesso più del dovuto. La nostra responsabile amministrativa e finanziaria, ad esempio che si chiama Mariateresa, è sempre qui pur con due bambini piccoli, credo non abbia mai fatto un’assenza per malattia negli undici anni già passati con noi(!!!). No, non è la regola, questa, ma la stragrande maggioranza delle donne dà comunque molto all’azienda.
E’ grazie al lavoro di queste donne unito a quello di altrettanti uomini dalle stesse caratteristiche (bisogna dirlo) che Interna è cresciuta ed è diventata, pur restando una realtà medio piccola, leader a livello mondiale nel settore dell’arredo contract.
Dall’insegnamento all’imprendtoria? Come ci sei arrivata? Per caso? O hai studiato per diventarlo?
Era l’89, avevo 30 anni, facevo l’insegnante precaria di lingua e letteratura tedesca ero sposata da poco con un bambino di alcuni mesi. Mio marito, Diego Travan, laurea in legge e carriera galoppante all’interno del gruppo Snaidero ( cucine) ,era all’epoca direttore generale di una delle società del gruppo che realizzava arredi chiavi in mano per il contract alberghiero in tutto il mondo.
Per scelta della proprietà di continuare solo con il business delle cucine, la società venne smantellata e Diego si trovò di fronte ad una doppia possibilità: lavorare per altri – e non mancavano le richieste- o per se stesso, mettendo a frutto quel know how accumulato in tanti anni di fatica e sacrifici. In una domenica di pioggia , scartabellando libri quasi per gioco alla ricerca di un eventuale nome societario , un po’ intrigati, ma ancora indecisi sul da farsi,incontrammo INTERNA nel vocabolario di latino, lo dicemmo tante e tante volte. Ci ingolosimmo. e Interna fu.
(E il nome fu davvero indovinato,facile da dire in tutte le lingue, con le caratteristiche di un marchio da registrare).
Il Friuli una terra dura. Le donne quanto spazio hanno?
Le donne friulane sono state sempre molto indipendenti nel pensiero e autonome anche finanziariamente , insomma molto orientate alla gestione d’impresa e anche oggi i grandi nomi dell’imprenditoria in Friuli sono al femminile. Uno per tutti, la grande e purtroppo scomparsa Cecilia Danieli che ha dato vita a un colosso mondiale dell’acciaio. Questa autonomia e intraprendenza femminile io la spiego così: i maschi, negli anni della miseria, emigravano in cerca di fortuna, a volte non ritornando più, e le donne dovevano aguzzare l’ingegno e allenare le braccia badando a se stesse e alla famiglia. Nel nostro fiero DNA c’è poi poca predisposizione a commiserarci, ad aspettare dagli altri, a “chiedere”, vogliamo fare da soli, dimostrare, arrivare per orgoglio e soddisfazione.
E Udine, quanto è cresciuta e perchè?
Udine ha avuto grande crescita culturale, a mio avviso, con l’avvio dell’università 35 anni fa, cosa che ha aperto molto le menti. Naturalmente il seme cresce se il terreno è fertile e qui il terreno era ottimo dato che si stanno sviluppando eccellenze rare di pensiero e di imprenditoria innovativa.
La tua vita l’hai creata da sola, perseguendo i tuoi obiettivi. Quanto è stato difficile e quanto consigli alle nuove generazioni?
I primi anni sono stati molto duri , io e Diego lavoravamo molto, ci si incrociava appena fra un viaggio e l’altro, tutto il guadagno veniva reinvestito per far crescere l’azienda, ma proprio tutto. Però il nostro lavoro, “la nostra creatura”, ci appassionava e ad ogni fine di progetto ( abbiamo fatto gli alberghi più belli del mondo) era una festa di tutta la squadra che aveva lavorato duro. Col tempo la strada si è spianata, abbiamo accumulato know how e ci siamo conquistati una reputazione che ci ha facilitato la vita, ma dire che ora è facile sarebbe una bugia. Le aziende che funzionano devono stare sempre all’erta, essere dinamiche e camaleontiche, cercare di carpire le tendenze prima degli altri e se possibile anticiparle. In particolar modo, per essere competitivi globalmente ci vuole l’umiltà per mettersi in discussione sempre e apportare i necessari cambiamenti. Non si è mai arrivati , si è sempre alla ricerca , anche se con mille gratificazioni.
Ai giovani dico di non farsi annientare dal nostro sistema Paese, di non avere paura e di puntare al massimo. Di studiare molto assecondando le proprie passioni, di prendere la valigia e fare esperienza all’estero, se in Italia le porte sono chiuse, di andare oltre al puro saper fare delle vecchie generazioni perché ora il mondo è diverso, globale e nomade e ci si deve adeguare.
La sfida dei giovani sarà nell’apertura mentale, nella capacità di essere flessibili e adattabili a diverse situazioni lavorative; nella conoscenza specifica; nella elevata capacità comunicativa e relazionale personale facilitata anche dal saper parlare quante piú lingue straniere possibile. E vorrei dire ancora: non dimenticate mai l’etica, il rispetto e la salvaguardia dei diritti fondamentali.
Crescere si può?
Sì, certamente, sempre.